Secondo Amnesty International, almeno 18 civili tra cui una bambina di 12 anni e un operatore umanitario sono stati uccisi a Yarmouk da quando il gruppo armato che si è denominato Stato islamico ha attaccato e conquistato gran parte del campo per rifugiati palestinesi.
Altre migliaia di persone sono a rischio poiché, in risposta all’occupazione del campo da parte dello Stato islamico, le forze governative siriane hanno intensificato i cannoneggiamenti e gli attacchi aerei, ricorrendo anche ai barili bomba. I civili sono anche finiti sotto il fuoco dei cecchini e in mezzo agli scontri tra lo Stato islamico e un altro gruppo armato, composto prevalentemente da palestinesi, denominato Aknaf Beit al-Maqdis.
“Per i civili intrappolati a Yarmouk, ogni giorno è una straziante lotta per la sopravvivenza. Dopo aver sofferto un crudele assedio governativo durato due anni, ora sono bloccati dal fuoco dei cecchini e dall’intensificarsi dei cannoneggiamenti e degli attacchi aerei” – ha dichiarato Hassiba Hadj Sahraoui, vicedirettrice del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.
Nonostante l’escalation dei combattimenti, sia le forze siriane che lo Stato islamico impediscono l’accesso agli aiuti medici e umanitari, privando così decine di feriti delle cure mediche e dell’assistenza necessarie per salvare le loro vite. Una delle due strutture mediche ancora funzionanti a Yarmouk, l’Ospedale Palestina, è stato colpito il 1° aprile da un missile che ha ferito sei volontari.
“Le principali ferite sono causate dalle bombe e dai cecchini. Le peggiori patologie riguardano il cuore e i polmoni, cui vanno aggiunte la diarrea e le infezioni, il tutto acuito dalla malnutrizione. C’è grave scarsità di medicine e di attrezzature mediche, abbiamo bisogno urgente di liquidi per la reidratazione, sacche di sangue e antibiotici” – ha riferito un operatore sanitario ad Amnesty International.
A Yarmouk non vi sono più organizzazioni di soccorso.
“C’è un disperato bisogno che le agenzie umanitarie indipendenti entrino immediatamente e senza ostacoli a Yarmouk, per cercare di alleviare questa sofferenza senza fine” – ha sottolineato Sahraoui.
Secondo attivisti locali, la 12enne Zeinab Daghestani è stata uccisa da un cecchino il 7 aprile mentre cercava di spostarsi verso la zona meridionale di Yarmouk, più tranquilla. Tra gli altri civili uccisi c’è Majed al-Omari, operatore umanitario della Fondazione Jafra, un’organizzazione di soccorso, ucciso dal fuoco incrociato il 3 aprile. Jamal Khalefe, 27 anni, media-attivista, è stato ucciso lo stesso giorno durante un pesante bombardamento. Un altro giovane rifugiato palestinese, Hussein Taha, è stato ucciso il 6 aprile quando la sua abitazione è stata centrata da un barile bomba.
Gli abitanti di Yarmouk hanno riferito ad Amnesty International che nell’ultima settimana sono stati sganciati circa 25 barili bomba, per lo più di notte.
I civili del campo rifugiati sono in trappola tra le violenze dello Stato islamico e i bombardamenti delle forze governative. Le zone intorno a via Palestina, via Mansoureh e del cimitero dei martiri, ancora prevalentemente abitate da civili sebbene alcuni combattenti dello Stato islamico vi abbiano preso posizione, sono bersaglio di attacchi governativi.
“L’uso dei barili bomba contro una popolazione assediata e alla fame è l’ennesima dimostrazione che il governo siriano viola il diritto internazionale umanitario e mostra disprezzo verso i civili. Risparmiare la vita di questi ultimi non pare un’opzione da prendere in considerazione quando le sue forze decidono di bombardare una zona” – ha commentato Sahraoui.
“Colpire con armi pesanti e con barili bomba aree popolate da civili è un crimine di guerra. Tutti gli attacchi di questo tipo devono essere fermati immediatamente. Tutte le parti in conflitto devono prendere ogni precauzione possibile per ridurre al minimo i danni ai civili” – ha aggiunto Sahraoui.
“Per la popolazione civile va sempre peggio: siamo senza acqua, senza cibo, senza medicinali” – ha detto ad Amnesty International un abitante di Yarmouk.
Nel campo rimangono assediati circa 18.000 civili. Quasi due anni di brutale assedio da parte del governo, dal luglio 2013, hanno causato una devastante crisi umanitaria. Da luglio 2013 a marzo 2014 sono morte almeno 194 persone, soprattutto per denutrizione e assenza di cure mediche.
Un attivista di Yarmouk ha comunicato ad Amnesty International che altri due civili sono morti di fame questa settimana.
“La dimensione della sofferenza e della disperazione a Yarmouk è inimmaginabile. Tutte le parti in conflitto devono garantire immediato accesso alle agenzie umanitarie per venire incontro alle necessità della popolazione civile e aiutare coloro che vogliono lasciare il campo per raggiungere zone più sicure” – ha concluso Sahraoui.
L’entrata dello Stato islamico a Yarmouk, avvenuta il 1° aprile, sarebbe stata facilitata da Jabhat al-Nusra, un gruppo armato i cui combattenti erano già presenti nel campo e si stavano scontrando con altri gruppi tra cui Aknaf Beit al-Maqdis, che si ritiene vicino all’organizzazione palestinese Hamas, e Jaish al-Islam. Alcuni abitanti hanno riferito che tre combattenti palestinesi sono stati decapitati dallo Stato islamico dopo essere stati catturati.
Prima del 2011, Yarmouk era il più grande campo per rifugiati palestinesi della Siria e ospitava anche molte migliaia di cittadini siriani.