di Pasquale Pugliese
E’ un vero risveglio di primavera quello che sta accadendo in queste ultime settimane utili per la Campagna Un’altra difesa è possibile. Dalla Sicilia alla Val d’Aosta, ogni giorno decine di banchetti di raccolta firme e di iniziative di riflessione stanno portando tenacemente avanti la proposta di legge di iniziativa popolare per la difesa civile, non armata e nonviolenta. Sono attivi comitati locali, a cura degli importanti soggetti nazionali che aderiscono alle Reti promotrici, ma anche piccoli, sorprendenti gruppi spontanei, come le signore di Anzola Emilia o le studentesse di Carpi o i volontari civili di Piacenza (faccio esempi emiliani che conosco direttamente in quanto coordinatore regionale della Campagna, ma è così in tutto il Paese). E’ un dispiegamento, quasi da manuale, di quella che Aldo Capitini definiva la “prima fase del potere” il potere dal basso senza il governo, fatto “di allargamento delle aperture, di addestramento alle tecniche della nonviolenza, di miglioramento della zona in cui si vive (perché da un periferia onesta, pulita, nonviolenta, avverrà la resurrezione del mondo), di lavoro educativo, di impostazione di continue solidarietà con altri nella rivoluzione permanente per la democrazia diretta, connessa intimamente con la nonviolenza” (Omnicrazia potere di tutti, 1968) .
Nonostante la politica nazionale stia ignorando questo movimento costituente – che apre anche una prospettiva pro-attiva, anziché stancamente re-attiva, al movimento per la pace – hanno già sottoscritto la proposta molti Sindaci di città grandi e piccole – dal sindaco di Milano Giuliano Pisapia a quello di genova Marco Doria, dal sindaco di Napoli Antonio de Magistris a quello di Messina Renato Accorinti, per citare solo i più noti – ed hanno approvato mozioni di appoggio molti consigli comunali, con il record degli otto consigli della provincia di Reggio Emilia – dalla “bassa” alla “montagna” passando il Comune capoluogo – con il significativo voto favorevole di PD, Sinistra (nelle varie articolazioni rappresentate) e M5S. I comuni, che in questi anni si sono visti progressivamente e pervicacemente tagliere dal governo centrale i fondi necessari alla difesa dei diritti sociali, garantiti dalla Costituzione, a fronte di uno sperpero di risorse pubbliche nella spesa militare per la preparazione delle guerre, ripudiate dalla Costituzione, riconoscono che un’altra difesa è davvero possibile e, soprattutto, necessaria rispetto alle reali minacce che incombono sui loro cittadini: disoccupazione, povertà, mafie, ignoranza…
Del resto non è un caso che la Campagna “Un’altra difesa è possibile” sia stata annunciata dalle Reti promotrici il 25 aprile dello scorso anno, a conclusione dall’imponente manifestazione dell’Arena di Pace e Disarmo di Verona e – ad un anno di distanza – ne costituisca l’effettivo sviluppo politico. Lo slogan di quella giornata, “la liberazione oggi si chiama disarmo, la resistenza si chiama nonviolenza”, significa che non ci si è liberati davvero dal fascismo finché non ci si è liberati dalla guerra (e dalla sua preparazione) che del fascismo è elemento costitutivo. Il cui ripudio, ossia la ripugnanza, i Costituenti non a caso posero tra i principi fondamentali dalla Repubblica antifascista e fondata sul lavoro. Eppure, ancora una volta, i dati Eurostat (e la precarietà diffusa) ci dicono che il nostro Paese è sestultimo in Unione Europea per occupazione e, addirittura, ultimo per occupazione giovanile. Invece, ancora una volta, i dati del SIPRI ci dicono che l’Italia è quarta in UE per le spese militari, che viaggiano al flusso di 80 milioni al giorno! E’ un sistematico e continuato ripudio della Costituzione, anziché della guerra.
In questi pochi dati sono presenti tutte le ragioni per le quali è, a questo punto, assolutamente necessario che la campagna “Un’altra difesa è possibile” sia presente in tutte le manifestazioni antifasciste del 25 aprile e in tutte le piazze del lavoro del 1° maggio. Per completare la raccolta delle 50mila firme necessarie alla proposta di legge, da consegnare al Parlamento. con un ultimo sforzo collettivo e organizzato, a cura di tutti i soggetti aderenti alle sei Reti promotrici. A cominciare di chi ha maggiore forza organizzativa. E’ questa, per tutti, la vera Campagna di primavera.