Sabato 25 aprile 2015: grande manifestazione a Milano per ricordare la Liberazione dal nazifascismo.
Gli Arcobaleni si ritrovano in Piazza Lima, vicino agli onnipresenti Sentinelli. A Porta Venezia ci si ricongiunge con Rete Migrante e insieme agli ebrei, ai palestinesi, ai lavoratori senza lavoro, alla sinistra delusa (e a quella –forse- soddisfatta), ci si incammina lungo Corso Venezia in direzione Duomo.
Rete Migrante intona canti partigiani, purtroppo disturbati dalla musica pop italiana anni Ottanta di giovani manifestanti che forse non hanno presente che si stanno commemorando migliaia di morti nei nostri mari.
Ma non importa: la gente intorno applaude commossa, gli occhi negli occhi di quelle foto dei ragazzi i cui corpi sono stati ritrovati, il pensiero che corre a tutti quelli “dispersi”, pasto dei pesci.
Si organizza un lungo flash mob e diventiamo acqua sotto un lenzuolo azzurro, il mare che tutto inghiotte, sui volti maschere anonime, perché anonimi sono quei morti sulle nostre coscienze. Scandiamo prima piano, poi con sempre più forza, infine urliamo quelle verità che i nostri governanti non vogliono sentire: “Solidarietà, asilo e accoglienza: questa è la nuova Resistenza” e poi: “Quanti cadaveri vuoi ancora vedere? Europa assassina, apri le frontiere!”
Parole dure, macigni che piovono fin sotto Palazzo Marino, che accompagnano le lacrime del cielo che vuole anche lui trovare sfogo.
Ma ci sono anche bambini con noi: piccoli sulle spalle di padri e madri, passeggini spinti tra la folla, ragazzini che si danno la mano e osservano quel che può accadere solo in un 25 aprile di pace: ebrei e palestinesi insieme a manifestare per il comune desiderio di libertà e fratellanza.
I fondamentalisti li troviamo in Piazza San Babila, dietro un cordone di polizia: sembra di risentire la voce del Poeta: “Non ti curar di lor, ma guarda e passa”.
Noi arriviamo in Duomo.
Noi e tutti i nostri bambini portati sulle spalle, perle di speranza in un futuro migliore.
Alessia Fabrizi