Presentazione in Mani Tese, a Napoli, il 29 Aprile, del libro “Corpi Civili di Pace in Azione”.
I “Corpi Civili di Pace in Azione” sono una specie di pratica in sviluppo. Un libro che racconta di una concreta attivazione progettuale (il progetto legato alla costruzione dei CCP in Kosovo) ed una testimonianza di uno spaccato (il Kosovo del conflitto) in cui si sovrappongono e si affastellano una quantità di spunti e di motivi, di temi e di contraddizioni.
Almeno tre: le conseguenze della divisione etnica e dell’aggressione imperialista sulla Jugoslavia del 1999, conseguenze devastanti sia in termini di effetti sulla convivenza tra le comunità sia in termini di degenerazione delle ipotesi di ricostruzione (anche quelle del cosiddetto “state-building”, per non parlare di quelle del “community-building”); la disarticolazione del tessuto di convivenza in tutti i suoi aspetti, sia quelli sociali e relazionali, sia quelli, solo apparentemente più astratti, delle memorie e degli immaginari, che finiscono per relegare la convivenza passata in un remoto senza tempo e per consegnare all’oblio risorse e giacimenti di cultura e di saperi; infine, la de-composizione dei vettori sociali, con un impoverimento generale e precipitoso di tutte le componenti della società kosovara, drammaticamente portato in evidenza, nel corso degli ultimi sei mesi, dalla fuga di massa di circa 160 mila kosovari, circa l’8% dell’intera popolazione del Kosovo.
La ricerca-azione, spaziando dalla teoria della nonviolenza di George Lakey passando per Johan Galtung e John Paul Lederach, intende offrire alcune basi e taluni indirizzi lungo cui operano i CCP, sia in termini di lavoro di ricomposizione per la prevenzione della violenza, sia in relazione alle possibilità ed alla efficacia del peace-building nonviolento. Non a caso, uno dei termini di riferimento, insieme con due campioni della peace-research e della teoria della trasformazione dei conflitti, è proprio Lakey, con il suo approccio alla trasformazione e alla “rivoluzione nonviolenta”. Come si legge in un suo scritto: «La nonviolenza, o – come preferisco chiamarla – l’azione nonviolenta, è usata soprattutto in manifestazioni che hanno origine a livello popolare, quando le persone hanno bisogno di “agitazione di piazza” per conseguire uno scopo. Manifestazioni, sit-in, occupazioni, scioperi, boicottaggi: vi sono molti metodi di azione nonviolenta di cui leggiamo sui giornali ogni giorno, e la gente li usa perché spesso funzionano meglio dei mezzi più convenzionali, come la propaganda o le petizioni. Le organizzazioni professionali di opposizione a livello nazionale non prevedono – come ho detto – l’azione diretta nonviolenta nelle loro teorie ma gli attivisti che partono da una base popolare la impiegano spesso proprio perché, il più delle volte, funziona, per salvare gli alberi, ottenere alloggi per i senzatetto, costringere a cambiare la politica sull’Aids o per indurre le industrie di abbigliamento a non rifornirsi più dalle aziende che sfruttano i propri dipendenti».
Mercoledì 29 Aprile, presso la sede di Mani Tese Campania, a Napoli, se ne discuterà con Emma Ferulano (Chi Rom e Chi No), Angelica Romano (Un Ponte per..), Renato Briganti, docente di diritto all’Università Federico II e “colonna portante” di Mani Tese Campania, Francesco Ruotolo, (Associazione Claudio Miccoli) e Michele Lanna, direttore della rivista italiana “conflittologia” e docente della Seconda Università di Napoli, ricercatore di sociologia della devianza. Proprio nel tentativo di comporre i diversi spaccati del “lavoro di pace”, da quello sociale a quello economico.
Il programma della conferenza è al link: www.manitese.it/a-napoli-per-parlare-di-non-violenza
L’evento – facebook è rintracciabile qui: https://www.facebook.com/events/1095961647086817