In data 12.3.2015 – informa un comunicato del Coordinamento delle Associazioni Islamiche – il Consiglio dei Ministri ha deliberato sull’impugnativa, davanti alla Corte Costituzionale, della legge 2/2015 della Regione Lombardia entrata in vigore lo scorso 3.2.2015. La legge era stata battezzata come “legge anti-moschee” dalla stessa maggioranza in Regione, mentre era stata targata e criticata come “legge anti-culto” e gravemente discriminatoria da parte di numerose realtà religiose e non soltanto religiose.
Atto dovuto quello del Governo Renzi che però raccoglie ampio consenso tra i lombardi. Si dichiarano infatti soddisfatte le realtà che si erano schierate in prima linea contro questa normativa: il CAIM (Coordinamento delle Associazioni Islamiche di Milano Monza-Brianza), la Fondazione Casa della Carità, il COEN (Conferenza Evangelica Nazionale), l’Unione Induista Milano e quella Italiana, i musulmani dell’associazione islamica Cheikh Ahmadou Bamba di Brescia, la Consulta Milanese per la Laicità delle Istituzioni e comunità di Sant’Egidio di Milano avevano già presentato istanza congiunta con l’ASGI (Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione) e Avvocati Per Niente richiedendo sia l’impugnazione della legge sia l’immediata sospensione della stessa da parte della Corte Costituzionale. Ora sarà proprio la Corte Costituzionale a vagliare l’adeguatezza e l’utilità delle norme varate e volute soltanto da Lega, NCD e Forza Italia in Regione Lombardia.
Secondo il coordinatore del CAIM, Davide Piccardo, “Si tratta di un risultato reso possibile sollo dalla grande sintonia e unità di intenti tra le diverse comunità religiose e che testimonia l’esistenza di una sensibilità nuova in seno alle istituzioni per cui esprimiamo la nostra piena soddisfazione.”
Tra le motivazioni che hanno portato all’impugnazione davanti alla Consulta si trovano: 1) La violazione degli articoli 3, 8 e 19 della Costituzione Italiana per l’imposizione agli enti rappresentanti di organizzazioni religiose di una serie stringente di obblighi e requisiti che incidono sull’esercizio in concreto del diritto fondamentale e inviolabile della libertà religiosa; 2) La violazione dell’art. 117 lettere a), c) e h) della Costituzione per aver disciplinato in contrasto con i principi contenuti nei trattati europei e internazionali nonché per invasione, da parte della stessa Regione Lombardia, nella competenza esclusiva dello Stato in materia di rapporti tra Repubblica e le confessioni Religiose; 3) La violazione dell’art. 118 comma 3 Cost. per non aver rispettato la competenza esclusiva dello Stato e la Costituzione che affida alla sola legge dello Stato il potere di disciplinare forme di coordinamento fra Stato e Regione nella materia della sicurezza pubblica.
Le realtà interessate non escludono di presentarsi anche davanti alla Corte Costituzionale per mostrare le loro doglianze ed evidenziare come questa legge colpisca le diverse sensibilità religiose che convivono, da anni, in Lombardia.