Tra fine settembre e inizio novembre 2015 la NATO prevede di realizzare nel Mediterraneo un’imponente manovra militare senza precedenti a partire dal 1944 data dello sbarco in Normandia.
La manovra sarà principalmente realizzata negli stati di Spagna, Portogallo e Italia. la sua panificazione era stata approvata nel mese di agosto 2014, nell’incontro della NATO a Cardiff, in Galles.
La notizia è comparsa direttamente sul sito della NATO e inizialmente prevedeva il dispiegamento di 25.000 soldati, numero che secondo le ultime informazioni è via via andato aumentando, passando a inizio Novembre a 30.000 tra soldati effettivi e personale della logistica. Infine in base agli ultimi aggiornamenti che saranno confermati nei prossimi giorni pare che l’effettivo numero di uomini previsto sarà di 50.000. Le operazioni come si può leggere nel calendario della NATO, partiranno il 28 settembre e si concluderanno il 6 novembre
Nome in codice dell’operazione, come riportato dalla stessa NATO in un PDF della rivista “The Three Swords Magazine”, è “Trident Juncture 2015” (Congiuntura del tridente 2015). L’imponente manovra, secondo le dichiarazioni della stessa NATO, vorrebbe essere una “dimostrazione di grande visibilità”; verso chi o verso cosa non è dato di sapere.
In altre parole queste “grandi manovre” più che altro parrebbero essere una dimostrazione di forza o peggio ancora delle prove generali di guerra. Gli stessi comandi militari della NATO hanno spiegato che questa esercitazione disporrà del più imponente dispiegamento di forze navali e terrestri negli ultimi 70 anni di storia europea. La massiccia manovra militare, forse non a caso, avviene nello stesso anno in cui la NATO si sta disimpegnando sul fronte dell’Afghanistan e dell’Iraq. Oltre ad una dimostrazione di “grande visibilità”, l’operazione parrebbe essere anche un “test per saggiare le capacità di i risposta della stessa NATO” all’interno dei confini europei.
Lo stato dove verranno dispiegate maggiormente le forze NATO sarà la Spagna, al cui interno si mobiliteranno 23.000 soldati. Inizialmente nell’agenda NATO era previsto di realizzare in Spagna esercitazioni militari nel Mar Mediterraneo, al largo di Gibilterra, mentre ora, secondo le ultime dichiarazioni, sono previste mobilitazioni di molti effettivi in differenti punti della penisola spagnola. Numerose truppe verranno utilizzate a Saragozza (dove si prevede l’impiego di 8.000 soldati) e nei distretti di Albacete, La Coruña, Almeria, e Huelva. L’imponente mobilitazione realizzata soprattutto all’interno dello stato spagnolo fa parte di un preciso piano della NATO, che prevede una struttura militare spagnola meno indipendente e maggiormente integrata con le forze del patto atlantico a partire dal 2016.
Questa escalation militare desta sicuramente preoccupazione, specie nel contesto di tensione generale in cui ci veniamo a trovare in Europa. Facendo una valutazione a livello strategico e geopolitico da questo grosso dispiegamento di forze si potrebbe dedurre un sostanziale cambio di strategia delle forze atlantiche, ovvero una minore presenza delle truppe NATO in paesi come Iraq e Afghanistan, la cui missione è terminata con l’inizio del 2015 e conseguentemente la volontà di un maggior impegno e una più presente “occupazione fisica” nel Mediterraneo e all’interno dei confini europei.
Ma questa non è certo una notizia rassicurante, ben sapendo che la NATO ultimamente è sempre più impegnata nel condurre azioni di vera e propria guerra offensiva nei confronti di altri stati, spesso anche in modo unilaterale, essendo la prima ad attaccare. E’ stato così per l’Iraq, all’epoca imputato ingiustamente di essere tra i responsabili dell’attentato dell’11 settembre. Lo stesso copione si è poi ripetuto per la Libia, teatro adesso di una sanguinosa guerra civile; avrebbe dovuto essere così anche per la Siria, che la NATO voleva fino a poco tempo fa bombardare, senza scordarci dell’evidente presenza della NATO negli scenari della guerra che sta insanguinando in questi giorni l’Ucraina, nel bel mezzo dell’Europa orientale.
Ancora meno rassicurante è la recente riforma del Senato italiano, con la quale sarà più facile dichiarare lo stato di guerra, come recentemente denunciato dalla Rete Italiana per il disarmo. Con la riforma istituzionale voluta dal governo Renzi per ridurre gli sprechi istituzionali, tra i vari provvedimenti c’è anche la modifica dell’articolo 78 della Costituzione, secondo cui “Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al governo i poteri necessari”.
“Con la riforma dell’articolo 78 il rischio è che per dichiarare lo stato di guerra ci vogliano meno voti che per eleggere il presidente della Repubblica.” Detto in altri termini, con la riforma Renzi la dichiarazione dello stato di guerra potrebbe essere affidata al partito che grazie alla legge elettorale ha la maggioranza in Parlamento, ma che è in minoranza non solo nel paese, ma anche nell’elettorato.
Siamo molto lontani da quell’idea di casa comune che dovevano rappresentare l’Europa e gli stati membri; un’idea di unione che ai tempi della sua proclamazione prevedeva l’utilizzo di eserciti militari da intendersi solo ed esclusivamente come “apparati difensivi” e che avrebbero dovuto rispondere unicamente alla volontà degli stati.
L’Europa 70 anni fa è rinata sopra le macerie fumanti di una guerra che ha creato oltre 50 milioni di morti. L’Europa unita è nata grazie al ripudio della guerra come strumento di offesa alle libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, è nata per essere un luogo di pace, lavoro, democrazia, cultura, diritti e doveri. E’ nata con connotazioni fortemente pacifiste, perché i nostri padri fondatori, dopo aver visto due guerre mondiali in soli 25 anni, capirono sulla loro pelle che con la guerra nessun futuro è possibile. I nostri padri compresero profondamente che negli anni a venire non ci sarebbe potuto più essere spazio per guerra e umanità e che queste non potevano più coesistere.
E’ per questo che l’Europa in memoria dei suoi morti deve assolutamente rivendicare questo ruolo d’indipendenza, svincolarsi dalle politiche aggressive e non continuare a piegarsi come stanno facendo i nostri governi alle logiche guerrafondaie e fratricide. La NATO è un apparato militare sorto 70 anni fa, alla fine della seconda guerra mondiale, con lo scopo di contrastare l’Unione Sovietica. Il Soviet è caduto ormai da 25 anni, ma a quanto pare, ciò non importa alle violente logiche che per sopravvivere a se stesse devono sempre trovare un nuovo nemico da combattere.
Che lo si voglia vedere oppure no, siamo di fronte a un grande pericolo, perché la guerra chiama sempre altra guerra; le stesse identiche dimostrazioni di forza precedettero gli anni prima dello scoppio della seconda guerra mondiale.
E’ per questo che ora più di prima c’è tanto bisogno del risveglio di un forte movimento pacifista di ampiezza europea. C’è bisogno di intessere e ristabilire contatti all’interno di una rete europea che si opponga alle logiche perverse della guerra. Bisogna avviare un forte movimento di opinione trasversale, che abbia la forza di chiedere ai cittadini di non votare più i governi, (siano essi di destra, di centro o di sinistra) qualora questi partecipino oppure appoggino direttamente o indirettamente azioni di guerra lesive e offensive nei confronti di altri stati o altri popoli.
Si può arrivare a prendere in seria considerazione l’uscita dalla NATO, qualora questi prosegua con politiche aggressive e lesive delle libertà delle altre nazioni, continuando a minare i fondamenti del diritto internazionale, l’autodeterminazione dei popoli e soffiando sul fuoco della guerra.
Per questo si rivolge un sentito appello a tutti i “Costruttori di pace”. E’ giunta l’ora di mobilitarsi con ancora più forza, prima che l’incendio appiccato divampi rovinosamente.