Stéphane Allix ha scoperto gli scritti di Choegyam Trungpa nel 2007, dopo un viaggio a Dharamsala. Con il proposito di studiare il Bardo Thoedol, ovvero il Libro dei Morti Tibetano, ha incontrato i maestri buddisti. Grazie a questi testi Stéphane ha realizzato che la morte ci pone davanti ad un unico interrogativo: la nostra vita.
Quando ho conosciuto gli scritti di Choegyan Trungpa è stato come ricevere un’autentica scossa. Nel momento in cui ho iniziato a constatare come l’esplosione del materialismo ha ridotto la spiritualità, nella nostra società, ad una semplice questione egocentrica , ho intuito l’importanza della proposta di una rivoluzione spirituale. In altre parole, bisognerebbe imparare a non abbandonarsi più ad una autorità esterna, che ci porta a vivere l’insegnamento come un dogmatismo sagace a cui conformarsi. Dovremmo, invece, avere fiducia della nostra intelligenza ed imparare ad affinarla. Come Choegyam Trungpa ha scritto: “ L’istinto religioso è lo stesso per tutti gli esseri umani, invece per ogni religione, l’ostacolo a questo istinto spirituale o intelligenza primordiale, è il dogma. Esso rappresenta l’impedimento per cui ogni cosa viene preparata in anticipo, senza essere sperimentata in maniera spontanea”.
La prima volta, che ho sentito parlare di Choegyan, ero nel nord dell’India, ai piedi dell’Himalaya, nel villaggio di Dharamsala, sede del governo tibetano in esilio.
Era la primavera del 2007 ed ero andato in India per incontrare i maestri tibetani e per studiare il Bardo Thoedol, il Libro Tibetano dei Morti . In quei luoghi ho avuto la possibilità di poter fare delle domande ad un dottore in Filosofia Buddista, grande erudita, che si chiama Ringou Tulkou. Egli si è formato sotto la direzione di differenti maestri buddisti, che appartengono alle quattro scuole buddiste tibetane. Proprio Tulkou mi ha consigliato, come prima lettura, un’opera di Trungpa “Trascending Madness”, che si può tradurre in “Trascendere la follia”.
Ho trovato questo suo lavoro molto rapidamente, in una delle numerose librerie del villaggio e mi sono messo subito a leggerlo con voracità. In particolare, ho provato a comprendere, se ciò che è descritto nel Libro Tibetano dei Morti corrisponde a quello che le altre tradizioni raccontano sulle fasi della morte e sulla vita dopo la morte. Volevo fare un paragone soprattutto tra i testi e i racconti fatti da quelle persone, che avevano sperimentato delle esperienze di morte imminente, individui definiti medium.
Ho cominciato ad essere colpito da delle similitudini. Nel frattempo mi sono posto dei quesiti, sulla natura della realtà di dei e altre entità, che i defunti incontrano nel loro viaggio verso la morte, come viene descritto nel Bardo Thoedol. Si citano, in questo testo, una grande quantità di dei molto specifici, ma come si devono comprendere ed interpretare queste divinità, che vengono menzionate nel libro, anche se non sono appartenenti alla cultura buddista tibetana?
Ho continuato istancabilmente a porre questa domanda a molti lama e uno di questi, Tenga Rinpotchè mi ha dato questa risposta esaustiva: “ Queste divinità sono identiche a ciò che concerne le cause che le hanno generate. La loro apparizione è causata da una base comune ad ogni essere sensibile. Queste fondamenta sono uguali per tutti, perchè ciò che appare nello stato di Bardo è un aspetto del nostro stesso spirito.
Il Buddhismo insegna che nel nostro spirito esistono tutte le qualità del Buddha. Esse sono l’essenza della nostra vita e sono identiche per tutti gli esseri sensibili. Le apparizioni delle differenti divinità, e le modalità con cui si manifestano, dipendono dalla nostra estrazione culturale individuale”.
Ho ritrovato questo concetto nel libro di Choegyam Trungpa. Egli approfondisce questi pensieri e ripone al centro della psicologia occidentale, le descrizioni esoteriche dei testi sacri. Nella mia permanenza ho scoperto che Trungpa ha fondato l’ Istituto Naropa in Colorado ed è anche stato l’ideatore di un programma di psicologia, che s’ispira, in modo diretto, al Bardo.
Tornando ai sei tipi di stati vitali degli esseri sensibili, dentro ai quali il defunto si può smarrire, egli così li descrive: “ Queste sei sfere servono a descrivere i sei mondi, che creiamo come logica conseguenza ai momenti di forte intensità emozionale. Esse sono la collera, l’avidità, l’ignoranza, il desiderio, l’invidia e l’orgoglio. I sei mondi formano il contesto, dove si sviluppa l’esperienza dello stato di Bardo, che viene descritta come cognizione di una zona non definita. I Bardo nascono come intense esperienze di ciascun dei sei mondi e forniscono, in un unico momento, la possibilità di risveglio o di confusione totale”.
Trungpa ha scritto, che tutti questi mondi percepiti durante il Bardo, sono delle estrapolazioni degli stati psicologici umani. Si rincontrano durante la vita in momenti di nevrosi, nei sogni, oppure, appunto, durante la morte. Solo l’intensità dell’esperienza cambia.
Le forme, le visioni che appaiono ai defunti possono essere spiegati come dei ritratti psicologici. “Le esperienze di Bardo non trasformano la nostra vita, ne sono la continuazione” ha scritto Choegyam Trungpa. Al momento della morte si prolunga la persona che si è stati. La morte non è altro che il proseguimento della vita.
Ciò che appare dopo la morte, appartiene certo ad altre dimensioni, ma questi mondi non sono delle terre sconosciute, né delle situazioni esterne. Sono tutti contenuti nel nostro essere; i nostri problemi domestici, emozionali, spirituali, relazionali sono tutti manifesti e davanti ai nostri occhi. Ciascuno di questi problemi ha la sua via d’uscita. Grazie a Trungpa, ho compreso che la morte diviene una bella occasione per guardarci negli occhi, ovvero allo specchio. Da molti anni mi sono accorto, che il mio vagare nel mondo, mi ha spinto alla ricerca di una risposta ad una domanda di vitale importanza. Una questione centrale, ossessionante, che ha fatto irruzione nella mia vita il 12 aprile 2001, quando mio fratello Thomas è morto davanti a me, a causa di un incidente. Attraverso la lettura di Trungpa, un’altra porta si è aperta e ho iniziato a vedere tutto da un’altra prospettiva, che mi ha fatto subito realizzare, che la morte porta ad interrogarci su una sola cosa: la nostra vita.
Nelle settimane che hanno seguito il mio ritorno in Francia, ho fatto visita ai miei genitori. Come d’abitudine, mi sono recato nel locale che è stata la stanza di mio fratello. Osservando gli scaffali strabordanti di innumerevoli libri, che Thomas amava leggere, all’improvviso la mia attenzione viene catturata da un libro tascabile di Choegyam Trungpa. Nel prenderlo tra le mie mani, ho notato che era intitolato “Bardo”. Quando poi l’ho aperto, ho scoperto che si trattava proprio della traduzione francese di “Trascending Madness” .
Da qualche parte, in quel libro, Trungpa ha scritto che la morte non è una terra straniera. Questo pensiero è divenuto nella mia vita una tale evidenza, che l’ho scelto come titolo per il mio libro, in cui racconto i miei anni di ricerca, alle frontiere della morte.
Ho la sensazione, ormai una certezza, che Choegyam Trungpa sia stato un essere veramente speciale. La lettura della biografia, che gli ha dedicato Fabrice Midal me l’ha confermato. Sono anche particolarmente felice di poter offrire ai lettori, nel venticinquesimo anniversario della sua morte, l’occasione di assaporare la ricchezza e la pertinenza dei suoi insegnamenti.
Stéphane Allix, scrttore e fondatore dell’INREES
Traduzione dal francese di Paola Mola