Un nuovo rapporto di Amnesty International ha acceso i riflettori sull’aspetto umano della crisi dei rifugiati siriani, attraverso le storie di otto persone e famiglie fuggite dal conflitto e che stanno cercando di sopravvivere in Libano, Giordania e Iraq.
Il rapporto, intitolato “Tra difficoltà, speranza e reinsediamento: i rifugiati della Siria raccontano le loro storie“, mette in luce le opportunità di cambiare in meglio la vita che il reinsediamento internazionale potrebbe offrire ad alcuni dei più vulnerabili rifugiati.
Con questo rapporto, Amnesty International apre la nuova campagna #OpenToSyria che ha l’obiettivo di fare pressione sui paesi ricchi, attraverso il sostegno dell’opinione pubblica, affinché accettino un numero maggiore dei rifugiati vulnerabili della Siria attraverso il reinsediamento e altri programmi di ammissione umanitaria. Finora, la risposta internazionale alla crisi dei rifugiati siriani è stata dolorosamente modesta e alcuni dei paesi più ricchi hanno fatto davvero poco.
“Con quasi quattro milioni di rifugiati, la dimensione della crisi ha raggiunto livelli insopportabili. Questo rapporto racconta le storie delle persone in carne e ossa, al di là dei numeri, attraverso le loro parole” – ha dichiarato Sherif Elsayed-Ali, direttore del programma Diritti dei rifugiati e dei migranti di Amnesty International.
“Molti di loro vivono l’inferno, sopportano disagi infiniti e lottano ogni giorno per sopravvivere nella loro condizione di rifugiati. Il reinsediamento può offrire loro una prospettiva di vita che si è fatta indispensabile, un barlume di speranza in un futuro migliore” – ha aggiunto Elsayed-Ali.
L’Alto commissariato Onu per i rifugiati ha identificato 380.000 rifugiati siriani in condizione di vulnerabilità e bisognosi di reinsediamento, tra cui sopravvissuti alla tortura e allo stupro, bambini ammalati e non accompagnati e altri ancora. Di questi, una minima parte è stata finora re insediata.
“I leader mondiali non possono continuare a voltare le spalle ai rifugiati vulnerabili. È facile sentirsi inermi di fronte a una crisi di questa dimensione, ma incoraggiare quei leader a reinsediare i rifugiati potrebbe avere un impatto decisivo sulla vita di questi ultimi” – ha spiegato Elsayed-Ali.
Oltre a permettere ai rifugiati di ricostruire la loro vita in pace e in stabilità e ad avere accesso alle cure mediche e al sostegno di cui hanno bisogno, il reinsediamento contribuisce a redistribuire le responsabilità per questa crisi dei rifugiati di proporzioni storiche. Attualmente, cinque paesi geograficamente vicini alla Siria ospitano il 95 per cento dei rifugiati e uno di questi, il Libano, non è più in grado di gestire gli arrivi.
Per persone come Yara, 23 anni e quattro figli, il reinsediamento potrebbe fare una profonda differenza. Uno dei suoi figli, Mutanama, ha una lesione alla spina dorsale che causa la fuoriuscita di fluido nel cervello. Da quando la famiglia è fuggita in Libano, le sue condizioni sono peggiorate. Da un video postato su YouTube, Yara ha scoperto che suo marito, che era stato arrestato in Siria, è stato ucciso. La sua condizione di donna single rifugiata l’ha resa vulnerabile alle molestie sessuali e non le permette di pagare gli elevati costi dell’affitto di un’abitazione.
“Per me che sono rifugiata, ogni cosa presenta difficoltà. C’è in giro tanta gente cattiva che mi dice cose orribili e mi molesta. È una vita difficile, non ce la faccio ad andare avanti”.
Un’altra famiglia siriana, rifugiata in un campo della regione del Kurdistan iracheno, sta cercando di ottenere cure mediche per il piccolo Elias, 12 anni, cui nel 2012 è stato diagnosticato un tumore.
“La vita è molto difficile qui perché abbiamo bisogno di dottori e medicinali per Elias. È difficilissimo trovare le cure per lui” – ha raccontato il padre di Elias, Maher, che spera disperatamente di essere re insediato in Europa, dove potrebbe trovare cure mediche adeguate per suo figlio.Hamood, un giovane gay di Dera’a, la città della Siria meridionale dove nel 2011 iniziò la rivolta, vive ora in Giordania, dove subisce quotidianamente minacce e molestie. Ha raccontato ad Amnesty International che suo fratello ha tentato di ucciderlo e di essere stato stuprato da sei uomini. Vorrebbe tornare in patria ma dice che “in Siria c’è solo la morte”. Spera nel reinsediamento in Europa, dove potrebbe vivere in maniera aperta il suo orientamento sessuale , trovare un lavoro e innamorarsi. “Andare in Europa sarebbe come nascere una seconda volta” – ha detto.
Jamal e Said sono una coppia gay di giornalisti e attivisti politici che hanno conosciuto il carcere in Siria. Jamal è sieropositivo. La sua salute è peggiorata rapidamente nell’isolamento della prigione, privato di cure mediche. In Libano, queste sono enormemente costose, a tal punto che quando l’ha scoperto ha tentato il suicidio. Entrambi gli uomini sentono che la loro vita in Libano è a un punto fermo. Vorrebbero disperatamente ricominciare, completare gli studi e trovare un lavoro “per diventare membri produttivi della società”.
Qasim, un rifugiato palestinese, è dovuto fuggire dalla Siria dopo che la sua abitazione è stata distrutta in un bombardamento. Lui e sua figlia soffrono di elefantiasi e non riescono a trovare cure mediche adeguate. Cerca in tutti i modi di far sì che sua figlia sia curata: “Per quanto mi riguarda, aspetto di morire. Non m’interessa se curano me, voglio che curino mia figlia” – ha raccontato ad Amnesty International.
Per tutte queste persone, la prospettiva del reinsediamento offre una via di fuga decisiva dall’attuale sofferenza.
“I rifugiati sono persone comuni, come tutti noi. Solo che le loro vite sono state catastroficamente distrutte a seguito di un conflitto e sono costretti a ricominciare da zero. È giunto il momento che i nostri cuori e le nostre comunità si aprano alle persone fuggite dalle atrocità del governo siriano, del gruppo armato Stato islamico e di altre formazioni armate. Dobbiamo e vogliamo dimostrare che la compassione e l’umanità possono vincere” – ha sottolineato Elsayed-Ali.
- Mayada, rufigiata siriana in un insediamento informale in Libano © Ina Tin/AI
Ulteriori informazioni
La crisi siriana, alla vigilia del suo quarto anno, ha causato oltre 190.000 morti e costretto oltre 11 milioni di persone a lasciare le loro case. Circa 7,6 milioni sono profughi interni, altri quattro milioni hanno lasciato il paese.
Circa il 95 per cento dei rifugiati siriani, ovvero 3.800.000 persone, è ospitato nei cinque principali paesi della regione: Turchia, Libano. Giordania, Iraq ed Egitto. L’Alto commissariato Onu per i rifugiati ha identificato 380.000 di essi come bisognosi di reinsediamento. Finora, tuttavia, i paesi più ricchi del mondo hanno offerto solo 79.180 reinsediamenti, un quinto del necessario.