Stiamo attraversando quello che Oswald Spengler aveva profeticamente definito nel 1917 “Il tramonto dell’Occidente”. A livello internazionale oggi (più che allora) assistiamo all’emergere di nuovi paesi, i cosiddetti BRICS, che sembrano destinati a sancire la fine dell’egemonia assoluta delle nazioni euro-atlantiche. La Russia e la Cina sono potenze economiche e militari che non solo difendono la propria sovranità ma contrastano sempre più efficacemente le mire espansionistiche degli Stati Uniti e i loro tentativi di destabilizzare le regioni adiacenti.
Se intendiamo designare con questa espressione, “Occidente”, la parte Nord-Ovest del pianeta, culturalmente e politicamente affine, ovvero l’Europa e il Nord America, bisogna riconoscere che gli ideali di umanità e rispetto promossi dall’umanesimo europeo e predicati dal cristianesimo sono stati completamente disattesi nei fatti. L’illuminismo e la triade della Rivoluzione francese, hanno rappresentato una maschera dietro la quale nascondere le proprie meschinità. Il progresso sociale, politico ed economico raggiunto negli ultimi due secoli ha riguardato solo il 10% della popolazione mondiale, mentre il restante 90 si trova a dover affrontare fame, povertà, guerra e malattie, per lo più causate proprio da quella minoranza privilegiata.
Nel corso del Novecento, e in particolare dal dopoguerra, lo sviluppo economico ha permesso una crescita del benessere delle popolazioni occidentali mai vista prima. Ma a quale prezzo? Lo stile di vita, che i media ostentano con fierezza, è stato costruito sullo sfruttamento di altri popoli. In effetti la stessa costituzione dell’Occidente moderno non avvenne attraverso la libertà, teorizzata e propugnata sul piano teorico, ma all’opposto, per mezzo dell’aggressione e dell’asservimento di altre civiltà e di altre culture. La Rivoluzione Francese non cancellò il colonialismo, ma anzi, permise alla Francia di consolidarsi come potenza coloniale. La stessa cosa fece la Rivoluzione Inglese. Gli Stati Uniti d’America, ovvero il più potente stato occidentale, addirittura si costituirono su un genocidio, quello dei popoli indigeni d’America, e sulla schiavitù degli africani. Ma tutte le potenze europee parteciparono alla spartizione del Continente che porta il nome di due conquistatori senza scrupoli: Cristoforo Colombo e Amerigo Vespucci. Oltre alle nazioni sopraccitate anche Spagna e Portogallo colonizzarono nel modo più brutale le terre oltre l’Atlantico. Il colonialismo e il neocolonialismo occidentale e l’imperialismo atlantista hanno mietuto e continuano a mietere milioni di vittime.
L’Italia, non può certo chiamarsi fuori da questi crimini. La conquista dell’Etiopia e della Libia gridano ancora vendetta. E ancora oggi l’ENI causa l’inquinamento delle falde nel Delta del Niger, facendone ammalare e morire le popolazioni. L’Occidente viene presentato come il garante della pace mondiale e dei diritti dalla sua stampa e dai suoi media. Nella realtà, esso è la causa di uno stato di guerra permanente tra le nazioni del mondo e di violazione sistematica di quei diritti che è tanto bravo a enunciare. Il crollo del blocco sovietico nel 1989 ha causato un incremento dei conflitti bellici su scala globale e la distruzione di interi paesi che prima reclamavano la loro parte di sviluppo economico. 1991, Guerra del Golfo; 1992, guerra in Bosnia; 1996, guerra in Serbia; 2001, guerra in Afghanistan; 2003, guerra in Iraq, fino ad arrivare alle guerre in corso in Ucraina o in Siria, entrambe provocate dall’intervento di Usa ed Unione Europea.
Però ci piace dare lezioni di moralità e di giustizia al mondo intero. Ci crediamo migliori dei terroristi islamisti (armati da noi stessi). Ma quante vittime hanno fatto questi ultimi? E quante sono invece le vittime del “civile” Occidente? Basti pensare, soltanto negli ultimi anni, alla strage di Odessa, ai civili siriani massacrati dall’Isis armato da Usa e Israele, oppure ai palestinesi espropriati delle loro terre da parte dello Stato ebraico protetto da Usa e Gran Bretagna. Chiamiamo gli altri popoli barbari, incivili, illiberali, solo perché amano vivere diversamente da noi. Solo perché una donna musulmana indossa il chador ci sentiamo in diritto di tacciarla di essere schiava del marito o del padre. Ma consideriamo “libera” colei che decide di mostrare e di vendere il proprio corpo e la propria immagine. O un paese ha un ordinamento politico di tipo occidentale, ovverosia liberale, oppure pensiamo di poterlo accusare di essere un regime liberticida. Ma dov’è questa libertà che tanto diciamo di amare se non nella nostra vuota retorica?
I governi “democratici” occidentali in realtà sono il riflesso degli interessi delle grandi lobby economiche. La famosa libertà di stampa è una pia illusione. La quasi totalità dei grandi media è sotto controllo del potere. Un affermato giornalista tedesco ha recentemente confessato di essere stato corrotto dalla CIA e come lui molti suoi colleghi.
Ciò che i governi e le multinazionali non vogliono che si sappia viene accuratamente nascosto dai grandi media. Ma continuiamo a definire i nostri sistemi politici “democratici”, avendo dimenticato del tutto l’etimologia di questa parola. La realtà è che ai nostri governi non interessa minimamente della “libertà” e della “democrazia”. L’unica cosa a cui tengono è la convenienza economica delle banche e delle industrie cui sono legati e le strategie geopolitiche. Se un paese si sposa con questi interessi allora è anch’esso democratico e civile. Altrimenti può essere spensieratamente definito “dittatura”. L’imperialismo culturale col quale imponiamo il nostro modo di pensare, ovvero quello più adatto ai nostri interessi, al resto del mondo, ci induce a credere che il progresso di un paese non occidentale passi per la sua occidentalizzazione. Non è così. Al contrario, più quel paese riuscirà a liberarsi del colonialismo e delle occupazioni militari americane ed europee, più potrà migliorare la vita del suo popolo.
Il più grande ostacolo all’emancipazione dei popoli asiatici, sudamericani ed africani è rappresentato proprio dall’Occidente e dalle sue mire egemoniche. Nemmeno i settori oppositivi, che hanno svolto una importante critica nei confronti dei propri sistemi sociali, sono riusciti a emanciparsi del tutto da questo etnocentrismo. I movimenti e i governi popolari e progressisti, che hanno reclamato e a volte persino ottenuto l’indipendenza, sono sempre stati guardati con sufficienza da buona parte della sinistra occidentale, anche da quella cosiddetta “radicale”. Questa, incapace di cambiare i propri paesi, ha pensato bene di dare lezioni agli altri. Eppure, sono proprio questi altri che sono riusciti a opporsi efficacemente al capitalismo liberista occidentale. In tutto il mondo si sono affermati movimenti antimperialisti.
In Medio Oriente e nel Nord Africa sono nati il panarabismo e il socialismo arabo, in America latina ha trionfato il bolivarismo e numerosi stati, dall’Argentina al Venezuela, hanno ottenuto importanti successi contro le mire egemoniche statunitensi. Ma alla sinistra occidentale questo non va bene. Essa si allinea al liberalismo neo e post-coloniale nel bollare questi interessanti laboratori di progresso sociale con l’immancabile epiteto di “dittatura”, comoda dicitura sotto la quale si archivia ciò che sfida la nostra società e oltrepassa i nostri paradigmi culturali. In realtà, se c’è speranza per l’umanità, questa non è certo riposta in Occidente, con buona pace dei cantori (pseudo)illuministi. L’Europa dell’euro e dell’austerità, che ha creato un regime dispotico che si ostina ancora a difendere, non ha saputo produrre nulla di meglio che la pallida e sbiadita Syriza nella martoriata Grecia. Meglio che niente, se non fosse che ha prodotto un governo con un ministro delle finanze appena tornato dalle Università americane che ha ben pensato di ingaggiare una banca americana e di contrattare con gli sciacalli della UE una misera riduzione del debito, la quale non servirà certo a risollevare la nazione ellenica.
In verità, l’Europa oggi non è più in condizione di dare lezioni. Deve, semmai, riceverle. Molto umilmente bisogna cercare di comprendere le istanze emancipative (quelle concrete, non quelle solo teoriche o, peggio, “da corteo”) che hanno attraversato il mondo. Da Nasser a Sankara, da Guevara a Chavez. Nessuno di questi era occidentale. Impari l’Occidente: non dimentichi, certo, la sua imponente tradizione teorica, da Voltaire a Marx. Ma sappia rinunciare alla sciocca presunzione di avere il monopolio della libertà e della razionalità politica.