Sabato 7 febbraio il convegno “Expo: nutrire il pianeta o nutrire le multinazionali?” è stato un vero successo: un pubblico di 400 persone, tra chi ha trovato posto nella Sala Alessi e in una saletta adiacente all’interno di Palazzo Marino e quelli che hanno seguito i lavori in streaming, ha ascoltato con attenzione e interesse per quattro ore gli interventi appassionati e documentati dei vari relatori, presentati da Anita Sonego, consigliere di Sinistra per Pisapia e Presidente della Commissione Pari Opportunità.
Dopo l’introduzione ha dato il via ai lavori Curzio Maltese, giornalista e parlamentare europeo, facendo un quadro realistico e allarmante dell’ideologia liberista che prevale nel Parlamento Europeo: la politica di austerity e le privatizzazioni non sono soluzioni tecniche, come vengono in genere presentate, ma politiche e hanno lo scopo di smembrare gli stati e appropriarsi dei beni comuni. Con la gestione Junker si è arrivati a scelte che Maltese definisce di “umorismo macabro”, con un petroliere nominato commissario all’Ambiente. Denuncia poi l’atteggiamento ambiguo dei socialisti, che a parole sono per la difesa dei beni comuni, ma poi nei fatti votano per la loro privatizzazione. E’ necessario tutelare i beni comuni con strumenti legali anche dopo vittorie come quella del referendum italiano sull’acqua, citato da molti come esempio di straordinaria risposta popolare, ma di effetto pratico limitato.
Susan George, attivista per il diritto al cibo e alla difesa dell’ambiente, oltre che studiosa ed economista, definisce senza mezzi termini l’Expo come espressione del Forum Economico Mondiale di Davos e della sua volontà politica ed economica. Ripercorre la storia della crisi alimentare e sostiene che le sue vere ragioni sono finanziarie, con l’abrogazione nel 2000 di leggi risalenti al New Deal che puntavano a controllare la speculazione sugli alimenti e il massiccio coinvolgimento di Wall Street. Nei primi tre mesi del 2008 i prezzi di grano, soia e frumento sono così cresciuti rispettivamente del 35%, del 32% e del 64%: chi investe nel mercato alimentare è interessato solo a fare soldi e del tutto indifferente all’enorme aumento delle persone povere e affamate che deriva dalle sue scelte.
Lo stesso atteggiamento avido, crudele e indifferente si ritrova nel fenomeno dell’accaparramento di acqua e terra” (land and water grabbing), da parte di paesi come la Cina, la Corea del sud, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi, che soprattutto in Africa sta cacciando i contadini dalle loro terre.
Un’ulteriore e universale minaccia è costituita dai trattati di “libero commercio” come il TTIP, che rappresentano un’offensiva generale delle multinazionali sponsor dell’Expo, alleate con i governi, per controllare il settore alimentare e tutti i beni comuni.
Emilio Molinari, animatore della vittoriosa campagna per il referendum sull’acqua e membro del Contratto mondiale sull’acqua, illustra il paradosso in cui ci troviamo: un miliardo di affamati, una produzione alimentare che potrebbe sfamare 12 miliardi di persone, uno spreco che porta a buttar via da un terzo alla metà del cibo e un miliardo di obesi, in genere poveri costretti a cibarsi di alimenti di pessima qualità. Le multinazionali protagoniste dell’Expo, dalla Nestlé, alla Monsanto, alla Barilla, sono le vere responsabili di questa situazione. Basti pensare che il controllo dell’alimentazione è in mano a poche decine di multinazionali, sei delle quali gestiscono il 73% dei semi dati ai contadini, per non parlare dei pesticidi e degli OGM. Il ruolo della Nestlé come fornitore dell’”acqua di Expo”, quando si poteva benissimo usare l’acqua pubblica, rappresenta un preciso messaggio politico: l’acqua buona è quella che si compra al supermercato, è una merce e non un diritto e un bene comune. Un altro perno di Expo è Israele, indicato come modello idrico da seguire; peccato che non ci sia posto per i contadini palestinesi cacciati dalle loro terre.
Sovranità alimentare, OGM e diritto all’acqua: questi sono i tre temi fondamentali su cui muoversi per contrastare la direzione nefasta rappresentata dall’Expo come vetrina delle multinazionali e dare seguito al riconoscimento da parte dell’ONU dell’acqua come diritto umano universale. Una dichiarazione approvata nel 2010 e poi rimasta praticamente lettera morta.
Flavio Valente, di via Campesina internazionale, riprende il tema del paradosso citato da Molinari e lo definisce con sdegno la radice della sofferenza della gente. I membri del Forum Economico Mondiale di Davos, il G8 e la Troika sono responsabili di crimini contro l’umanità, contro i popoli originari e le generazioni future. Per fortuna ci sono sforzi per contrastarli, come l’iniziativa dell’Ecuador e di altri settanta paesi per creare un trattato vincolante che regoli l’influenza delle multinazionali. Come Susan George, anche Valente considera l’Expo un esperimento del Forum Economico Mondiale per far passare un modello economico e politico del tutto asservito al potere delle multinazionali.
I dati impressionanti esposti poco dopo da Vittorio Agnoletto, già portavoce del Genoa Social Forum e ora membro di CostituzioneBeniComuni, ribadiscono il concetto: l’8% della popolazione mondiale controlla l’80% della ricchezza del pianeta e 42 multinazionali sono più ricche e potenti di molti paesi europei ed asiatici. Esiste un micidiale intreccio tra chi produce OGM, pesticidi e farmaci e in molti casi, come è successo con il Sudafrica che voleva produrre farmaci a basso costo per combattere l’AIDS, denuncia i paesi che danneggiano i suoi profitti.
Una simile concentrazione di ricchezza è incompatibile con la democrazia: parole di un giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti, non di un rivoluzionario.
L’Expo può comunque essere un’occasione per generare un grande dibattito pubblico su questi temi. Non tutto è perduto, conclude Agnoletto, ma se perdiamo ora non ci sarà più tempo per recuperare.
Basilio Rizzo, Presidente del Consiglio Comunale di Milano, ripercorre la storia “locale” dell’Expo come occasione di gestire un grande evento andando a caccia di fondi pubblici, comprando a prezzi esorbitanti terreni dai privati, creando società ad hoc e assegnando appalti sospetti (l’80% degli appalti legati all’Expo ha avuto rilievi per corruzione). Rizzo propone una soluzione “alla greca”: gli enti pubblici dovrebbero rinegoziare con le banche il debito per le aree private comprate. Il pericolo di speculazioni inoltre è sempre in agguato: per questo è fondamentale che alla sua conclusione gli spazi dell’Expo rimangano uniti e a gestione pubblica e vengano riutilizzati a vantaggio della collettività, affidandoli ad associazioni e università per temi e attività connessi con l’acqua e i beni comuni. Milano potrebbe diventare così la sede di un organismo sovranazionale sull’alimentazione e l’acqua.
La conclusione del convegno è affidata all’attore Moni Ovadia. Appassionato e trascinante come sempre, ricorda le parole del Papa e indica nell’iniquità e nella disuguaglianza l’origine di tutti i mali, accusa i potenti di attentare all’integrità della vita e alla sacralità dell’essere umano e invita a riprendere la battaglia per l’uguaglianza come motore di tutti i diritti. Dobbiamo opporci a chi vuole farci tornare ai tempi oscuri della servitù e della sottomissione e ritrovare i principi fondamentali della democrazia, ricordando che le lotte dotate di una forza morale sono inarrestabili. Un applauso fragoroso accoglie il suo appello.