Il 4 febbraio 2015 un tribunale egiziano ha condannato 230 imputati all’ergastolo e 39 minorenni a 10 anni di carcere per “istigazione alla violenza” e agli scontri con le forze di sicurezza che, nel dicembre 2011, provocarono numerosi morti e feriti.
Tra i condannati, figura anche Ahmed Douma, già raggiunto nel dicembre 2014 da una condanna a tre anni per oltraggio alla magistratura. Douma si è difeso da solo, perché gli avvocati hanno lasciato l’aula in segno di protesta contro le irregolarità del processo.
Douma era stato tra i promotori del sit-in di fronte alla sede del governo, convocato per protestare contro la nomina a primo ministro di Kamal El-Ganzoury.
Il giudice del processo che ha condannato i 269 imputati è lo stesso che emise le condanne nei confronti dei tre giornalisti di al-Jazeera, uno dei quali espulsi, un secondo in via di espulsione e il terzo, Baher Mohamed, destinato a scontare interamente la condanna a 10 anni.
A fronte di questa repressione (cui vanno aggiunte anche le 415 condanne a morte emesse e ratificate dal marzo 2014), il numero degli agenti di polizia o dei soldati condannati per le centinaia di manifestanti uccisi dalle proteste dal gennaio 2011 è pari a zero. La giustizia egiziana chiude gli occhi quando si tratta di condannare le forze di polizia.