Il 15 gennaio 2015 è stata presentata a Londra la decima edizione del rapporto Global Risks 2015 realizzato dal World Economic Forum. Il report, che è il risultato di studi e pareri di 900 analisti ed esperti di vari ambiti e paesi, valuta annualmente i principali rischi mondiali sotto due prospettive, quella legata alla loro probabilità di avverarsi e l’altra legata all’impatto potenziale che potrebbero avere in un orizzonte temporale di dieci anni.
Per l’anno in corso gli analisti hanno preso in considerazione 28 rischi globali e li hanno raggruppati in cinque categorie: economia, ambiente, geopolitica, società e tecnologia. Dallo studio effettuato si evince chiaramente come nel 2015 i rischi geopolitici ritornano in maniera preponderante a fare da protagonisti del palcoscenico mondiale dopo alcuni lustri in cui erano fuoriusciti da classifiche di questo genere.
I cinque principali rischi mondiali in termini di probabilità |
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La valutazione in termini probabilistici dei dati dell’indagine mostra infatti come tre dei primi cinque rischi della classifica sono associabili a problematiche geopolitiche che possono rappresentare un elemento di rottura di equilibri e della stabilità mondiali. D’altro canto, l’analisi del report dal punto di vista dell’impatto genarabile dai rischi identificati riflette un altro quadro che offre un’angolatura differente e ugualmente interessante. Così, come guardando la classifica qui di seguito, i due rischi con un impatto potenziale più elevato sono quelli legati a delle criticità sociali urgenti probabilmente inasprite e interconnesse agli altri tre.
I cinque principali rischi mondiali in termini d’impatto |
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Il Global Risks 2015 si addentra poi in altre osservazioni mettendo in correlazione e in interazione i rischi tra loro (per es. rischi geopolitici correlati con l’economia o con quelli tecnologici) o ipotizzando altri trend con rischi a breve e a medio termine per anticipare degli scenari che potenzialmente potrebbero presentarsi nei prossimi tempi. Al di là delle diverse rappresentazioni dello studio, sono i conflitti tra Stati, alcune grandi criticità sociali e le questioni ambientali che destano maggiore preoccupazione per gli esperti ancor più, e molto prima, delle tematiche economiche o finanziarie che invece stanno così a cuore e al centro delle agende di buona parte dei leader politici mondiali.
Le valutazioni del report sono sì il frutto di pareri, di indagini e di studi da parte di esperti, ma le supposizioni disegnate vengono fuori dall’osservazione e dalle fotografie di scenari reali che si sviluppano per il mondo. Questo tipo d’informazione condivisa tra gli attori della politica e della società può senz’altro aiutare a capire dove si dirige il pianeta o dove potrebbe dirigersi. Può ispirare governanti e popolazioni. Può permettere di confrontarsi su delle realtà più vere, ben diverse da quelle virtuali degli indicatori finanziari. Può permettere di zoommare su tematiche spesso sottaciute e ancora volutamente irrisolte come le ineguaglianze sociali e le discriminazioni di ogni sorta che quasi sempre stanno alla base dei conflitti o sull’accelerazione al ricorso alle armi e agli armamenti (non solo quelle di massa) da parte dei paesi, dei gruppi e della gente comune o ancora sul fastidioso e snervante balbettare politico internazionale di fronte alle questioni del Clima.
Sì, è vero, occorrerebbe anche porre delle domande ai curatori dello studio per trovare concordanza di opinione su alcune definizioni di base: cos’è la stabilità mondiale? Come definire la pace? Come definire un sistema mondiale in equilibrio? E soprattutto in quali parti del mondo oggi c’è la pace, la stabilità o esistono quegli equilibri minacciati dai rischi globali identificati dal rapporto?
Cooperazione tra i leader politici mondiali e non competizione, auspicano come next step gli autori del Global Risks 2015. Su questo non vi è alcun dubbio, come dargli torto?