Il 17 gennaio si terrà a Palazzo Lombardia, sede del governo regionale lombardo, il contestatissimo convegno “Difendere la famiglia per difendere la comunità”. Contemporaneamente, fuori dal palazzo, si terrà il presidio di protesta l’unica malattia è l’omofobia lanciato dai Sentinelli di Milano, che sui social ha già raccolto molte migliaia di adesioni.
Bene, anzi benissimo, che ci sia stata una forte reazione contro l’operazione oscurantista, ma non si può non notare che nell’aspra polemica pubblica contro il convegno ci sia un elemento di sottovalutazione o forse di ambiguità. Infatti, negli ultimi tempi lo scandalo pubblico sembrava consistere principalmente nell’uso del logo di Expo 2015 nella promozione dell’iniziativa e non tanto nel fatto che un’istituzione pubblica, cioè Regione Lombardia, venisse schierata sfacciatamente –e nella peggior tradizione formigoniana- al servizio degli interessi di una parte politica.
Beninteso, comunque la si pensi sul grande evento, l’uso del logo di Expo rappresenta sicuramente un abuso politico, talmente macroscopico da suscitare persino la condanna pubblica del Bie, ma le cose non cambierebbero di una virgola anche se non ci fosse il logo. Ecco perché è il caso, a pochi giorni dal 17 gennaio, di ricordare perché quel convegno non va passato sotto silenzio e perché è giusto e necessario mobilitarsi.
Primo di tutto va sfatato il mito secondo cui si tratterebbe solo di uno dei tanti convegni ospitati dalla Regione e che il tema all’ordine del giorno sarebbe semplicemente come aiutare la famiglia. Purtroppo non è così e siamo invece di fronte a un’operazione politica e propagandistico, di cui il convegno è solo un tappa, che punta lucidamente a suscitare e alimentare la contrapposizione tra eterosessualità e omosessualità e dunque tra le diverse forme di famiglie esistenti nella nostra società.
Infatti, al convegno non interverranno soltanto relatori esterni, ma anche diversi rappresentanti istituzionali di Regione Lombardia, tutti della Lega Nord e tutti di peso: l’Assessore alle Culture, Cristina Cappellini, il Presidente del gruppo consiliare della Lega, Massimiliano Romeo, e lo stesso Presidente della Regione, Roberto Maroni. Insomma, non proprio un convegno come un altro, ma quasi un congresso di partito…
Se poi guardiamo ai contenuti, cioè alle proposte politiche, ideologiche e culturali veicolate dai protagonisti del convegno, possiamo notare una convergenza quasi totale. In particolare, praticamente tutti i soggetti coinvolti, compresi i rappresentanti regionali, definiscono la famiglia giusta, cioè quella etero, in opposizione a quelle sbagliate. In altre parole, “difendere la famiglia” non significa tanto ragionare su come garantire, per esempio, un sostegno anche economico a giovani coppie per poter fondare un’autonoma vita familiare e crescere i bimbi. No, significa piuttosto “difendere” l’idea di famiglia “tradizionale” o “naturale”, cioè uomo-donna, dal presunto pericolo rappresentato dalle relazioni non eterosessuali e, soprattutto, dalla “pretesa” di uguali diritti.
Tutti i partecipanti del convegno, con le dovute differenze, la vedono più o meno così. Fate un giro in rete, sui loro siti, vi renderete conto. Ma per essere più concreti, facciamo due esempi: uno un po’ estremo, cioè la posizione di Obiettivo Chaire (tra gli organizzatori ufficiali del convegno), e l’altro istituzionale, cioè la mozione “per la tutela della famiglia naturale” approvata dal Consiglio regionale lombardo il 1° luglio scorso e di cui Massimiliano Romeo era il primo firmatario.
Sul sito di Obiettivo Chaire (www.obiettivo-chaire.it) trovate tutto quello che vi serve per chiarirvi le idee. Qui mi limito a sottolineare che secondo questa associazione si tratta di contrastare e correggere “atteggiamenti contrari alla legge naturale”, sia con l’accompagnamento medico e psicologico, che con interventi in ambito scolastico, cioè con “l’attenzione rivolta a genitori, insegnanti ed educatori al fine di prevenire l’insorgere di tendenze omosessuali nei ragazzi, negli adolescenti e nei giovani”. Insomma, senza troppi giri di parole, chi non è etero-sessuale è considerato un malato da “guarire”. Come vogliamo chiamarla questa cosa, se non istigazione all’omofobia?
Poi abbiamo la posizione di Regione Lombardia. Sì, di Regione Lombardia, perché la mozione presentata il 1° luglio scorso dalla Lega e dal resto del centrodestra era stata approvata a maggioranza dal Consiglio Regionale e, quindi, ora è posizione ufficiale dell’istituzione. Ovviamente il linguaggio non è quello di Obiettivo Chaire, ma poi si va comunque a parare dalle stesse parti. Sorvoliamo sui “premesso che” e sui “considerato che” del testo della mozione, sebbene siano più che illuminanti circa il pensiero leghista e ciellino, e concentriamoci invece sulle cose concrete. Cioè, la mozione impegna la Regione a fare due cose:
“- a individuare, in collaborazione con l’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale, una data per la celebrazione della Festa della Famiglia Naturale, fondata sull’unione fra uomo e donna, promuovendone sia direttamente sia indirettamente attraverso scuole, associazioni ed enti locali la valorizzazione dei principi culturali, educativi e sociali;
– a chiedere al Governo centrale la non applicazione del Documento standard per l’educazione sessuale in Europa redatto dall’ufficio europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità;”
E così, come nel caso di Obiettivo Chaire, si punta soprattutto sull’educazione, sui più giovani, dando alla Regione il compito di portare la battaglia ideologica e oscurantista nelle scuole, mettendo in discussione l’idea che possa esistere un’educazione sessuale che non discrimina tra etero e non etero e inventandosi persino una “Festa della famiglia naturale” (la quale presuppone ovviamente l’esistenza di una famiglia non naturale).
Con tutto quello che sta succedendo nelle scuole, con ragazzi e ragazze emarginati e persino malmenati a causa del loro orientamento sessuale, la Regione non trova di meglio che andare a propagandare tra i ragazzi la superiorità dell’etero sul’omo. Complimenti, davvero!
Insomma, con o senza logo Expo, questo convegno e l’operazione politica di cui è espressione merita tutto il ripudio possibile. Non è una questione di opinioni, ma di civiltà, di decenza e di democrazia. Sabato 17 gennaio cercate dunque di esserci al presidio, alle ore 14.00 davanti a Palazzo Lombardia, all’uscita del metrò Gioia, per l’esattezza.