I Corpi Civili di Pace: esistono? chi sono? che fanno? – intorno a queste domande, perfino provocatorie, è ruotata l’appassionante riflessione svolta il 13 gennaio a Napoli, a cura dell’Associazione “Claudio Miccoli”, nell’ambito di un ciclo di incontri e conferenze di presentazione del volume di Gianmarco Pisa, ricercatore ed operatore di pace dell’Istituto Italiano di Ricerca per la Pace e Rete dei Corpi Civili di Pace, dal titolo “Corpi Civili di Pace in Azione”, edito da “Ad Est dell’Equatore”, nel 2014.
In effetti, ancorché provocatori, gli interrogativi che, sin dal titolo, si è inteso porre come “guida” per la riflessione collettiva, sono molto avvertiti, attraversano il dibattito in corso sul profilo, l’impostazione e la composizione dei Corpi Civili di Pace, quali attori civili, non-armati e nonviolenti, capaci di agire “nel” e “sul” conflitto armato, ai fini della prevenzione della escalation, della mitigazione della violenza e della ricostruzione del dialogo, e animano una “congiuntura” densa di iniziative, con una proposta di legge istitutiva dei Corpi Civili di Pace già depositata in Parlamento e una campagna di raccolta firme per una legge di iniziativa popolare per la Difesa Civile Non-armata e Nonviolenta.
Anche per questi motivi, la conferenza si è sviluppata nella forma di una vera e propria tavola rotonda: alla presenza di prestigiosi ospiti internazionali, tra cui la console generale a Napoli della Repubblica Bolivariana del Venezuela, Amarilis Gutierrez Graffe, di un nutrito parterre di relatrici, quali Rosanna Morabito, docente di lingua e letteratura serbo-croata all’Università Orientale, Maite Iervolino, cultrice degli studi interculturali, Angelica Romano, di Un Ponte per… e del Comitato Pace e Disarmo della Campania, Luisa del Turco, portavoce del Tavolo “Interventi Civili di Pace”, e le conclusioni di Antonino Drago, già docente a Pisa di Difesa Popolare Nonviolenta. Non meno nutrito ed attento il parterre dei partecipanti, con oltre sessanta persone ad affollare la Chiesa di S. Bonaventura, splendida memoria del tardo-gotico del XIV sec., risalente al regno angioino, unico esempio, secondo gli studiosi, di struttura trecentesca di tipo ogivale con due ambienti sovrapposti.
Se il saluto della console generale del Venezuela consente di introdurre i lavori della conferenza, situandoli in una naturale cornice internazionale ed arricchendoli del contributo offerto dall’esempio del Venezuela Bolivariano, protagonista della promozione di un ambiente di diritti sociali e di giustizia sociale, in patria, e della promozione della pace e della soluzione diplomatica dei conflitti, in ambito internazionale, a partire dai casi della Libia e della Siria, e della politica di cooperazione paritaria sud-sud, la relazione di Rosanna Morabito riconduce la platea nel contesto balcanico, teatro naturale della ricerca-azione dedicata alla costruzione dei “Corpi Civili di Pace” in Kosovo, sottolineando i continui movimenti di popoli e di conflitti che hanno agitato la regione, almeno sin dal Congresso di Berlino del 1878, e ripercorrendo quella “politica delle nazionalità” che, nel quadro della Jugoslavia Socialista, aveva saputo garantire gli equilibri tra i gruppi etnici della federazione.
Si affacciano così due “connotati” di questo lavoro di “pace positiva”: complessità ed ostinazione. La complessità dell’impegno, di tipo professionale, che è richiesto agli operatori e alle operatrici di pace, quando chiamati ad intervenire, con compiti di ricomposizione e di riconciliazione, in contesti attraversati dal conflitto e dalla violenza, sia in ambito nazionale, sia nello scenario internazionale; l’ostinazione nel tentativo, attraverso la metodologia della ricerca-azione, di sviluppare, a partire da un sperimentazione concreta sul campo, contenuti teorici e generali, in grado di spingere avanti la riflessione per definire lo specifico di un Corpo Nonviolento di Pace. La relazione di Angelica Romano, a partire da queste “parole chiave”, rimanda quindi anche allo sforzo che le reti di società civile stanno compiendo, per consolidare e per definire il profilo normativo dei Corpi Civili di Pace.
Il contributo dei luoghi culturali e dei “luoghi della memoria” si affaccia, dunque, quale contributo decisivo, in quell’opera di costruzione di ponte e di legame, che, in particolare nel conflitto etno-politico, come nel caso del Kosovo, l’operatore di pace è chiamato a promuovere. La relazione di Maite Iervolino viene così a situarsi in naturale pendant con le conclusioni di Antonino Drago, con il richiamo all’obiezione di coscienza e all’esigenza di una mobilitazione popolare nonviolenta e la sottolineatura del “di più”, in termini di concretezza ed efficacia, delle iniziative internazionali di pace, promosse dai civili e sviluppate in un contesto multi-nazionale, rispetto alle disastrose azioni militari.
Ulteriori note che hanno contraddistinto lo spirito dell’evento sono state l’intervento poetico di Lia Manzi, che ha espressamente dedicato all’iniziativa due suoi componimenti, evidenziando come l’azione di pace possa essere accompagnata e valorizzata con un lavoro artistico-culturale orientato anche alla bellezza, e le sollecitazioni di Luisa del Turco, che, riferendosi ad esempi concreti quali la creazione del Tavolo “Interventi Civili di Pace” e la legislazione sugli obiettori di coscienza, ha mostrato come una società civile coerente e determinata possa entrare in relazione con le istituzioni evitando il rischio di farsi cooptare, ma anzi condizionandole in senso positivo. L’aspirazione, per quanto riguarda la campagna in corso per il sostegno alla difesa civile non armata e nonviolenta, è proprio quella di creare un forte e diffuso movimento popolare, capace di rendersi protagonista di un vero cambiamento del concetto di difesa, che possa influire anche, ma non solo, sull’ambito istituzionale.
Gianmarco Pisa
(con il contributo di Domenico Musella)