Ruth Kinna è l’autrice di “Che cos’è l’anarchia”, una guida agile e significativa alla teoria e alla pratica della libertà personale e sociale (www.castelvecchieditore.com, 2010, 254 pagine, euro 16).

“Il mio anarchismo è solo l’applicazione del cristianesimo ai rapporti umani”. Lev Tolstoj

Ruth Kinna insegna Scienze Politiche alla Loughborough University in Inghilterra e ritiene che “le idee anarchiche stiano esercitando un’influenza concreta nella politica contemporanea”: dal rinnovamento urbano ai media alternativi, dalle proteste contro gli eccessi della vivisezione ai movimenti contro la globalizzazione finanziaria parassitaria. In effetti il vero “anarchismo spinge l’uomo a pensare, a investigare, ad analizzare ogni proposizione” (Emma Goldman).

L’analisi anarchica degli Stati dimostra che quasi tutti i governi utilizzano mix vari di ladrocini, inganni e coercizioni per mantenere e sviluppare il loro potere burocratico. Kropotkin affermò che lo Stato è “il sottoprodotto del saccheggio del popolo”. Probabilmente uno degli esempi più machiavellici è quello dello Stato italiano che tassa i redditi ipotetici con sei mesi di anticipo e rimborsa i crediti nei confronti di privati e di aziende con tempi di attesa che vanno da oltre un anno a più di due anni. Pensiamo poi all’inserimento dei giovani e delle donne nelle posizioni più sfavorite delle liste elettorali e abbiamo un quadro ben definito dei principali bullismi politici.

Purtroppo la reputazione del pensiero anarchico è stata rovinata dall’attività violenta di molti fondamentalisti che fomenta la paura e l’odio della popolazione a causa dei disordini più o meno violenti. Invece secondo la docente anglosassone “l’anarchismo è una dottrina che punta alla liberazione dei popoli dalla dominazione politica e dallo sfruttamento economico, incoraggiando un’azione diretta o non governativa”. Come al solito, fa più rumore un albero che cade uccidendo qualcuno, rispetto ai miliardi di alberi che crescono producendo ossigeno e cibo.

Comunque in passato molte persone e molti “socialisti si scoprivano essere anarchici solo quando venivano espulsi dai partiti marxisti”. E siccome “gli anarchici rifuggono dai partiti politici, la loro diversità è forse più evidente rispetto ad altre organizzazioni”. In linea generale si possono però distinguere tre grandi gruppi: i difensori della classe operaia e delle minoranze, i promotori degli stili di vita più cooperativi, alternativi e controculturali, e i fautori della difesa della libertà personale a tutti i livelli. In ogni caso gli anarchici non sono come i tedeschi, che amano l’ordine più della giustizia (Goethe).

In realtà molti anarchici non sono contrari al governo, ma sono semplicemente contrari all’autorità assoluta dello Stato. Per questo motivo è esistito ed esiste anche l’atipico anarchismo libertario di destra ben rappresentato dall’economista americano Murray Newton Rothbard, autore del saggio “La grande depressione” (Rubbettino Editore, 2008). Anche l’originale scrittrice russa Ayn Rand (www.aynrand.org) può essere definita un’anarchica di destra: a vent’anni emigrò negli Stati Uniti e a cinquant’anni scrisse il famosissimo romanzo filosofico “La rivolta di Atlante”, che ha venduto più di cinque milioni di copie in America. Per la filosofa Ayn Rand “la più piccola minoranza al mondo è l’individuo. Chiunque neghi i diritti dell’individuo non può sostenere di essere difensore delle minoranze”.

Quindi la galassia anarchica è da sempre ricca di individualità geniali come la filosofa cristiana di origine ebrea Simone Weil, che giunse a scrivere il significativo e forse profetico “Manifesto per la soppressione dei partiti politici” (nacque nel 1909 e morì nel 1943, Castelvecchi Editore, 2008). E si è sviluppata anche una scuola di pensiero francese che desidera arginare i “sistemi totalizzanti” nel pensiero e nelle organizzazioni (Foucault, Deleuze, Lyotard). Una delle personalità francesi più indipendenti fu Henri Laborit, lo scienziato eclettico e geniale che fondò la psicofarmacologia (1914-1995, “Conversazioni con Henri Laborit”, Grenié Claude, www.eleuthera.it, 1997).

Naturalmente anche la catena dei pensatori anarchici ha dei punti deboli. Ad esempio senza le forze di polizia ogni società piomberebbe nel furto selvaggio e nel caos, come lo sciopero delle forze dell’ordine ha dimostrato diversi anni fa in Canada. E come avviene quasi sempre alla fine di una guerra civile nel periodo di tempo del passaggio dei poteri. Ma i limiti utopistici dell’ideologia anarchica e dell’organizzazione anarchica dello Stato non devono farci sottovalutare il valore del “federalismo decentralizzato come il principio di una pianificazione anarchica” popolare e antiborghese, a uso e consumo diretto dei cittadini. E il valore maggiore delle teorie anarchiche si rivela nella promozione delle relazioni cooperative e delle strategie di cambiamento sociale più o meno innovative (come avvenuto in Islanda e in altri paesi del Nord Europa nei decenni passati).

Oggi stiamo vivendo la fase di transizione di un cambiamento epocale: l’alta borghesia familista e la “nuova borghesia del denaro e degli affari” hanno approfittato della posizione di favore e dei privilegi di classe e verranno duramente condannate dal tribunale della storia. Come avvenne per “l’aristocrazia del sangue, delle armi e della proprietà terriera: a chi era libero, guerriero e proprietario erano concesse libertà e prepotenze negate ai cittadini comuni” (Giorgio Bocca, libero pensatore e rappresentante privilegiato della media borghesia, “Grazie no”, Feltrinelli, 2012).

D’altra parte ogni realtà nazionale può rivelarsi molto paradossale: “Chi è soggetto al governo più dispotico può essere completamente libero, anche se può essere sottoposto a violenza crudele da parte dell’autorità che non ha riconosciuto: ma un membro di uno Stato costituzionale è sempre uno schiavo, perché, supponendo di aver partecipato o di poter partecipare al suo governo, riconosce la legalità di tutta la violenza perpetrata contro di lui”, indiretta e diretta (Lev Tolstoj).

In ultima analisi la vera libertà “consiste nel fatto che ogni uomo sia in grado di vivere e agire secondo il proprio giudizio” (Tolstoj) e il pensiero anarchico “è un continuo misurarsi con una nuova situazione, una vigilanza continua per garantire che le libertà passate non vadano perdute, che non si trasformino nel loro opposto” (Paul Goodman). L’unico fenomeno pericoloso risiede nelle valutazioni anarchiche che possono giustificare la violenza. Ad esempio può essere ammessa se si viene aggrediti fisicamente da parte di funzionari pubblici incivili. E l’azione più o meno violenta può essere ammessa se è necessaria l’autodifesa personale e familiare in caso di pericolo di morte per malattia e fame, a causa dell’eccessivo impoverimento dovuto alle brutali aggressioni economiche pubbliche e private legate alle truffe finanziarie più o meno legalizzate, e alla tassazione predatoria e parassitaria degli Stati totalitari.

Nota poetica finale a cura di Buenaventura Durruti – “Le macerie non ci fanno paura. Sappiamo che non erediteremo che rovine, perché la borghesia cercherà di buttare giù il mondo nell’ultima fase della sua storia. Ma, le ripeto, a noi non fanno paura le macerie, perché portiamo un mondo nuovo nei nostri cuori. Questo mondo sta crescendo in questo istante…” (Cronaca della vita).

Per approfondimenti cinematografici: http://ildocumento.it/in-vetrina/an-anarchist-life.html.