Pubblichiamo i commenti definitivi (e riassuntivi) che Alfonso Navarra ha mandato a tutti i pacifisti italiani sulla conferenza di Vienna per il Disarmo Nucleare.
La maggioranza degli Stati non nucleari, nella Conferenza per il disarmo “umanitario” (8-9 dicembre), interviene per passare subito ed in modo autonomo ai fatti giuridici, ma la Presidenza austriaca rinvia al percorso tradizionale del Trattato di non proliferazione (New York, 2015)
Anche i leader religiosi dovrebbero essere più chiari nel condannare la stessa “deterrenza”
10.12.2014 – Alfonso Navarra, nella delegazione di ESIGIAMO! Il disarmo nucleare totale
La Conferenza sull’Impatto Umanitario delle Armi Nucleari, tenutasi a Vienna l’8 e il 9 dicembre 2014, per organizzazione del governo austriaco, ha offerto principalmente agli Stati non nucleari, ma non solo per essi, un luogo di confronto sulle conseguenze devastanti dell’esplosione delle armi nucleari.
Si è tenuto, per esempio, conto, più che in altre occasioni, anche dei contributi della società civile, in particolare del forum organizzato sempre a Vienna da ICAN a ridosso della stessa, il 6 e 7 dicembre. (L’intervento più applaudito non a caso è stato quello di Beatrice Fihn, una giovane rappresentante della Campagna internazionale per abolire le armi nucleari – ICAN).
L’ampia partecipazione a questa conferenza, circa 160 Stati dei cinque continenti, allargatasi quest’anno persino agli Stati nucleari (USA, Regno Unito, Cina), ed agli Stati della condivisione nucleare NATO (il governo italiano, ad esempio, stavolta era presente, anche se pro forma), ha dimostrato che le catastrofiche conseguenze di un’esplosione nucleare, ed ancor più di una guerra nucleare anche su scala limitata, costituiscono una preoccupazione diffusa.
L’intervento di apertura del Ministro degli Esteri austriaco, Sebastian Kurz, “il padrone di casa”, ha sottolineato ancora una volta che la questione nucleare non è un relitto del passato: “Esistono ancora più di 16.000 testate nucleari – distribuite tra i 14 paesi e attraverso gli oceani – molti dei quali in allerta e pronti per l’uso con brevissimo preavviso. E dobbiamo essere chiari: fino a quando esisteranno armi nucleari, il rischio del loro uso – di proposito o per caso – rimane reale”.
Vi è quindi stata una evoluzione rispetto alla considerazione, al centro delle precedenti conferenze di Oslo (marzo 2013) e Nayarit (febbraio 2014), che nessuno Stato, nessuna organizzazione internazionale sarebbero in grado di affrontare l’emergenza umanitaria immediata causata dalla detonazione di un’arma nucleare, né sarebbero in grado di fornire assistenza adeguata alle vittime.
Il focus si è spostato sulla probabilità che una guerra nucleare possa avvenire per incidente o per errore, senza che ci si possa affidare con sicurezza ai “sistemi di comando, controllo e comunicazione” per evitarla.
Un ruolo fondamentale per questa consapevolezza lo ha avuto l’intervento di Erich Schlosser, l’autore di “Command and control”, il libro-inchiesta che ricostruisce la storia delle armi nucleari negli Stati Uniti, le dottrine militari sul loro possibile impiego, i rischi di conflitto nucleare che il mondo ha corso e gli incidenti che hanno coinvolto armi nucleari verificatisi nel corso degli anni. È una denuncia efficace del loro pericolo e rafforza in modo riteniamo decisivo gli argomenti a favore della loro messa al bando.
Gli sforzi dell’umanità, data l’entità immensa del pericolo, che supera di gran lunga qualsiasi altra minaccia presente, allora dovrebbero essere indirizzati prioritariamente e principalmente nell’eliminare questa condizione suicida. L’unico modo per garantire che le armi nucleari non vengano mai più usate è di prevederne l’eliminazione totale partendo dalla loro proibizione giuridica. Ma nonostante tutti gli Stati, comprese le Potenze nucleari, parlino di necessità del disarmo nucleare si continua a rimandare gli impegni del Trattato di Non Proliferazione (il famoso articolo sesto sulle “trattative in buona fede” degli Stati nucleari) e a ostacolare il bando giuridico internazionale delle armi nucleari.
La proibizione giuridica delle armi nucleari è una assoluta necessità e questo sta sempre più emergendo nella consapevolezza collettiva anche a livello di governi. Molti Stati latino-americani la invocano ormai apertamente nei loro interventi e con una decisione che impressiona. La richiesta si leva anche dalla maggioranza degli Stati in Africa. Ma non è il caso, a quanto si è dovuto constatare, della “tiepida” e “timida” Europa.
Abbiamo registrato che quasi tutti gli Stati si sono iscritti a parlare ed hanno voluto intervenire, i tempi programmati sono saltati per le dichiarazioni “a mitraglia” dei delegati degli Stati non nucleari; e questo è stato indice di una grande volontà di partecipare e di contare, manifestando una insofferenza per lo stallo dei negoziati del percorso ufficiale del TNP .
Quello che avremmo voluto sentire, nella sintesi del ministro austriaco, che ha concluso alle 19.20 i lavori della conferenza, è una dichiarazione, chiara ed esplicita, a nome della maggioranza degli Stati presenti, che si sono pronunciati in tal senso in modo insistito: le armi nucleari, TNP o non TNP, devono esser messe al bando in modo inequivocabile e giuridicamente vincolante, e questa proibizione è la premessa necessaria per la successiva eliminazione degli arsenali nucleari.
Se non ho capito male, Sebastian Kurz (non ho ancora sotto gli occhi il comunicato scritto ufficiale che non è stato diramato, ed anche questo è significativo) si è invece limitato ad affermare che appoggerà questa richiesta, proveniente in modo inequivocabile dal basso, nella sede internazionale realmente decisiva, cioè la sessione di revisione del Trattato di non proliferazione del 2015, in cui aiuterà a porre all’ordine del giorno l’inizio di negoziati in tal senso.
Quella del bando delle armi nucleari è comunque di una questione che non riguarda solo i governi, ma ogni cittadino e cittadina di questo nostro mondo interconnesso ed interdipendente. La questione delle questioni. Aumentando la consapevolezza delle catastrofiche conseguenze che inevitabilmente si produrrebbero con il continuare a “scherzare con il fuoco atomico”, la società civile ha un ruolo cruciale da svolgere, da spina nel fianco dei governi, affinché si assumano le proprie responsabilità.
Dobbiamo, noi cittadinanza attiva e movimenti di base, fare lo sforzo di lavorare insieme, fianco a fianco, per liberare, con una azione coordinata, il mondo, non solo il nostro cortile di casa, dalla minaccia posta dalle armi nucleari: è la nostra responsabilità verso le future generazioni ed anche delle passate. La salvaguardia infatti del senso del passato comune è costituente essenziale della nostra umanizzazione, della nostra facoltà di pensiero.
Un intervento che avrebbe potuto essere “storico”, ma che invece è rimasto confinato nella convenzionalità (contano i discorsi ufficiali e non le interviste estemporanee davanti ad una telecamerina), è stato quello di Silvano Maria Tomasi, Nunzio Apostolico della Santa Sede, che ha portato un messaggio di Papa Francesco: non ha detto in modo chiaro che la Chiesa Cattolica non è contraria solo all’uso delle armi nucleari, ma anche alla loro stessa detenzione.
Questo intervento (mancato) avrebbe potuto essere collegato al fatto che, come si è accennato, nei lavori di questa conferenza, con i discorsi delle delegazioni latino-americane, ed in particolare con il discorso del delegato dell’Ecuador, si è affacciata la nuova ipotesi strategica di impostare la proibizione delle armi come attuazione del diritto alla sopravvivenza, che esige il dovere immediato ed inderogabile di rimuovere gli ordigni che la mettono a rischio.
Il disarmo nucleare come diritto e non come concessione (interpretante una necessità): la “Carta per un mondo libero dalle armi nucleari” che i “disarmisti esigenti” hanno elaborato (e che si vuole fare discutere e approvare dalla Rete di scuole che simulano le Nazioni Unite) costituisce un modo per sperimentare un nuovo approccio culturale che forse potrebbe sbloccare le trappole che hanno finora impantanato e rallentato i negoziati sul disarmo.
Attualmente tutti i ragionamenti partono infatti dalla “necessità” del disarmo nucleare (si veda il discorso di Obama a Praga nel 2009), non dalla sua obbligatorietà: si permette quindi, da parte della comunità internazionale, che alcuni soggetti vantino il diritto di minacciare l’uso delle armi nucleari al fine di evitarne l’uso.
Occorre invece escludere in radice, come anche il Papa e gli altri leaders religiosi potrebbero invitarci a fare (quando si decidono), ogni possibilità di giustificare la cosiddetta deterrenza: non si deve, lo ribadiamo, scherzare con il fuoco atomico, pensare di poter mettere tra parentesi il diritto di sopravvivere, ricorrere, ipocritamente, a mezzi illeciti, alla minaccia di distruzione, per ottenere obiettivi leciti…
L’obiettivo che ci eravamo proposti con Alex Zanotelli nel 2006 lanciando un appello resta quindi attuale: i rappresentanti di tutte le religioni dovrebbero dichiarare la guerra atomica nella sua stessa minaccia e preparazione Tabù e peccato, un crimine contro l’Umanità come tale non assolutamente giustificabile.
Menzioniamo, per concludere, anche l’iniziativa di discussione, negli ambiti pacifisti e nonviolenti, sulle risultanze della conferenza che si terrà a Roma, per organizzazione della WILPF, il 16 dicembre 2014, presso il CESV, via Liberiana, 14, con inizio alle ore 17.00.
Sarebbe importante che servisse a sprovincializzare la nostra visuale, che spesso non va oltre ciò che ci tocca direttamente e da vicino: non possiamo pensare, quando ci sbattiamo sopra il muso, ammesso poi che lo facciamo veramente (ad alcuni interessa solo additare un “cattivissimo” unica causa dei mali del mondo), solo alle bombe e alle basi che ci sono in Italia, dobbiamo renderci conto che abituiamo in un piccolo Pianeta che hanno fatto diventare, più protagonisti, una polveriera che prima o poi salterà in aria.
Opporci alle B-61 di Ghedi ed Aviano, come del resto alle altri basi militari “offensive”, deve avvenire con questa ottica ampia, rivolta alla costruzione organizzata internazionalmente della comune umanità.
Come ci invita a fare “ESIGETE!”, dobbiamo pensare, agendo anche localmente ma coordinati globalmente, all’avvenire di tutti, ad un avvenire dell’Umanità fondata sull’emulazione, non sulla competizione, ad uscire dai nostri piccoli “ego” per occuparci di perpetuare la fiaccola della vita da cui proveniamo.
Ringrazio per il loro aiuto:
I “disarmisti esigenti” (in particolare Luigi Mosca e Giovanna Pagani) che si riconoscono nell’appello lanciato da Stéphane Hessel ed Albert Jacquard. In Italia facciamo riferimento alla petizione on line rinvenibile a questa pagina.
Adesioni anche sui siti: Energia felice (www.energiafelice.it); Campagna di Obiezione di Coscienza alle Spese Militari (www.osmdpn.it); Lega Internazionale Donne per la Pace e la Libertà ( http://wilpfitalia.wordpress.com/)
Alfonso Navarra