Al via in Tunisia, domenica 21 dicembre, il ballottaggio per la scelta del nuovo Presidente della Repubblica dell’era post Ben Ali. Sono 5 milioni i tunisini chiamati alle urne che resteranno aperte sino al tardo pomeriggio della stessa giornata. Il rush finale vede come protagonisti da un lato il presidente uscente Moncef Marzouki, eletto dall’Assemblea constituente all’indomani della rivoluzione del 2011, e dall’altro, Béji Caid Essebsi, leader del partito laico Nidaa Tounes, vincitore della legislative svoltesi lo scorso ottobre.
Quest’ultimo, all’indomani del primo turno, tenutosi a fine novembre, aveva fatto registrare poco più del 39% dei consensi contro il 33% di preferenze del suo avversario politico Marzouki. Uno scarto non indifferente che però non rende scontata la votazione finale sia per il peso che potrebbe avere l’elettorato del partito islamico Ennahda che non ha presentato alcun candidato alle presidenziali, ma che costituisce la seconda forza politica dell’assemblea, sia per l’incognita dell’astensionismo, specie quello giovanile. Nelle prossime ore sono attesi i primi exit poll e successivamente i risultati definitivi.
Una sfida molto attesa e sentita dunque non solamente dall’intero paese tunisino che si trova per la prima volta ad eleggere direttamente un presidente della Repubblica, ma anche dal resto del mondo che, dopo il banco di prova positivo delle legislative, spera e scommette nella Tunisia come Stato esempio per la democratizzazione dell’intero mondo arabo.
Di certo, si tratta di un momento storico per il paese africano che sancisce la fine definitiva di un’epoca, quella di Ben Ali, ma anche di quella di transizione nata per volontà del popolo nel 2011. E’ un nuovo inizio, è l’inizio di un nuovo cammino in cui dovranno coesistere politicamente le alleanze laiche con quelle islamiche che, proseguendo a braccetto, nel rispetto di una Costituzione scritta insieme, dovranno impegnarsi per portare avanti il disegno di cambiamento democratico della Tunisia.