Estratto da Facebook – Gordon Mathews, antropologo alla Chinese University di Hong Kong
L’altra notte sono andato ad Admiralty per stare con i miei allievi, dopo che la Federazione degli Studenti di Hong Kong aveva lanciato un appello per intensificare le proteste. Ci sono andato perché in alcune occasioni la polizia si è comportata in modo barbaro e volevo assistere agli eventi. Alla fine pur senza volerlo ho finito per proteggere i miei studenti: mentre ero là hanno sentito il bisogno di proteggermi invece di affrontare la polizia in prima linea.
Stanotte i notiziari erano pieni di dichiarazioni della polizia e del governo di Hong Kong, secondo cui le proteste erano diventate violente. Forse qualcuna lo è stata da qualche parte, ma in generale la violenza è venuta dalla parte della polizia, che ha manganellato gli studenti con brutalità. Certo, le proteste erano illegali, visto che occupavano le strade intorno al complesso governativo, una zona più ampia rispetto a quella iniziale e probabilmente per sgomberare le strade era necessaria una certa forza. Molti poliziotti però hanno perso il controllo, come dimostrato da molti video alla televisione e su YouTube.
Niente di paragonabile alla brutalità della polizia negli Stati Uniti: qui nessuno è stato ucciso e spero che le cose continuino così. A Hong Kong il comportamento è ancora più civile che nel resto del mondo, ma la polizia si è politicizzata, in gran parte perché i leader politici si sono tenuti nascosti ed è emersa una generazione di giovani che la considera il nemico.
Il movimento di Occupy Central finirà presto, anche se nei prossimi mesi e anni ci saranno molte altre manifestazioni. L’eredità a lungo termine di questo movimento sarà un profondo abisso tra generazioni. Nei campus universitari di Hong Kong la grande maggioranza degli studenti appoggia Occupy Central e la sua metodologia di disubbidienza civile, pensa che il governo di Hong Kong sia retto da incompetenti che non capiscono come vive la gente comune e vede il resto della Cina come una dittatura straniera e non come una patria. Questo è del tutto diverso da ciò che gli esperti di Hong Kong e Pechino si immaginavano vent’anni fa e non era neanche lontanamente immaginabile venti mesi fa.
Una generazione si è radicalizzata. Questa generazione riuscirà a imporsi in modo nuovo, aperto e democratico, o dovrà subire un regime sterile, plutocratico e autoritario? Sono molto fiero degli studenti di Hong Kong; sento un po’ di speranza e molta paura per il futuro della mia città.
Traduzione dall’inglese di Anna Polo