Il secondo giorno del Forum della Società Civile ICAN è cominciato con un panel sul tema della leadership politica. Sono intervenuti i rappresentanti di quei Paesi che hanno organizzato le conferenze intergovernative e si è parlato dei progressi raggiunti fino ad oggi nel processo di questo approccio umanitario al disarmo.
Gry Larsen, ex segretaria di Stato agli Esteri della Norvegia, ha raccontato la sua esperienza in diversi processi di disarmo dal 2005 a oggi e ha spiegato come le prospettive umanitarie sulle questioni del disarmo abbiano modificato il discorso. La metodologia del riunire insieme agenzie ONU, società civile e Stati ha funzionato in altri casi e la Norvegia deciso di applicarla alle armi nucleari.
Dopo soli tre anni dall’inizio del processo di Oslo sulle bombe a grappolo si è arrivati ad una convenzione.
Larsen ha chiarito che l’obiettivo della conferenza di Oslo del 2013 era creare un forum nel quale si potesse usare un approccio “fact-based”, presentando le ultime ricerche scientifiche e l’evidenza storica riguardanti gli effetti delle armi nucleari nel breve, medio e lungo termine.
In quella prima conferenza si è arrivati alla conclusione che nessun Paese è in grado di costruire la capacità di risposta necessaria per far fronte alla detonazione di un’arma nucleare.
Jorge Lomónaco, rappresentante del Messico ai forum per il disarmo di Ginevra, ha affermato che il miglior modo di ottenere la sicurezza per il Messico è attraverso il disarmo.
Ha illustrato come il numero delle nazioni partecipanti è cresciuto fino a 140, dalle 128 di Oslo. Le discussioni sono proseguite affrontando i problemi del rischio di uso accidentale; dell’inesistenza di vincoli dovuti ai confini nazionali per gli effetti di un disastro nucleare; del fatto che le persone più colpite sarebbero sempre le più povere della società e che lo sviluppo economico farebbe un passo indietro lungo decenni.
La dichiarazione finale della presidenza in Messico ha fatto appello ad un’azione urgente per far partire i negoziati sul disarmo, denominandoli “un punto di non ritorno”.
Nell’opinione di questo relatore i frutti dell’approccio umanitario sono stati: dar voce agli Stati non-nucleari che finora avevano pazientemente atteso gli Stati nucleari prima di compiere qualsiasi mossa; un cambiamento nel modo di affrontare la materia, passando da un approccio emozionale a basi molto più razionali attraverso l’utilizzo della scienza e dei fatti; l’aver compreso che la posizione degli Stati in linea di principio favorevoli al disarmo nucleare, ma che nella pratica rifiutano di fare qualunque passo verso questo scopo, è in tutta evidenza inconsistente.
Jan Kickert, del Ministero austriaco per gli Affari Europei, ha illustrato il tradizionale impegno dell’Austria in tutti i processi di disarmo riferendo che, data la sua posizione di Stato neutrale sul confine della cortina di ferro durante la guerra fredda, l’Austria ha sempre saputo benissimo di potere essere un potenziale bersaglio nel caso di conflitto nucleare. Kickert ha fatto notare che quando uno Stato ha questo tipo di armi, anche gli altri Stati vogliono averle ma, facendo eco ai precedenti relatori, è stato concorde sul fatto che l’approccio di tipo umanitario cambia totalmente la narrativa nelle discussioni sul disarmo. Esso ha la potenzialità di rompere la fase di stallo del processo del Trattato di Non-Proliferazione, nella quale i Paesi P5, membri permanenti del Consiglio di Sicurezza ONU, stanno effettivamente modernizzando i loro sistemi di armamento e creando una nuova specie di armi.
Con 160 Paesi che si sono registrati a questa terza edizione della conferenza, è chiaro che questo approccio sta facendo compiere dei progressi e che ora la pressione è nei confronti degli Stati nuclearisti.
In un dibattito sulla partecipazione di Gran Bretagna e Stati Uniti, per la prima volta, in questa serie di conferenze, la presenza di tali Stati è stata salutata con favore dai relatori, i quali hanno respinto le precedenti accuse, formulate dai 5 membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, che questo processo potesse compromettere quello del Trattato di Non-Proliferazione.
Lomónaco ha sintetizzato così la situazione: “È come il vizio del fumo! Non è mai il momento giusto per smettere, fino a quando quel momento poi arriva.”
Staremo a vedere se gli Stati possessori di armi nucleari si convinceranno a perdere questo dannosissimo vizio nei prossimi due anni. Anche se non sono tutti qui, sicuramente staranno seguendo queste discussioni con ansia in attesa di vederne i risultati. Si renderanno conto della crescente insoddisfazione degli Stati non-nuclearisti nei confronti del processo sul Trattato di Non-Proliferazione. Maggio 2015, e la conferenza di New York sulla revisione del Trattato di Non-Proliferazione, si stanno rapidamente avvicinando. Gli Stati che hanno adottato questo nuovo approccio umanitario si aspetteranno molto di più delle solite parole trite e ritrite e delle promesse non mantenute dei cicli precedenti.
Traduzione dall’inglese di Domenico Musella