articolo di Sara Matera per Linfalab
Si tiene a Lima, dal 1 al 12 dicembre, la ventesima Conferenza delle Parti (COP 20) dell’UNFCCC (Convenzione Quadro delle Nazioni Unite per i Cambiamenti Climatici). E’ l’occasione per discutere i negoziati internazionali sul clima che confluiranno nell’attesissimo Protocollo di Parigi 2015 (COP 21) che sostituirà il celebre, quanto disatteso, Protocollo di Kyoto del 1997.
Dopo il recente annuncio dell’accordo Usa-Cina per la riduzione delle emissioni climalteranti, le speranze della comunità internazionale sono cresciute. Ed è proprio in questi giorni, a Lima, che avremo l’occasione di capire qualcosa di più sulla serietà delle intenzioni politiche dei governi. Le associazioni ambientaliste sono pronte, come sempre, a incalzare il dibattito con manifestazioni e iniziative parallele.
Si parlerà di riduzione delle emissioni di gas serra, di incremento dell’uso di fonti di energia rinnovabile e strategie di adattamento, ma anche di ricorso al nucleare, alla cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica e, più in generale, alle tecniche di geoingegneria.
Le cose da decidere sono tante: di quanto bisogna ridurre la concentrazione di gas serra nell’atmosfera per sperare di non superare i 2°C di incremento della temperatura (considerati dall’IPCC la “soglia di sicurezza”)? Quali paesi devono effettuare queste riduzioni e in quali tempi? Quali strumenti finanziari utilizzare per favorire la transizione verso un’economia green? Quali sanzioni stabilire per chi non rispetta i patti? Chi avrà il potere di sanzionare i governi?
In una delle bozze che saranno discusse a Lima nei prossimi giorni (Non-paper on elements for a draft negotiating text) si parla di una “concentrazione massima di gas serra nell’atmosfera di 350 parti per milione di CO2 equivalente”; di una “completa decarbonizzazione entro il 2050 e/o di un saldo di emissioni negativo entro il 2100”; di un “carbon budget diviso tra le Parti in base alle responsabilità storiche, all’impronta ecologica e allo stato di sviluppo”.
Gli obiettivi sembrano particolarmente ambiziosi se paragonati al taglio delle emissioni del 40% (rispetto al 1990) entro il 2030 recentemente approvato dall’Unione Europeae alla riduzione del 26%-28% (rispetto al 2005) entro il 2025-2030 annunciata da USA e Cina. Il rischio, purtroppo, è che i documenti di Lima e Parigi possano restare puri manifesti di intenzioni come è stato nel caso del Protocollo di Kyoto. La questione dirimente è sempre la stessa: occorre un meccanismo sanzionatorio nel caso di serie infrazioni da parte delle Nazioni firmatarie. Revisioni periodiche e successive raccomandazioni non bastano più.