Nell’arresto della banda di Rom che spaccavano i self-service dei benzinai è stato dato particolare risalto al fatto che uno di loro, Romeo Hudorovic, facesse parte della Consulta Rom e Sinti di Milano. La Consulta è un comitato cittadino non formale a partecipazione libera e volontaria. Romeo Hudorovic ha partecipato ad alcuni incontri organizzati dalla Consulta con le comunità milanesi e rappresentava una parte del campo di via Negrotto.
Apprendere del suo arresto è stata una sorpresa dolorosa per chi si impegna a costruire progetti di inclusione sociale per e insieme alle comunità che vivono condizioni di marginalità e rifiuto sociale. Premesso che l’arresto di chi viola la legge ci sembra una cosa normale e necessaria; premesso che gli atti fuori dalla legge hanno oltre tutto una ripercussione negativa su tutta la comunità rom per la strumentalizzazione che se ne fa anche dalla politica e dai mezzi d’informazione (tutti i rom rubano, l’hanno nel dna e da qui il passaggio alla nostalgia per i forni nazisti per molti il passo è breve); crediamo che si debbano utilizzare situazioni come questa per fare alcune considerazioni che vadano al di là della ovvia condanna e della necessaria presa di distanza.
Da tempo la Consulta Rom e Sinti di Milano si è posta il problema di come affrontare il tema della devianza nelle comunità rom. Il primo passo è stato quello di non ignorare il problema, come dimostrano le denunce che la Consulta stessa ha fatto di situazioni di grave illegalità di cui era a conoscenza, il secondo quello di individuare una via d’uscita effettivamente praticabile. Tutti ora parlano di chiudere i campi, sentina di tutti i mali. A Roma dopo Mafia Capitale il nuovo assessore alle politiche sociali dice: “Mettiamo i rom nelle case”, ma si dimentica che chi non ha un lavoro non può pagare un affitto e allora che fa?
E qui si viene al punto. Una politica di inclusione sociale si può fondare soltanto su un percorso concreto di inserimento lavorativo come liberazione dalle condizioni di marginalità, di ricatto, di criminalità per necessità, cosa ben diversa dalla criminalità per scelta che si esercita sia che si viva in un campo sia che si viva in un appartamento. E questo percorso è possibile solo se fatto insieme con le comunità Rom, insieme con le associazioni che si occupano di Rom non a scopo di lucro o di malaffare, insieme con le amministrazioni che non hanno interesse a mantenere una situazione di marginalità per ragioni di consenso elettorale.
È necessario uscire da una logica che guarda più alla sicurezza che all’inclusione e che unisca i due temi. Se a Milano su 5.600.000 euro dell’ex piano Maroni se ne destinano in due anni solo 240.000 per l’inclusione lavorativa e 20.000 per l’inclusione scolastica, non è facile uscire da una situazione nella quale le giovani generazioni hanno un futuro già segnato, mentre è proprio su queste giovani generazioni che si deve investire per dar loro la speranza di poter scegliere il proprio destino. Se quello di Romeo è segnato, vorremmo che i suoi nipoti possano avere una possibilità di scelta. E’ questa la ragione per cui la Consulta Rom e Sinti di Milano è nata e lavora insieme con le comunità, con tutti i rischi che questa scelta comporta e che ci assumiamo consapevolmente, perché è l’unica strada percorribile per passare dall’assistenza e dalla devianza alla responsabilità.