Verso le 18:30 di giovedi 14 marzo 2013, una macchina si schiantò contro il retro di un camion su una strada del governatorato di Salfit nella Palestina occupata, la strada 5. Il conducente e le sue 3 figlie rimasero feriti, una di loro gravemente. Il conducente, Adva Biton, stava tornando alla colonia illegale di Yakir quando si è verificato l’incidente. In seguito ha sostenuto che l’incidente è stato causato dal lancio di pietre di giovani palestinesi alla sua auto. Subito dopo il fatto, il conducente del camion ha testimoniato di essersi fermato a causa di una gomma a terra, ma ha poi cambiato la sua versione dicendo di aver visto delle pietre per strada. Non ci sono stati testimoni dell’incidente d’auto e nessuno ha visto bambini o giovani che lanciavano pietre quel giorno.
Tuttavia a partire dal 15 marzo 2013, i soldati israeliani hanno iniziato a prendere d’assalto e a fare irruzione di notte nelle case dei villaggi vicini a quella strada arrestando giovani ragazzi palestinesi. “Dì addio a tua madre perché potresti non vederla mai più”, dicevano gli agenti dei servizi segreti Shabak ai ragazzi arrestati.
In totale 19 ragazzi adolescenti dei villaggi di Hares and Kifl Hares sono stati arrestati in relazione a quell’incidente d’auto. Nessuno di loro aveva precedenti di lancio di pietre. Dopo lunghi interrogatori la maggior parte di quei ragazzi fu rilasciato, tranne cinque di loro che rimangono ancora imprigionati nella prigione israeliana di Megiddo. Questi sono gli Hares Boys: Mohammed Kleib, Mohammed Suleiman, Ali Shamlawi, Ammar Souf e Tamer Souf.
I ragazzi arrestati sono stati sottoposti ad una serie di abusi e maltrattamenti e a delle vere e proprie torture. Dopo la detenzione, sono stati tenuti in isolamento per circa due settimane. Uno dei ragazzi che è poi stato rilasciato ha descritto la sua cella come un buco senza finestre di un metro di larghezza e due metri di lunghezza. Non c’era un materasso o una coperta per dormire, i servizi igienici erano sporchi, le luci erano tenute accese in modo continuativo per fare in modo che il ragazzo perdesse la cognizione del tempo, il cibo lo faceva star male. Al ragazzo è stato anche negato un avvocato ed è stato interrogato con violenza tre volte in tre giorni, e alla fine rilasciato dopo essere stato dichiarato non colpevole al processo.
Anche gli altri ragazzi hanno denunciato ai loro avvocati trattamenti simili ed hanno “confessato” di aver lanciato pietre dopo essere aver ricevuto ripetuti abusi in prigione e durante gli interrogatori.
I cinque ragazzi di Hares sono accusati ognuno con 20 capi d’imputazione per tentato omicidio, approssimativamente uno per ogni presunta pietra lanciata alle auto di passaggio. L’accusa dell’esercito israeliano insiste sul fatto che i ragazzi consapevolmente “intendevano uccidere”. I ragazzi rischiano la pena massima per tentato omicidio: da 20 anni all’ergastolo.
La tesi dell’accusa si basa sulle confessioni dei ragazzi, che sono state ottenute sotto tortura, e sui presunti 61 testimoni, alcuni dei quali sostengono che le loro auto sono state danneggiate da pietre in quello stesso giorno su quella stessa strada. Questi ultimi sono usciti fuori solo dopo che l’incidente d’auto ha avuto una notevole copertura mediatica come “atto terroristico”. Gli altri testimoni sono la polizia israeliana e i servizi segreti Shabak, che non erano ancora presenti sul luogo in quel momento. Non è chiaro se i 61 testimoni sono stati adeguatamente messi in discussione e le loro richieste verificate con ad esempio i dati di un ricovero ospedaliero, o anche se il presunto danno ai loro veicoli è stato fotografato o documentato. Tali informazioni non sono ancora disponibili per gli avvocati dei ragazzi.
Se questi ragazzi verranno condannati, questo caso costituirebbe un precedente giuridico che consentirebbe all’esercito israeliano di condannare ogni bambino o ragazzo palestinese per tentato omicidio nei casi di lancio di pietre. I ragazzi imputati hanno ora 16-17 anni di età, ma se l’esercito israeliano otterrà la loro condanna, potranno tornare a casa e alle loro famiglie solo all’età di 41, nella migliore delle ipotesi.
La società civile internazionale in soliarietà con il popolo palestinese si sta muovendo su diversi fronti per denunciare questa situazione. In particolare, gli avvocati internazionali per i diritti umani consigliano la presenza di osservatori esterni, in particolare diplomatici, alle prossime udienze di questi ragazzi per fare in modo che la situazione migliori. Tutti possono aiutare scrivendo alla propria ambasciata a Tel Aviv per chiedere un rappresentante alle udienze dei ragazzi.
Cinque giovani vite rovinate senza prova della loro colpevolezza è un’insulto ai nostri principi comuni di giustizia come esseri umani, nonché un insulto alla nonviolenza e alla nondiscriminazione.
Per maggiori informazioni sul caso degli Hares Boys visitate questa pagina.
Le prossime udienze dei ragazzi di fronte al tribunale militare di Salem saranno:
Ali Shamlawi – 6 Novembre
Ammar Souf – 14 Novembre
Mohammed Suleiman – 16 Novembre
Mohammed Kleib & Tamer Souf – 27 Novembre
Di seguito diffondiamo un esempio, in italiano, di lettera che può essere inviata per e-mail all’ambasciata italiana a Tel Aviv: stampa.telaviv@esteri.it
Signor Francesco Maria Talò
Ambasciata d’Italia a Tel Aviv
Le scrivo per chiedere la sua presenza alle prossime udienze di cinque scolari palestinesi nel tribunale militare di Salem. I ragazzi sono: Mohammed Kleib, Mohammed Suleiman, Ali Shamlawi, Ammar Souf, Tamer Souf.
Nel marzo del 2013, cinque ragazzi adolescenti del villaggio Hares (distretto di Salfit, Palestina occupata) sono stati arrestati e accusati di 20 capi di imputazione per tentato omicidio per presunto lancio di pietre contro la macchina di un colono israeliano. Accuse non motivate, in presenza di una schiacciante mancanza di prove.
Da allora i ragazzi sono stati imprigionati, prima nel centro interrogatori di Al-Jalame e successivamente nella prigione di Megiddo, entrambe all’interno dei territori di Israele: come noto, il trasferimento di persone arrestate / detenute / imprigionate dai territori occupati al territorio dell’occupante viola il diritto internazionale, in particolare la Quarta Convenzione di Ginevra.
Ogni ragazzo ha riferito di essere stato torturato, tenuto in isolamento fino a due settimane, picchiato da soldati e dal personale della prigione. Ai ragazzi sono state concesse solo visite molto limitate sia con le famiglie che con gli avvocati. Ogni udienza cui sono stati esposti è stata chiusa agli osservatori esterni, e la prima è avvenuta solo dopo un anno mezzo dal loro incarceramento.
Una prova teribile per questi ragazzi e per le loro famiglie.
Le chiedo di partecipare alla prossima udienza in tribunale, poiché la sua presenza in qualità di osservatore internazionale farà in modo che questi ragazzi ricevano un processo equo nei limiti consentiti da un aberrante sistema giudiziario militare.
Mi auguro che voglia rassicurarmi garantendomi la Sua risposta positiva.
Se avesse bisogno di maggiori informazioni sull’udienza, La prego di inviare un’e-mail al team della campagna Hares Boys: haresboys@gmail.com. In alternativa, si prega di dare un’occhiata al resoconto dettagliato del loro caso a questo sito on-line: http://haresboys.wordpress.com/
Cordiali saluti,
nome, cognome, cap, città, stato