“La forma migliore di liberarci è disporre di energia nucleare a fini pacifici,” ha dichiarato il 2 ottobre a La Paz il Presidente boliviano Evo Morales, annunciando che la zona alta intorno alla capitale sarà la sede della nuova industria nucleare.
Nel marzo scorso, informati della possibilità che la Bolivia intendeva entrare nell’ormai obsoleta era nucleare, vari esperti internazionali, organizzazioni e attivisti hanno inviato un’amichevole lettera aperta al Presidente, spiegando i pericoli di tale tecnologia e segnalando le numerose contraddizioni che lo sviluppo della forma di energia più tossica mai conosciuta dall’umanità causerebbe a un paese protettore della “Madre Terra”.
Questa lettera tuttavia non ha ricevuto risposta dal governo, mentre i successivi annunci hanno dimostrato una determinazione a procedere in tre direzioni: la costruzione di un ciclotrone per la produzione di elementi radioattivi usati in procedure mediche, come le risonanze magnetiche in grado di scoprire tumori maligni, un reattore di ricerca e un reattore nucleare. Al progetto sono stati destinati due miliardi di dollari.
Questi allarmanti sviluppi stanno generando una risposta della società civile: si sono organizzate riunioni e conferenze per sensibilizzare i cittadini boliviani nei riguardi di questo progetto, il 6 novembre si è tenuto a Cochabamba un evento pubblico e un altro è previsto per il 21 novembre a Santa Cruz. L’intento fondamentale è quello di aprire il dibattito sul tema e cominciare a mobilitare l’opinione pubblica.
Secondo Julio Lumbreras del “Club Boliviano di Intenzioni Umaniste”, che ha partecipato all’organizzazione dell’evento di Cochabamba, ci sono molti aspetti preoccupanti.
“La produzione di elettricità dall’energia nucleare non ha senso, perché già ora la Bolivia produce energia sufficiente per le sue necessità. Il governo pare quindi interessato all’esportazione di energia in Argentina, Cile o Brasile, ma attualmente il 99% del potenziale idroelettrico del paese non viene sfruttato.
Non abbiamo la qualificazione scientifica né la capacità tecnica per sviluppare questo progetto; se vogliamo contare su personale dotato di una formazione adeguata tutto questo richiederà oltre vent’anni.
In quanto all’uranio arricchito, non è sicuro che la Bolivia possieda riserve sufficienti, a parte il fatto che non disponiamo della tecnologia per arricchirlo.
Sviluppare energia nucleare sarebbe incostituzionale, perché l’articolo 344 della Costituzione proibisce espressamente, “l’interramento, il transito e il deposito di scorie nucleari e rifiuti tossici” in qualsiasi punto del territorio boliviano.
Ancora più preoccupante risulta l’osservazione fatta dai nostri contatti internazionali del movimento anti-nucleare, secondo i quali 2 miliardi di dollari non saranno neanche lontanamente sufficienti per costruire una centrale nucleare; potrebbero bastare per un reattore di ricerca, ma il costo più esatto potrebbe arrivare agli 8-10 miliardi di dollari.”
Oltre a queste inquietudini, gli accademici sottolineano il problema delle grandi quantità di acqua richieste per il mantenimento di una centrale; visto che la località proposta si trova in una regione del paese spesso colpita da siccità, pare realmente assurdo continuare.
Il nuovo movimento anti-nucleare è già attivo su Facebook. Il gruppo “NO a La Energía Nuclear en Bolivia” ha già oltre 4.200 mi piace e comincia a circolare molta informazione.
“Siamo preoccupati per la mancanza di trasparenza di questo progetto e per la forma in cui sta operando la macchina propagandistica del governo, usando fondi pubblici per fini di proselitismo” dice Lumbreras. “A Cochabamba abbiamo concluso che era necessario lanciare una forte campagna di sensibilizzazione, puntando alla base sociale, al mondo accademico e all’ambito internazionale.”
Il progetto è già in moto, con un primo forum per studiare e analizzare le conseguenze dell’energia nucleare per la Bolivia, che si terrà il 17 gennaio 2015 vicino a Cochabamba, a cui sono invitati tutti gli interessati, del paese e dall’estero.
“Stiamo invitando tutti a partecipare e ad aiutarci a formare commissioni che definiscano le proposte e le iniziative per poter organizzare un forum molto più grande in marzo,” conclude Lumbreras.
Traduzione dallo spagnolo di Anna Polo