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Decine di migliaia di manifestanti hanno invaso le strade di Città del Messico, chiedendo il ritorno dei 43 studenti scomparsi oltre un mese fa, con la speranza che l’arresto di sospetti chiave porti a delle risposte. I manifestanti hanno gridato lo slogan “li hanno presi vivi, li rivogliamo vivi”, mostrando un grande striscione con le immagini dei 43 studenti universitari desaparecidos. La loro scomparsa ha attirato l’attenzione e l’indignazione della comunità internazionale e si è trasformata in una vera e propria crisi per il presidente Enrique Peña Nieto.
Una svolta sembra essere arrivata con l’arresto dell’ex sindaco della città meridionale di Iguala, la località di montagna in cui si è svolta “la strage di Ayotzinapa”, in riferimento alla scuola da cui provenivano i manifestanti. L’ex primo cittadino Jose Luis Abarca, e sua moglie Maria De Los Angeles Pineda Villa, sono stati arrestati martedì in un quartiere di Città del Messico come i principali sospettati nel caso. I pubblici ministeri accusano il sindaco e sua moglie di aver scatenato contro gli studenti una banda di poliziotti e di sicari armati, per evitare che contestassero un loro comizio. La notte del terrore ha lasciato sei morti e 43 studenti dispersi.
Secondo le cronache i due sono conosciuti come la “Coppia Imperiale”: lui è emerso nella politica ai danni di avversari quasi tutti uccisi in circostanze sospette; lei è la sorella di due narcotrafficanti ormai morti e legati al clan dei “Guerreros Unidos”, una banda che si crede abbia conquistato l’esclusiva per portare la droga messicana a Chicago. La loro cattura ha fatto sperare di poter ottenere indizi concreti su dove si trovano gli studenti, quasi sei settimane dopo che sono stati attaccati dagli agenti di polizia di Iguala legati alla banda “Guerreros Unidos”.
Secondo Al-Jazeera, l’inchiesta ha condotto le autorità ad una dozzina di fosse comuni contenenti 38 corpi, aumentando i timori di un tragico finale. I funzionari dicono che le analisi preliminari del DNA hanno dimostrato che almeno 28 di quei corpi non corrispondono agli studenti, ma i loro parenti non si fidano del governo e vogliono esperti forensi argentini indipendenti per dare l’ultima parola. Alejandro Hope, un esperto di sicurezza ed ex ufficiale dei servizi segreti, ha detto che lo scenario più probabile è che gli studenti sono stati uccisi. «Perché dovrebbero tenere 43 persone per 40 giorni senza chiedere un riscatto? Non ha senso», ha detto all’agenzia di informazione AFP.
Intanto i difensori dei diritti umani sono in attesa di vedere se la scomparsa di massa degli studenti di Iguala potrebbe costringere il governo ad affrontare il vuoto giudiziario che sta mettendo a repentaglio l’immagine del Paese.
Nel frattempo le forze di sicurezza supportate da droni e da imbarcazioni stanno setacciando le città, le montagne e i fiumi intorno ad Iguala, a 200 km a sud di Città del Messico.
Fonti: Stampa/Al-Jazeera/Agenzie