Come attivisti impegnati da oltre dieci anni per la riforma della legge sull’immigrazione, ciò che ha fatto ora il Presidente Obama è quello che volevamo facesse quando è stato eletto nel 2008. Invece ha deciso di lavorare con i repubblicani per una “progressiva riforma dell’immigrazione”, che nel corso degli anni ha attraversato fasi diverse nel tentativo di negoziare tra due diverse concezioni politiche. In questo periodo l’amministrazione ha deportato circa 4 milioni di persone. Nel 2013 era ormai chiaro che il Congresso non aveva la minima intenzione di approvare una riforma della legge sull’immigrazione e molti di noi hanno perso ogni speranza.
Giovedì 20 novembre 2014 il presidente ha firmato un ordine esecutivo per fermare la deportazione di circa 5 milioni di persone, proteggendo famiglie con figli che sono cittadini americani e giovani senza documenti arrivati negli Stati Uniti prima del 2010 e assicurando loro un permesso di lavoro. Questo tipo di ordine può essere temporaneo e non ha lo stesso potere di una legge, ma darà comunque un po’ di respiro a famiglie del tutto inermi, trattate per decenni come pedine nei giochi politici.
Nelle elezioni di novembre i democratici hanno perso lo slancio e non sono riusciti a mobilitare la loro base giovanile perché andasse a votare, dando spazio ai repubblicani, che da gennaio controlleranno entrambe le camere del Congresso con la più ampia maggioranza da quasi un secolo.
Naturalmente i repubblicani hanno subito annunciato che revocheranno la riforma della sanità, la cosiddetta Obamacare, che ha richiesto quattro anni e tutto il peso del capitale politico di Obama per essere approvata. Ora si trovano davanti a una sfida impossibile: come contrastare sia l’Obamacare che l’ordine esecutivo sull’immigrazione e avanzare politicamente l’anno prossimo, adesso che hanno il controllo di entrambe le camere. Le prossime elezioni, nel 2016, saranno quelle presidenziali; forse la campagna elettorale è già cominciata.
Traduzione dall’inglese di Anna Polo