Arrivano le trivelle al largo della costa delle province di Caltanissetta, Agrigento e Ragusa, nonostante la ferma opposizione dei territori. È stato pubblicato il decreto del Ministero dello Sviluppo Economico con cui viene data la prima concessione di coltivazione di idrocarburi nel Canale di Sicilia, per un’area di oltre 145 chilometri quadrati e per una durata di vent’anni.
Si tratta della concessione G. C1-.AG, relativa al progetto “Offshore Ibleo” di ENI e EDISON, che prevede ben otto pozzi, di cui due “esplorativi”, una piattaforma e vari gasdotti, i cui lavori dovrebbero iniziare entro un anno. Contro il parere positivo dato dal Ministero dell’Ambiente a questo progetto, Greenpeace insieme a ben cinque amministrazioni comunali, ANCI Sicilia, associazioni ambientaliste, della pesca e del turismo aveva fatto ricorso al TAR del Lazio meno di due mesi fa, e i suoi attivisti avevano protestato rimanendo più di trenta ora sulla piattaforma Prezioso, al largo di Licata (Agrigento).
“Questa autorizzazione è un chiaro segnale che il Ministero dello Sviluppo non intende prendere in alcuna considerazione la volontà del territorio, ma solo favorire gli interessi delle grandi compagnie petrolifere. – afferma Giorgia Monti, responsabile della campagna mare di Greenpeace – Con il nostro ricorso al TAR abbiamo mostrato che la compatibilità ambientale a questo progetto è stata concessa con valutazioni carenti e inaccettabili. Proseguire nell’iter autorizzativo è da irresponsabili. Faremo ricorso anche contro questo nuovo provvedimento e invitiamo tutti coloro che sono interessati a fermare le trivellazioni a unirsi a noi. È necessario che il territorio si mobiliti”.
Ci troviamo in un momento particolarmente critico. Si stanno moltiplicando le richieste di ricerca e estrazione nel Canale di Sicilia, e in altri mari italiani, con la recente conversione in legge del decreto Sblocca Italia, il cui articolo 38 spiana la strada ai petrolieri. L’impatto ambientale sarebbe devastante in aree come il Canale di Sicilia che la comunità internazionale ha identificato come vulnerabile e meritevole di speciale tutela e recenti studi dell’ISPRA hanno identificato come area di inestimabile biodiversità e sede di pericolosi fenomeni di vulcanesimo. Danneggiando il mare questo tipo di sviluppo favorirebbe solo chi estrae idrocarburi, mettendo invece a serio rischio le economie locali dalla pesca al turismo, a fronte di benefici minimi in termini di occupazioni, erario e fabbisogni energetici.
La Sicilia non è disposta a subire, come dimostrano le recenti iniziative promosse da Greenpeace e sottoscritte da diverse amministrazioni e associazioni locali, dal ricorso al TAR contro questo progetto alle diffide inviate alla Commissione VIA contro i progetti di ricerca della Schlumberger Italiana nel Canale di Sicilia. Il governatore Rosario Crocetta sembra ormai rimasto il solo a sponsorizzare questa strategia insensata. Sono già una ventina i comuni che hanno deliberato per chiedere al governo regionale di impugnare l’art. 38 dello Sblocca Italia per incostituzionalità e fermare così le trivellazioni. Speriamo che sempre più amministrazioni accolgano l’invito lanciato da ANCI Sicilia dalla nostra nave Rainbow Warrior a settembre.