Signor Presidente, in questi giorni si fa un gran parlare di case popolari e se ne parla per gli sgomberi e gli incidenti accaduti, ma chi conosce la città e soprattutto i quartieri popolari non si è meravigliato di questa esplosione.
Sì, perché lo sappiamo da anni che la situazione abitativa in città è esplosiva.
Dopo vent’anni di centrodestra sia in Comune che in Regione ci ritroviamo con un’Aler allo sfascio e i quartieri popolari degradati sia per l’incuria che per il racket che risolve con il sopruso e la violenza un problema reale. Ma, come scrive “Libera Lombardia” in un suo comunicato: “Il problema abitativo non si risolve con gli sfratti. Se c’è un diritto elementare questo è una casa dove poter vivere dignitosamente”. E sempre Libera scrive: “Anni di incuria e di abbandono, insieme a norme disastrose come la legge n. 27 del 2009, sono certo lunghi da recuperare, eppure bisogna pur cominciare a ricostruire una politica degli alloggi pubblici cha valorizzi il patrimonio collettivo (invece di dismetterlo), riconosca i diritti, persegua il racket, riqualifichi gli stabili e aiuti i cittadini a farsi parte attiva della vivibilità dei quartieri”.
Della vivibilità e soprattutto invivibilità dei quartieri popolari aveva fatto un quadro allarmante un ampio documento del Comitato Molise Calvairate che faceva anche delle proposte precise. Documento a cui però dopo più di tre anni non è stata data risposta.
E a proposito di racket, che gli sgomberi dovrebbero sconfiggere, in questi giorni è circolata una riflessione di Carlo Alberto dalla Chiesa che dichiarava: “Finché lo stato non dà come diritto ciò che le mafie danno come favore non si sconfiggerà la mafia”.
E noi continuiamo a pensare che la casa sia un diritto.
Dopo alcuni giorni di sgomberi c’è stato un tavolo di Comune e sindacati inquilini con il prefetto, dove si è dichiarata la necessità di una correzione di rotta, nella consapevolezza che una politica degli sgomberi non porta lontano.
Attendendo una vera correzione di rotta forse è utile ricordare i dati relativi agli alloggi pubblici in alcuni paesi europei. In Francia sono il 20% delle abitazioni, mentre in Danimarca addirittura il 35%. In Italia vanno dal 3 al 4 %.
Milano è stata per anni la città italiana con il maggiore patrimonio di edilizia pubblica, forse perché la grande borghesia di un tempo aveva compreso che dando dignità ai ceti popolari la città sarebbe stata più vivibile per tutti.
Per tutti i motivi esposti rinnovo la richiesta fatta parecchi mesi fa in un incontro tra tutti i gruppi e le forze politiche di maggioranza affinché il grosso delle risorse comunali fosse investito nei quartieri popolari. Non ci può essere conflitto tra chi ha una casa più o meno degradata e chi non ce l’ha. Questa guerra tra gli ultimi e i penultimi è assurda e pericolosa.
Spero davvero che la mia amministrazione sappia far propri i bisogni di quei ceti, che già colpiti dalla disoccupazione o dalla precarietà, non devono subire le politiche internazionali ma anche nazionali che stanno portando i ricchi a essere sempre più ricchi e i poveri più poveri.