In occasione della tornata elettorale in Tunisia e dei risultati ufficializzati recentemente, abbiamo intervistato Bodo Lieberam, Direttore Generale di MicroCred Tunisie, operatore del settore del microcredito a livello internazionale e presente da alcuni anni nel paese.
Le elezioni tunisine hanno visto la vittoria del partito laico Nidaa Tounès e il netto calo del partito islamico Ennhadha. Quali saranno a vostro avviso le principali conseguenze di questa scelta del popolo tunisino sia per la vita politica che per quella economica e sociale?
Nelle vesti di Direttore Generale di una società straniera sono contento dei risultati di queste elezioni. Ha votato il 60% della popolazione ed ha votato per la via democratica. Non ci sono stati attentati o incidenti in occasione del voto e la Tunisia ha dimostrato di volere intraprendere il cammino progressista e quello di una più stretta relazione con l’Europa e con altri partner. Credo, però, che sia importante coinvolgere anche Ennhadha nella formazione governativa. Hanno ottenuto 69 seggi e sarebbero meno propositivi all’opposizione rispetto al contributo che potrebbero dare se integrassero il governo. Sono convinto comunque che la scelta popolare sia la migliore possibile affinché la Tunisia cresca e si evolva in ogni ambito.
Negli ultimi anni avete lavorato in Tunisia proprio durante un’epoca di grossi cambiamenti e sconvolgimenti, qual è la situazione oggi dal vostro punto di vista?
La maggior parte dei tunisini era molto contenta della “rivoluzione”, ma non era pronta né preparata a vivere il post primavera araba. La Tunisia era come quell’adolescente che lascia la casa dei genitori senza sapere veramente come si vive da soli. C’è stato molto disordine nell’amministrazione pubblica e tutto andava a rilento. Dopo quasi quattro anni, il paese è più maturo e ha imparato come gestire le cose più autonomamente. Del resto i tunisini hanno assistito a ciò che è accaduto in Egitto dove in breve il paese si è trasformato in un caos ingestibile dopo la rivolta e dove, alla fine, i leader hanno deciso di abbandonare il cammino precedentemente intrapreso. In Tunisia esiste una volontà molto forte da parte dei progressisti e del partito islamico di dialogare per trovare delle soluzioni condivise evitando quanto accaduto in Egitto. Questo dialogo sembra portare a dei frutti e l’esito delle elezioni ne sono una prova. Adesso intravedo un avvenire promettente per questo paese.
Ci sarà una volontà concreta dei nuovi governanti di mettere in piedi delle misure capaci di creare delle solide basi che possano migliorare il contesto sociale e economico della Tunisia?
La volontà esiste certamente. I leader sono coscienti dei problemi del paese, come per esempio la disoccupazione giovanile, e desiderano realmente migliorare la situazione. Ma è evidente che non esistano delle soluzioni magiche e che ci vorrà del tempo per mostrare dei risultati concreti. Sono però fiducioso sul fatto che le differenti iniziative, una tra queste, per esempio, l’apertura alla microfinanza, possano avere un impatto positivo a medio termine sia socialmente che economicamente.
Lei si occupa di microcredito in Tunisia, come del resto in altri paesi africani e asiatici. La vostra missione e i vostri obiettivi sono quelli di migliorare le condizioni di vita delle persone escluse dai circuiti bancari e finanziari e di lottare contro la povertà. Qual è la situazione in Tunisia?
Il principale problema è la disoccupazione dei giovani soprattutto nelle zone svantaggiate dell’interno del paese. Si stima che dopo la rivoluzione il tasso di disoccupazione dei giovani diplomati sia cresciuto vertiginosamente per attestarsi oltre il 30% mentre in alcune regioni giunge sino a quasi il 50%. Si stima inoltre che circa il 15% della popolazione (1,6 milioni di tunisini, fonte Banque Africaine de Développement) si trovi al di sotto la soglia della povertà. Per quello MicroCred offre l’opportunità di trovare delle soluzioni, forma i beneficiari, li accompagna e li finanzia al fine di creare delle attività imprenditoriali; si tratta di un programma specifico che non proponiamo in altri paesi. Costatiamo, però, che spesso i giovani non hanno una reale volontà di fuoriuscire dallo status quo. Il loro sogno è piuttosto quello di essere assunti dalla Stato e avere una vita tranquilla e sicura, più che lanciarsi in un proprio business e correre dei rischi. Il nostro ruolo è dunque anche quello di promuovere l’imprenditorialità tra la popolazione. La cultura imprenditoriale non è ancora così sviluppata in Tunisia così come in altri paesi del mondo arabo, eccezion fatta per il Libano.
Come occidentale e come operatore del settore del microcredito, come avete vissuto il post primavera araba?
Sono arrivato in Tunisia dopo il 14 gennaio del 2011. Ho vissuto il periodo post “rivoluzione” che ha generato tante aspettative e tanta speranza, ma anche molto disordine. Dopo qualche tempo da allora, ho ascoltato abbastanza spesso la frase: “era meglio prima”. Nell’epoca di Ben Ali forse questo era vero per quanto riguarda la sicurezza fisica. Successivamente si è vissuto un periodo di regresso durante il quale in molti hanno perso beni e privilegi e in cui il peggioramento della situazione economica, sebbene oggi la situazione sia migliorata lievemente, ha portato a uno stato di ulteriore degrado sociale.
Per terminare, i risultati delle elezioni tunisine potrebbero avere un’influenza sul resto del mondo arabo che oggi più che mai è in pieno fermento? Qual è la vostra visione al riguardo dell’avvenire politico e economico in tutta la regione araba?
Spero di si. Al momento la Tunisia è l’unico paese del mondo arabo che ha intrapreso il cammino della democrazia riuscendo a riunire le differenti forze politiche. Adesso gli altri paesi hanno l’opportunità di osservare quanto accaduto in Tunisia e riflettere se tale cammino non sia perseguibile anche per loro. E’ evidente però che al momento sembri difficile che possa accadere. Tutto dipende dalla volontà dei diversi movimenti politici di dialogare e arrivare a un accordo. In Tunisia sembrerebbe un punto smarcato mentre altrove sembra essere un ostacolo molto più difficile da oltrepassare. Ciò nonostante il caso Tunisia che ha creato una nuova Costituzione, che ha dato prova di potere garantire delle elezioni democratiche, mostra che si può fare e dovrebbe rappresentare una speranza per gli altri paesi dell’intera regione araba.