foto: Radio Vaticana web
Colpi d’arma pesante si sono fatti sentire alla prime ore del giorni nei quartieri del Pk4 e Pk5 a Bangui, mentre era in corso una manifestazione davanti alla sede della Missione di stabilizzazione delle Nazioni Unite in Centrafrica (Miunsuca). A margine della protesta organizzata per denunciare il linciaggio di un giovane musulmano nel quartiere di Gobongo (quarta circoscrizione), avvenuto ieri, gruppi di manifestanti hanno saccheggiato e distrutto diversi negozi. Il corteo è stato disperso dai caschi blu con gas lacrimogeni. Inoltre sempre nella capitale uno sciopero indetto dai conducenti di taxi, dopo l’uccisione di un loro collega, sta paralizzando il traffico. Anche la scorsa settimana la capitale è stata teatro di aggressioni a mano armata, tentati furti e scontri violenti al Km5, a maggioranza musulmana. L’ondata di disordini è stata attribuita da alcune fonti a “comuni criminali” e da altre a “esponenti delle milizie Anti-Balaka”.
Il riaccendersi delle violenze a Bangui coincide con un momento politico di rinnovate tensioni e incertezze. In teoria scade questa sera l’ultimatum lanciato dal leader di un’alla delle milizie Anti-Balaka, Pierre Edouard Ngaissona, che tre giorni fa ha chiesto le dimissioni del presidente Catherine Samba-Panza e del primo ministro Mahamat Kamoun. Ai due dirigenti della transizione viene rimproverato “il perdurare della situazione caotica”, “il mancato rilascio di alcuni prigionieri Anti-Balaka” e una “gestione errata degli aiuti esterni”. Complicando ulteriormente uno scenario politico già difficile, Ngaissona ha dato 72 ore di tempo ai due ministri Anti-Balaka per ritirarsi dal governo prima di “essere considerati nemici del popolo”. Elezioni generali in agenda per il prossimo febbraio sono destinate a slittare, prolungando ulteriormente la transizione iniziata dopo il colpo di stato del 2013.
Intanto la Samba-Panza continua ad essere al centro di sospetti e accuse di corruzione nella gestione di 10 milioni di dollari di aiuti sbloccati dal presidente dell’Angola Eduardo dos Santos. Di ritorno da un viaggio negli Stati Uniti, la presidente di transizione ha respinto ogni addebito, sottolineando che i fondi angolani “vengono utilizzati per garantire la sicurezza del paese e difendere la nostra linea politica”.
D’altra parte l’Alto consiglio della comunicazione di transizione (Hcct), istituito un mese fa, ha sospeso due quotidiani locali – Transparency e Libre Opinion – accusati di “istigazione all’odio e alla rivolta”.