Atene, disoccupati in fila davanti a una sede dell’Ufficio Nazionale di Collocamento per ricevere un sussidio.
Nella Grecia sconvolta dalla crisi aumenta il numero di iniziative sociali che prestano aiuto ai tre quinti della popolazione a rischio povertà. La Banca degli Inquilini, che cerca alloggi per chi non può permettersi un affitto, è l’ultima iniziativa dell’organizzazione Solidarietà per Tutti.
Di Clara Palma Hermann per eldiario.es
La Banca degli Inquilini, un’iniziativa di Solidarietà per Tutti insieme a vari movimenti sociali greci, è salita agli onori della cronaca ancor prima di essere pienamente operativa. Negli ultimi due anni le “cucine collettive”, le cliniche e le farmacie sociali organizzate da diverse assemblee di quartiere si sono moltiplicate e hanno perfezionato il loro funzionamento; Solidarietà per Tutti, un’organizzazione che funziona come coordinamento, segue oltre 150 progetti solo nella regione dell’Attica. Tuttavia è la prima volta che questo modello solidale viene applicato al problema di chi ha bisogno di un tetto sotto cui ripararsi.
Come spiega Tonia, la responsabile del tema casa del coordinamento, esistono molti appartamenti vuoti, nonostante negli ultimi anni i prezzi siano crollati. Per una casa di circa 70 metri quadrati, la tassa sulla proprietà prevede 70 euro ogni due mesi, ai quali ne vanno aggiunti altri 30 o 40 di contributi municipali per evitare l’insolvenza nel pagamento della bolletta della luce e la tassa sulla televisione pubblica. La quota per la comunità di vicini rappresenta un’altra spesa fissa che si deve pagare anche se l’immobile è vuoto.
Questi alloggi sono un peso per il proprietario, che spesso si trova in una situazione economica precaria. L’ammontare dell’affitto basta appena a coprire le spese.
D’altra parte, molte persone sono rimaste senza casa per l’impossibilità di pagare l’affitto, anche se gli sfratti non costituiscono un problema drammatico come in Spagna. In Grecia la prima casa dei cittadini indebitati con le banche o l’amministrazione è protetta dal pignoramento dalla legge Katseli.
Negli ultimi anni il governo, sottoposto alle pressioni della Troika, ha annunciato più volte l’intenzione di non prorogarla, ma finora non ha osato prendere questo provvedimento e il blocco degli sfratti rimane.
Davanti a questa situazione, gli attivisti hanno cominciato a creare una rete per alloggiare in case vuote i senzatetto. “Abbiamo ricevuto telefonate di gente che offre i suoi appartamenti a chi può farsi carico dei costi, senza pagare un affitto, però non abbiamo ancora elaborato un modello più sistematico”, spiega Tonia. Molte persone che vorrebbero unirsi a questa iniziativa temono che un disoccupato non possa farsi carico della bolletta della luce e delle tasse e che sparisca lasciandole ancora più indebitate.
Solidarietà per Tutti, spiega l’attivista, si finanzia con donazioni e non può pagare queste spese se non in casi estremi, come quello di Katerina. Con una grave disabilità e un figlio disoccupato, questa donna è stata sfrattata a Nicea, uno dei sobborghi ateniesi più colpiti dalla crisi, per un ritardo nel pagamento dell’affitto. Un movimento di gente del quartiere le ha trovato una casa e al momento si fa carico delle spese di mantenimento, che arrivano a 200 euro al mese, però questo modello non è praticabile.
“Una volta risolti i problemi, quando cominceremo a fare una vera campagna riceveremo moltissime offerte”, prevede Tonia. “La soluzione ideale sarebbe poter contare sulla collaborazione dei comuni, che potrebbero fare da garanti, o esonerare questi alloggi dal pagamento di certe tasse. In alcuni comuni governati dalla sinistra si stanno studiando iniziative di questo tipo”. La più avanzata riguarda Nea Ionia, dove l’amministrazione locale ha creato una rete di interscambio di appartamenti, facendo da garante per gli inquilini nel caso che a un certo momento non possano sostenere le spese di mantenimento.
Aumento della povertà
Il mese scorso un rapporto della fondazione tedesca Bertelsmann collocava la Grecia all’ultimo posto in Europa in materia di giustizia sociale. Dei sei indicatori presi in considerazione, il paese ellenico era in fondo ai 29 paesi in quattro: accesso all’educazione e al mercato del lavoro, coesione sociale e non discriminazione e uguaglianza tra generazioni. Allo stesso tempo, l’Ufficio del Bilancio Statale del Parlamento lanciava una bomba: secondo uno studio, 3 greci su 5 (ossia 2 milioni e mezzo di persone) vivono attualmente sotto la soglia di povertà e altri 3,8 milioni rischiano di finire nella stessa condizione.
Per Yannis, uno dei coordinatori della rete di attivisti, l’unica risorsa che si può utilizzare è la solidarietà. “Cerchiamo di fare in modo che la gente si svegli e passi dal capitalismo alla collettività. Come società così ci opponiamo alla crisi e resistiamo ai “salvataggi”, all’austerità e al neoliberismo”. La funzione di Solidarietà per Tutti è collegare i diversi Centri di Solidarietà locali e mettere in moto nuove iniziative dove c’è una necessità insoddisfatta.
“Per esempio, qualcuno ci chiama per chiedere aiuto e noi lo mandiamo al Centro di Solidarietà del suo quartiere, dove può ricevere cibo e cure mediche. Se questa persona è, per dire, un professore, può collaborare dando ripetizioni agli studenti, o aiutando a preparare materiale scolastico, che poi viene distribuito nei quartieri”.
Alcuni Centri di Solidarietà gestiscono le cosiddette “cucine collettive”, sorte spesso dai movimenti senza intermediari. Mettono in contatto diretto i coltivatori con il consumatore finale, riducendo i costi. Alcune cucine di quartiere raggruppano vari prodotti e li distribuiscono diverse volte al mese alle famiglie senza mezzi, mentre altri li usano per preparare ogni giorno pranzo e cena per varie decine di persone.
Altri Centri di Solidarietà si occupano anche delle problematiche educative. Anche se le università sono ancora gratuite in Grecia, senza una preparazione complementare risulta molto difficile superare la selezione iniziale. Per questo sindacati e organizzazioni di professori, studenti e genitori di alunni organizzano in alcuni quartieri corsi di sostegno gratuiti. In questo ambito si sviluppano anche progetti culturali, tra cui vari teatri o iniziative come il Conservatorio Sociale, che tiene corsi gratuiti di musica a 120 allievi.
Altri progetti simili, promossi da organizzazioni di avvocati, assistono quelli che non riescono a pagare i debiti con le banche o hanno problemi lavorativi e anche immigrati e rifugiati.
Cliniche e farmacie
Una delle iniziative che negli ultimi anni ha avuto maggiore visibilità riguarda le cliniche e farmacie sociali. Dal 2011 e 2012 sono sorte ovunque per occuparsi del crescente numero di cittadini senza accesso alla sanità pubblica – che si perde dopo un anno di disoccupazione. Nonostante non ci siano cifre precise, in aprile lo stesso Ministero della Sanità calcolava una percentuale di “non assicurati” intorno al 20% della popolazione, mentre per fonti del settore questi potrebbero essere fino a tre milioni.
Alcune di queste cliniche sociali sono gestire dalle ONG o dalla Chiesa, mentre altre sono state promosse direttamente dalle assemblee di quartiere. Fondate da pochi volontari, alcune oggi funzionano grazie all’impegno di 150 persone, come nel caso di Ellinikó-Argirúpoli, ad Atene. La clinica sociale di Salonicco assiste circa 6.000 pazienti in un anno, un numero che va crescendo e che nonostante tutto è come una goccia nel mare.
“Le medicine vengono fornite dalla gente del quartiere e i medici sono volontari che vivono nella zona,” spiegano gli organizzatori del Centro Sanitario Auto-organizzato di Exarjia, che preferiscono restare anonimi. La clinica di questo quartiere ateniese, famoso per la sua tradizione di contestazioni, si trova all’interno del K-Vox, un centro sociale occupato che funziona da circa due anni.
“Ogni settimana passano da 15 a 20 persone per le visite mediche e altre 10 -15 per incontro con gli psicologi” calcolano i membri dell’assemblea. Nel loro manifesto, sottolineano la decisione di rifiutare qualsiasi tipo di collaborazione con amministrazioni, ONG o partiti politici. Tre giorni alla settimana sono presenti al centro un medico generico che è anche radiologo e uno psicologo infantile, mentre ricevono per appuntamento uno psicologo, un pediatra, un ginecologo, un oculista, un fisioterapista e un logoterapista.
“Crediamo che le strutture sanitarie auto-gestite non siano solo una risposta ai problemi delle cure mediche, riempiendo il vuoto lasciato dallo Stato”, afferma il manifesto del collettivo.“Quello che realizziamo nella pratica riflette il modo in cui ci piacerebbe venisse gestita la sanità nella società che abbiamo in mente, una società di vera solidarietà e umanità.”
Traduzione dallo spagnolo di Anna Polo