Il voto avvenuto ieri nella Commissioni di Camera e Senato, pur rispettando la forma della legge, configura una scelta sbagliata e politicamente grave. Confermiamo la nostra posizione: la responsabilità di proteggere le popolazioni minacciate del Nord dell’Iraq non si esercita fornendo armi alle forze armate curde o irachene ma creando le condizioni per interventi di pace.
Rete Italiana per il Disarmo chiede comunque al Governo massima trasparenza sul tipo e la quantità di questa fornitura d’armi ed eserciterà tutte le pressioni in tal senso anche sul Parlamento, nel rispetto della legge 185/90 e del suo spirito.
Il voto avvenuto ieri nelle Commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato per l’invio di armi dall’Italia alla milizia curda è valutato negativamente da Rete Italiana per il Disarmo. Con sorpresa e disappunto apprendiamo che per il nostro Governo la politica estera, nei confronti di una situazione drammatica, si fa solo con invio dei armi e non con azioni forti umanitarie a difesa delle popolazioni. La nostra Rete conferma la posizione già espressa verso un no all’invio di armi in Iraq, in particolare se derivanti da depositi segreti.
ll fatto che siano avvenuti in Parlamento i passaggi formali di copertura politica con una consultazione delle Camere, seppur solo in Commissione, rende ai nostri occhi ancor più grave e preoccupante la decisione politica assunta: per la prima volta in trent’anni l’Italia decide di inviare armi ad un paese in conflitto e lo giustifica sulla base della richiesta del governo locale e del via libera da parte dell’UE. Si tratta – come spiegato dal Min. Pinotti – in gran parte di armi in disuso o di armi sequestrate a trafficanti che avrebbero dovuto essere distrutte. Si immettono così sulla piazza armi facili da smerciare e possono alimentare il mercato illegale: e questo in una regione dove già la gran parte delle armi proviene da traffici illeciti.
Alcune delle armi che verranno inviate derivano da un sequestro della magistratura, che ha poi portato ad un ordine di distruzione mai reso operativo: chiediamo perciò che venga subito aperta un’inchiesta parlamentare considerato che una parte di quelle armi pare sia stata inviata nel 2011 agli insorti di Bengasi apponendo da parte dell’allora governo in carica (Berlusconi IV) il segreto di stato”.
Saremo quindi pronti a verificare ogni passaggio di questa consegna e chiediamo formalmente al Governo un incontro per valutare nella massima trasparenza l’intera operazione, per allinearla allo spirito della legge 185/90 e del Trattato Internazionale sul Commercio di Armi che il nostro Paese ha ratificato lo scorso anno con voto parlamentare unanime. Questa decisione ci spinge inoltre a reiterare la nostra richiesta di un incontro con il Governo sulla legge 185/90 che regola export d’armi. Da anni denunciamo una sempre minore trasparenza – per come i dati sono esposti – confermata anche nella recente pubblicazione della Relazione relativa all’anno 2013. Riteniamo gravissimo inoltre che il Parlamento da sei anni non discuta questo documento, che dovrebbe invece fornire elementi fondamentali per la nostra politica estera.
Tutte queste nostre richieste e prese di posizioni verranno rilanciate dalla nostra Rete nel corso della manifestazione “Un passo di Pace” in programma a Firenze per il prossimo 21 settembre.
Le richieste di questi giorni della Rete Disarmo (valide nonostante il voto di ieri)
Al Governo
Al Parlamento
Alle associazioni
3. Collaborare per predisporre misure di assistenza umanitaria e interventi civili di pace, non armati e nonviolenti, di tutela delle popolazioni locali nel nord dell’Iraq, rafforzando la società civile locale nella denuncia delle violazioni e nella costruzione di percorsi di dialogo tra etnie e comunità.