La Texaco (di cui Chevron è il successore legale) ha estratto petrolio in Ecuador come unica azienda tra il 1967 e il 1992, e ciò senza riguardo per l’ambiente né per la popolazione locale.
All’inizio esistevano due aziende, la Texaco e la Gulf Oil. Verso la metà degli anni ’70 la Gulf Oil si è ritirata. La Texaco costituì il vertice del consorzio insieme alla neonata azienda petrolifera del Governo dell’Ecuador CEPE (Corporazione Statale Petroliera Ecuadoriana). Lo stesso Ecuador all’epoca non disponeva di esperienza nello sfruttamento petrolifero su larga scala. La gestione tecnica fu quindi assunta completamente dalla Texaco. Nella penisola di Santa Elena l’Ecuador aveva una piccola raffineria con alcuni pozzi già dagli anni ’40, ma tutto era su piccola scala. E’ solo dal 1972, quando il primo barile di greggio fu portato in superficie, che l’Ecuador è terra di sfruttamento petrolifero.
Jorge Jurado ha studiato Ingegneria Energetica e di Processo presso l’Università Tecnica di Berlino. Dal 2007 al 2008 Segretario di Stato nel Ministero per l’Industria Mineraria dell’Ecuador, e dal 2008 al 2010 Ministro per le Risorse Idriche. Dal 14 marzo 2011 è Ambasciatore del suo Paese a Berlino. (Fonte Wikipedia | Foto: Tobias Baumann)
Quanto sono significativi i danni causati alla natura e agli uomini?
Il danno è stato quantificato in relazione alla superficie contaminata, che risulta da quest’estrazione ventennale dal 1972 al 1992. Tutte le attività prima del 1972 si riferiscono solo alla ricerca. Texaco ha condotto 356 trivellazioni e aperto 1000 pozzi senza copertura, in cui l’azienda riversava residui di ogni tipo, su tutti petrolio, fanghi e acqua contaminata. La bonifica di 162 di questi pozzi servì come pretesto per l’affermazione che, quando l’azienda avesse abbandonato la terra, la Texaco avrebbe realizzato una completa bonifica ambientale. Ma invece di una bonifica, questi pozzi sono stati solo riempiti di terra. Il Governo del Presidente Mahuad prese l’estrema infelice decisione di firmare un contratto di concordato sulla bonifica di questi pozzi. E’ un contratto molto irritante, in cui non si fa menzione di tutti gli altri pozzi, e lascia la situazione nello stato di fatto. Il tutto era, per dirla in modo informale, una grossa truffa, una trappola in cui cadde il Governo Mahuad.
Foto: Tobias Baumann
La Chevron-Texaco era consorziata con l’azienda statale CEPE e dal 1990 CEPE (l’odierna Petroecuador) estraeva da sola. Chevron-Texaco dà a Petroecuador l’unica, o meglio, la co-responsabilità del disastro ambientale. Qual è la responsabilità dello Stato Ecuadoriano?
Sì questo è finora il punto di vista di Chevron, una posizione inaccettabile per diversi motivi. Il consorzio era costituito con CEPE, ma la responsabilità tecnica ed esecutiva all’interno del consorzio era della sola Texaco. Essa conduceva l’estrazione petrolifera. CEPE cominciò la propria estrazione solo molti anni dopo. La responsabilità compete alla parte che fa l’estrazione e che dispone di tecnica e conoscenze. E’ interessante che la Texaco disponeva allora della conoscenza tecnica per condurre l’estrazione in modo accettabile e precisamente come facevano in California, dove esistevano precise norme a cui l’azienda doveva attenersi. L’Ecuador ha fatto il suo ingresso tra i paesi sfruttatori di petrolio nel 1972, senza le conoscenze necessarie, senza regole istituzionali e senza una chiara consapevolezza ambientale, all’epoca assente in molte parti del mondo. Le idee di protezione ambientale sono sorte e si sono sviluppate negli anni ’70. Occorre contestualizzare la questione. L’Ecuador era un paese agricolo, com’è ancora oggi, ma a quel tempo l’agricoltura era l’unica fonte di reddito. Il Governo Ecuadoriano e la popolazione avevano un forte interesse per l’estrazione petrolifera, per procurarsi i mezzi necessari all’ulteriore sviluppo del Paese. La comprensione delle cause e delle conseguenze dell’inquinamento ambientale era allora ancora agli inizi. Nel corso dei due decenni il Paese ha fatto un salto di qualità, con nuove forme di produzione, un nuovo sistema economico ec., che negli anni ’90 hanno condotto a nuove leggi di protezione ambientale e alla fondazione di nuove istituzioni, come il Ministero dell’Energia e successivamente il Ministero dell’Ambiente. Tutti questi elementi sono sorti passo passo al manifestarsi del problema con le sue conseguenze sempre più gravi.
E’ un’argomentazione troppo semplice quella che la Chevron utilizza oggi per assolversi dalle sue responsabilità. Ci sono relazioni molto chiare e se ci fosse stata una vera buona volontà da parte dell’impresa nordamericana, allora sarebbero stati utilizzati gli stessi processi e la stessa ingegneria già impiegati in California. Ma poiché allora in Ecuador non c’era vigilanza in materia, la Texaco decise per la strada business as usual, ovvero massimi profitti a spese della popolazione e dell’ambiente naturale. La situazione si presenta così chiaramente.
Sia nel processo Aguinda che nel processo Lago Agrio si tratta di cause civili delle comunità indigene danneggiate contro la Chevron-Texaco.
Si trattava infatti di un processo civile tra la compagnia Chevron-Texaco e persone fisiche, ovvero Aguinda e altre 1500 persone delle comunità indigene. Lo Stato Ecuadoriano non era coinvolto. Seguirono altri processi, ma all’inizio era solo una causa civile.
Su quale appoggio potevano contare le comunità indigene in un processo quasi ventennale?
Qui è necessario fare una distinzione temporale. Quello che voglio dire non è facile, in quanto riflette una situazione nel mio Paese, ma è la realtà. Tutti i Governi prima del 2007 hanno fatto pochi sforzi nel sostenere le comunità ecuadoriane in questa lotta “Davide contro Golia”. Quindi erano da soli con il supporto di un gruppo di avvocati nordamericani, che naturalmente avevano i loro interessi in merito. Nel sistema giudiziario americano gli studi legali sono interessati a supportare richieste di interesse collettivo (class action), visto che esiste la possibilità di acquisire rendite molto significative.
Lo Stato Ecuadoriano non poteva influenzare il processo, che era puramente civile. Tuttavia un aiuto agli interessati era possibile in molti modi. I Governi prima del 2007 erano interessati alle migliori relazioni possibili con il Governo USA e con il capitale transnazionale. Così si sono semplicemente astenuti da ogni commento e aspettato che la cosa andasse avanti senza concedere aiuto alle popolazioni colpite. Ad esempio un aiuto semplice e concreto come dare acqua potabile pulita agli abitanti delle zone contaminate.
Così il problema è stato scaricato sulle due amministrazioni comunali, che però non disponevano di alcun budget per tale programma. Non avevano né soldi per il programma di aiuti né per la sanità. Si vedeva chiaramente che non c’era volontà politica né un interesse per la situazione delle comunità indigene della zona. Solo a partire dal 2007 hanno ricevuto appoggio dal Governo Ecuadoriano. A settembre o ottobre dello stesso anno il Presidente Correa ha visitato personalmente l’area contaminata, è stato il primo membro del Governo in assoluto.
La Chevron-Texaco ha ottenuto il trasferimento del processo da New York all’Ecuador e ha dovuto come contropartita impegnarsi ad accettare il giudizio dei tribunali ecuadoriani. Anche se è passata in giudicato la condanna al pagamento di Chevron-Texaco di 9,5 miliardi di dollari, finora niente è stato versato! L’azienda ha risposto con azioni legali contro le comunità indigene colpite e con una causa contro lo Stato Ecuadoriano. Che cosa c’è da aspettarsi e quali sono le possibili conseguenze?
Allo stato attuale ci sono due controversie legali. Le richieste delle comunità indigene contro la Chevron-Texaco sono state accolte, la Chevron condannata al pagamento di 9,5 miliardi di dollari e questa condanna confermata dal Tribunale di Cassazione, il più alto grado di giudizio in Ecuador. Questa controversia è conclusa.
Il problema che ora si pone è come poter riscuotere il denaro. Come Lei ha appena citato, la Chevron-Texaco non vuole pagare. La comunità sta studiando la possibilità, in diversi Paesi, di confiscare le proprietà di Chevron e ottenere in tal modo il denaro che Chevron deve loro. Poco fa c’è stato un primo tentativo in Argentina. Una giudice argentina ha approvato una tale procedura contro la Chevron, che sfortunatamente è stata abrogata solo sette settimane dopo da un’altra giudice. Su questa decisione non voglio commentare oltre. Ma la realtà è che questo percorso, in Argentina, è definitivamente bloccato.
Il principale tentativo di costringere la Chevron a pagare è stato fatto naturalmente negli USA.
L’azione legale è stata respinta in prima istanza a New York dal giudice Lewis Kaplan. Questo processo contro la comunità danneggiata è diventato anche un processo contro lo Stato Ecuadoriano, in quanto il giudice Kaplan ha affermato di non riconoscere la giurisdizione dell’Ecuador. Questa è una decisione unica e molto irritante nel panorama giuridico: un giudice di prima istanza dice e decide che la legislazione di uno Stato Sovrano non ha validità. Così saltano tutte le norme del diritto internazionale.
Questa decisione si richiama all’idea che la condanna contro la Chevron sia stata ottenuta per mezzo di corruzione e manipolazione, anche se in merito non è stata fornita alcuna prova. Questa controversia decennale in Ecuador è stata condotta da tre giudici diversi. Il secondo giudice che, come è stato dimostrato, è oggi a libro paga della Chevron e viene protetto da Chevron e USA, ha affermato che il terzo giudice, che ha emesso l’ultima sentenza, sia stato manipolato dall’accusa (la comunità). Un giudice pagato dalla Chevron come testimone che la sentenza è stata manipolata dalle comunità indigene – un assurdo giuridico senza precedenti.
Ora la comunità sta cercando da un lato di annullare la condanna del giudice Kaplan negli USA, e dall’altro di tentare processi di pignoramento contro la Chevron in altri Paesi. Esiste una possibilità in Canada, dove un giudice ha aperto il processo.
Qui in Germania esiste un importante Comitato di solidarietà, impegnato a procurare mezzi finanziari per tenere in vita il processo e superare gli ostacoli legali che vengono frapposti dalla Chevron.
[media-credit name=”Deputata del parlamento Eva Bulling-Schröter y deputata municipale Sabine Bock” align=”alignleft” width=”292″][/media-credit]Il giudice Kaplan applica anche il Rico Act (Racketeer Influenced and Corrupt Organizations Act), una legge, introdotta dieci anni fa negli USA, per combattere specificatamente il crimine organizzato. Kaplan utilizza questa legge con l’argomentazione che dietro la sentenza ecuadoriana ci sia un’organizzazione criminale che intende danneggiare una compagnia americana, in questo caso la Chevron. Le comunità amazzoniche, che richiedono la compensazione dei danni subiti dalla Chevron per la distruzione del loro ambiente, la cui contaminazione ha causato aumento di malattie, in particolare cancro e le morti correlate, vengono dunque classificate come “organizzazioni criminali” insieme ai loro avvocati…
Per questo motivo il percorso giuridico negli USA è ostacolato, almeno in questo grado, e si cercherà di arrivare al secondo grado. Ma almeno per il momento mancano i mezzi finanziari.
E le possibili conseguenze dell’azione legale di Chevron contro l’Ecuador?
La Chevron ha intrapreso un processo di conciliazione internazionale con lo Stato dell’Ecuador.
In base al trattato bilaterale per lo sviluppo e protezione degli investimenti (Bilateral Investment Treaty, BIT), firmato da Ecuador e USA?
Esatto, l’Ecuador ha firmato il trattato per la protezione degli investimenti nel 1995, che è entrato in vigore nel 1997. Ricordiamo che la Texaco ha interrotto l’estrazione in Ecuador, e abbandonato la terra, nel 1992, quindi cinque anni prima dell’entrata in vigore. Il tribunale internazionale in prima istanza ha dato ragione alla Chevron, poiché l’Ecuador non ha dato strumenti per la risoluzione della controversia alla società Chevron-Texaco. E quindi utilizzano l’accordo in modo retroattivo, di nuovo un’interpretazione molto irritante in giurisprudenza.
La Chevron cerca di scaricare la compensazione di 9,5 miliardi di dollari sullo Stato Ecuadoriano. Ciò rappresenta una percentuale molto alta del bilancio statale e significherebbe in pratica la bancarotta dello Stato. Parliamo quindi di conseguenze molto gravi.
Quali sono gli aspetti positivi di questo verdetto contro la Chevron?
Per la prima volta si è visto che la società civile e le organizzazioni possono intraprendere e vincere un’azione legale contro un’azienda mostruosa, una delle più grandi aziende nel settore più importante del mondo, quello energetico. Chevron è il secondo complesso industriale negli USA ed è al sesto posto nel mondo. Chevron ha un bilancio maggiore rispetto all’80% degli Stati del mondo.
Questo esempio indica che le popolazioni possono organizzarsi e che, organizzate, possono ottenere qualcosa. E’ di grande valore la prova della forza della popolazione organizzata.
E addirittura anche senza mezzi finanziari…
…e con un processo durato venti anni. Quindi esistono dei modi. E’ chiaro che in questo caso ci sono state alcune circostanze favorevoli, che in altri casi potrebbero non essere date. Ma l’esempio dato dalla battaglia dell’Ecuador può servire a molte altre comunità e società, secondo me. Molte multinazionali e grandi gruppi statali conducono le loro dannose attività e commettono ingiustizie contro le popolazioni in molte parti del mondo, anche in Europa. Qui abbiamo uno dei migliori esempi da cui imparare, e di cui dobbiamo ricordarci.
Che aiu tosi augura da parte tedesca per la campagna “Mano Sucia”?
A questa domanda voglio rispondere come rappresentante ufficiale dell’Ecuador in Germania. Vogliamo che il caso Chevron raggiunga la massima visibilità anche nei più svariati settori sociali. Il Governo Federale tedesco e il Bundestag, così come a livello dei Länder dovrebbero avere conoscenza del caso e naturalmente facciamo tutto ciò che è in nostro potere per informare la società civile, affinché sorga una solidarietà con l’Ecuador. Mi riferisco a un senso di solidarietà con le comunità ecuadoriane e con la nazione stessa. Quello che oggi accade in Ecuador può colpire in qualsiasi momento un altro Paese.
Dunque è importante condurre quest’esempio a un buon esito. Anche se, dopo quarant’anni e tutto quanto è accaduto nel frattempo, non si può parlare di “lieto fine”. Questa zona dell’Amazzonia deve essere sanata e ripristinata. Ci auguriamo una conclusione che renda chiaro che gli Stati sono sovrani, che le popolazioni possiedono dei diritti e che insieme possiamo fare in modo che la cosa non si ripeta in futuro. Questo ci darebbe una certa soddisfazione!
Traduzione dal tedesco di Diego Guardiani
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Ulteriori informazioni:
La cruda realte del caso CHEVRON-TEXACO