“Lo stato innovatore” (Laterza, 2014) è un ottimo saggio di Mariana Mazzucato e prende in esame la gestione e l’evoluzione dei processi innovativi pubblici e privati (Laterza, 2014).
Le conoscenze scaturite dalla scienza di base sono fondamentali per tutte le innovazioni pubbliche e private, per cui il saggio esalta il ruolo finanziario delle grandi banche statali per lo sviluppo. In Germania, in Brasile e in Cina queste banche sono delle istituzioni statali prioritarie e “l’italiana Cassa depositi e prestiti dovrebbe seguire il loro esempio e sostenere investimenti di lungo periodo per un’innovazione “intelligente” in aree ad alto rischio e alta intensità di capitale, dove il settore privato è restio ad avventurarsi” (anche tramite commesse pubbliche e quote azionarie).
Lo stato ha sempre inciso sull’innovazione attraverso gli investimenti bellici – pensiamo alle ricerche nucleari e a Internet – e grazie alle reti universitarie e alle reti degli istituti di ricerca applicata. Però le piccole e medie innovazioni che migliorano le auto, gli elettrodomestici e tutte le varie attrezzature e prodotti sono quasi sempre il risultato della passione dell’artigiano, dell’intelligenza dell’operaio, dell’operosità di un ingegnere e dei sogni dei veri imprenditori.
Indubbiamente lo stato aiuta l’innovazione grazie agli investimenti diretti nell’istruzione, nell’università e nella ricerca, ma in quasi tutti i paesi del mondo gran parte dell’innovazione deriva indirettamente dai governi che non si oppongono alle grandi novità ideate e introdotte dalle nuove imprese senza protezioni politiche. Lo stato può diventare il partner più audace del settore privato, “disposto a prendersi rischi che le imprese non si prendono… Quando lo stato non è sicuro dei propri mezzi, è più facile che venga “catturato” e piegato a interessi privati” (p. 10).
Gli Stati Uniti sono il principale stato innovatore grazie alla ricerca applicata delle multinazionali e alla meritocrazia universitaria e di molte istituzioni, che favorisce l’importazione delle conoscenze e dei cervelli da tutto il mondo. Infatti i grandi investimenti non bastano e lo stato investitore e sognatore è l’eccezione alla regola dello stato che si arrabatta durante le crisi o che vivacchia nel torpore della buona amministrazione. Pensiamo alla Svizzera, una nazione multiculturale molto ricca e troppo conformista, che non riesce a inventare quasi niente di veramente importante.
D’altra parte se guardiamo le date delle ultime vere innovazioni possiamo capire che viviamo in un’epoca di innovazione pilotata dalle multinazionali in base ai loro piani finanziari. In genere le grandi aziende vendono le solite cose leggermente modificate, finché possono farlo, tenendo a bada la concorrenza con il marketing e l’intimidazione burocratica, finanziaria e mediatica.
L’energia atomica è stata sviluppata a partire dal 1945, il calcolatore elettronico viene perfezionato a partire dal 1950 e il personal computer nasce in Italia nel 1965 nonostante la morte di Mario Tchou (italo-cinese) e di Adriano Olivetti. E qui apro una piccola parentesi storica: l’inventore a capo dell’equipe di ingegneri morì a 37 anni in un incidente nel 1961, mentre Olivetti morì per un malore in treno nel 1960. Nel 1968 tutta la divisione elettronica dell’Olivetti viene ceduta all’americana General Electric. Enrico Mattei morì nel 1962. I tre migliori italiani sulla piazza internazionale scompaiono nel giro di tre anni e c’è ancora chi parla di fatalità.
Comunque le innovazioni più importanti hanno bisogno di molto tempo per realizzarsi: il telefono senza fili è nato nel 1974 ed è stato commercializzato solo nel 1984 (si trattava del DynaTAC prodotto dalla Motorola). Le ricerche della rete ARPA iniziano nel 1960, nel 1971 nasce ARPANET (una rete di 23 computer), nel 1983 Internet unisce meno di mille computer, il linguaggio HTML appare nel 1990, nel 1991 il CERN annuncia la nascita del WEB, nel 1995 viene prodotto il primo software di posta elettronica da Luca Manunza nel Centro di Ricerca Regionale della Sardegna (www.crs4.it). Pure il Gps e lo schermo tattile sono nati grazie agli investimenti pubblici e la Apple per sviluppare i suoi prodotti ha utilizzato molte conoscenze da essi derivate.
Investire nel lungo periodo non basta: lo stomaco di miliardi di persone deve essere riempito tutti i giorni. E di quale grandi innovazioni possiamo parlare oggi? Le biotecnologie in campo sanitario e agricolo sono molti utili e fanno incassare molti soldi. Le nanotecnologie sono davvero innovative, ma in molti casi possono essere troppo pericolose per l’ecosistema. Per fortuna c’è sempre la Natura, che prima o poi pone dei rimedi molto drastici agli inevitabili errori della specie umana.
Infine sarebbe meglio non dimenticare che la crisi dei mutui Subprime è nata in Usa, perché lo stato voleva incentivare la casa di proprietà, ma non ha supervisionato l’attività delle grandi reti assicurative e bancarie. Successivamente la crisi è stata in gran parte deviata sull’Europa grazie al cannibalismo finanziario dei derivati e ai vari giochetti finanziari legati ai vari titoli di stato (titoli che inglobano anche il capitale fiduciario di una nazione). I privati offrono finanziamenti con durata inferiore ai dieci anni e la crisi finanziaria ha limitato la nascita delle innumerevoli piccole innovazioni delle persone comuni, poiché ha aumentato lo stress lavorativo e ha inquinato la vita.
Mariana Mazzucato è nata a Roma, è cresciuta negli Stati Uniti e vive a Londra. Collabora con l’Istituto per il Nuovo Pensiero Economico (http://ineteconomics.org/people/mariana-mazzucato), insegna Economia dell’Innovazione all’Università del Sussex (www.marianamazzucato.com).
Note – “Il venture capital sta diventando il peggior nemico di se stesso, con la sua risoluta azione di lobbying per svuotare le casse pubbliche (attraverso riduzione delle tasse), privando lo stato delle risorse per finanziare altre innovazioni” (p. 74). A volte la tecnologia è in anticipo sulla scienza e l’innovazione industriale sottopone agli accademici problemi da risolvere (nota a p. 86).
Alcuni progetti internazionali non creano un prodotto finale, ma formano reti di apprendimento.
Nell’universo elettromagnetico ci sono molte cose da scoprire, ma forse gli interessi economici legati all’energia nucleare hanno deviato l’attenzione degli studiosi più brillanti. Oggi la legge per fare ricerca è questa: se non è conveniente fare una cosa, allora è meglio fare altro. Invece per provare a imitare le scoperte di Albert Einstein, di Leonardo da Vinci e di Nikola Tesla bisogna essere dei veri scienziati spinti dall’energia divina della curiosità.