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La verità cammina con noi è un saggio molto accurato di Paolo Calabrò, che analizza il pensiero del filosofo francese Maurice Bellet (è stato pubblicato in aprile dalla casa editrice Il Prato).
Calabrò è un giovane studioso che si destreggia nel riesaminare le opere dei pensatori eclettici e Bellet è sicuramente un filosofo antidogmatico e molto versatile. Infatti il suo pensiero si incammina lungo alcuni sentieri che attraversano in più punti la teologia, la psicanalisi, l’antropologia e l’economia (Bellet è un prete cattolico con una grande esperienza psicanalitica).
Il filosofo francese basa il suo pensiero sull’esperienza relazionale primaria di contatto tra figli, genitori e familiari: “prima dell’Io c’è il Noi, prima del Soggetto c’è la Relazione. Non esiste uomo, io, individuo, soggetto isolato” (p. 18). Il pensiero scientifico è relazionale: anche “Lo scienziato è un uomo come tutti gli altri: anch’egli è figlio-di, ha un proprio passato ineliminabile e onnipresente in ogni cosa che fa, comprese le teorie e gli esperimenti” (p. 23). Quindi “il soggetto puro, seduto saldamente di fronte all’oggetto” è una costruzione sociale occidentale (Bellet).
L’oggettività scientifica è in molti casi un mito: ci sono i condizionamenti personali e sociali; ci sono soprattutto i forti imperativi politici e commerciali (il potere del denaro). In alcuni casi è meglio ricordare le lezione di Wittgenstein: “Di ciò di cui non si può parlare, bisogna tacere”.
La verità non si possiede e ci può lasciare senza parole. La verità si può paragonare agli strumenti usati da una popolazione nomade nel lungo viaggio della vita. In effetti si potrebbe dire che oggi esistono almeno sette miliardi di punti di vista sul mondo (il numero degli abitanti della terra).
Comunque per intrattenere buoni rapporti umani è necessario evitare di giudicare gli altri: la vita degli altri è inconoscibile o poco comprensibile, nonostante le numerose esperienze verbali e non verbali condivise con gli altri. Ogni essere umano è così complesso che “è sempre di più di qualunque costruzione teorica o morale che pretenda di ingabbiarlo” (Calabrò, p. 237).
Infine ricordo che per Bellet “La violenza, non l’ateismo , è il vero nemico della religione. L’ateismo si limita a dichiarare l’insostenibilità di un ordine umano che pretende di basarsi su immagini obsolete della divinità, della morale, della legge” (Calabrò, p. 72). In ultima analisi i tempi e le persone cambiano continuamente e “la vita dell’uomo nessuno sa cosa sia” (Calabrò).
Paolo Calabrò si è laureato in Scienze dell’Informazione a Salerno e in Filosofia a Napoli. Collabora con molte riviste e ha scritto un saggio sul pensiero scientifico di Raimon Panikkar (“Le cose si toccano”, Diabasis, 2011). Il saggio su Bellet è uscito nella collana I Cento Talleri diretta da Diego Fusaro e Jacopo Agnesina.
Per approfondimenti: www.mauricebellet.it, www.paolocalabro.info.