Un inarrestabile afflusso d’immigrati è giunto sulle coste siciliane durante lo scorso weekend. Secondo quanto riferisce la Marina militare, nelle ultime ore si contano circa 3.000 persone intercettate in mare, soccorse e trasferite in terraferma. Un esodo senza sosta, proveniente principalmente dalle coste libiche, costituito da centinaia di eritrei e siriani che hanno sfidato persino le proibitive condizioni del mare. Si stima che solo nei primi cinque mesi di quest’anno siano già arrivate 43 mila persone; un numero pari a quello degli arrivi di tutto il 2013.
Sono numeri impressionati, sì, che finiscono con il ridimensionare la notizia e, anzi, che quasi non fanno più notizia se non per scatenare ragionamenti politici e strumentalizzazioni di ogni sorta. Sono cifre che, agli occhi di tanti, gli habitué dei TG o di chi non conosce la realtà dell’accoglienza, rischiano pure di disumanizzare le tragiche vicende e il dramma vissuto da chi affida a quei barconi le proprie speranze esistenziali.
E che dire inoltre delle storie e delle emozioni di chi si trova, ormai da lustri, in prima linea, pressoché quotidianamente, a tendere una mano a quei “numeri”, a quei “flussi migratori” che giungono stremati nel nostro paese con occhi impauriti e spalancati?
Viaggi nei viaggi, storie su storie che s’intersecano e si mescolano a sancire, forse, il fatto che c’è una sola umanità e che esistono degli esseri umani con posizioni fisico-mentali differenti ma con speranze e cuori che battono alla stessa maniera e che mirano a convergere verso il diritto alla dignità e al benessere collettivo.
Lo scorso 31 maggio eravamo a Porto Empedocle, per esserci. Per non accontentarci di ricevere il consueto annuncio di un ennesimo sbarco seduti davanti alla TV e per non leggerlo sulla carta stampata o su una schermata del PC. Sì, eravamo lì, per sentire la vicinanza con la persona umana e per comprendere senza filtri.
A bordo della nave «Euro» e della motovedetta della Guardia costiera «Peluso» sono giunti poco meno di 850 stranieri mentre nello stesso pomeriggio ci veniva comunicato che nella notte ne sarebbero arrivati un altro cospicuo numero.
Eravamo lì, liberi, senza giudizio ed esclusivamente per osservare e provare a immortalare storie di umana umanità e storie di professionalità acquisite giocoforza.
Siamo ritornati alle nostre vite, liberi, senza giudizio e riempiti dall’energia sprigionata da girotondi di speranze.
Vi invitiamo a prendere visione del video linkato qui sotto che racchiude in poche immagini e in una bella testimonianza il senso della giornata vissuta in una terra d’accoglienza.