“La guerra dentro” (Bompiani, 2014) è un libro di Francesca Borri, una giornalista freelance che ha scelto di andare nella città assediata di Aleppo per raccontare l’orrore della guerra civile siriana.
Da agosto 2012 Aleppo è una città divisa in due: a ovest l’esercito fedele al regime, a est l’Esercito Libero e i vari gruppi ribelli più o meno fondamentalisti, spesso in guerra tra di loro. Oggi gli jiahdisti sunniti dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (Isis) risultano i più sanguinari.
Una guerra strana nella sua stabilità, ma bisogna considerare che “gli uomini di Jamal Maarouf hanno continuato a combattere per mesi, fermandosi ogni volta un minuto prima della resa delle truppe del regime, per continuare a ricevere fondi dai loro finanziatori del Golfo” (p. 227). Bisogna poi aggiungere le varie pressioni internazionali da tutti i lati (Turchia, Iraq, Israele, Libano e Iran).
Comunque Francesca Borri ha rischiato la vita per 70 dollari al pezzo e dopo aver declamato la crisi del giornalismo estremo vissuto in prima linea e lo strapotere del professionista da scrivania, cita il lavoro di Alessio Romenzi, un ex riparatore di frigoriferi, che grazie alla fuga dall’Italia e alle sue foto straordinarie è arrivato a conquistare le copertine di “Time” (nel 2012 ha vinto il premio Foto UNICEF dell’Anno, http://alessioromenzi.photoshelter.com).
Quindi si tratta di un libro meraviglioso e angosciante che andrebbe premiato, poiché racconta solo la nuda verità, evitando i soliti atteggiamenti politicamente corretti rispetto alla burocrazia umanitaria e a quella mediatica. Dopotutto gli assedi in alcune città sono stati molto duri e molte persone sono state costrette a cibarsi di gatti, cani, topi, foglie, radici e cartone. Molta gente preferisce non parlare per risparmiare le calorie. Molti bambini sono morti indeboliti dalla fame.
A causa dei molti pericoli i burocrati delle organizzazioni umanitarie sono restati fuori dalla Siria e alcuni hanno negato la crisi alimentare estrema. L’ONU ha inoltre deciso di interrompere il calcolo delle vittime della guerra di posizione siriana, poiché era impossibile verificare le informazioni. Il conteggio si è fermato a poco più di 100.000 morti. A oggi potrebbero essere più del doppio.
Nel 2013 in Siria sono morti 29 giornalisti e 60 sono stati rapiti (30 risultano ancora in mano ai rapitori). Da quando è iniziata la guerra fino a gennaio 2014 sono stati uccisi 63 giornalisti. Forse Francesca si è salvata grazie alla fortuna e alla protezione sociale conquistata con il rispetto: “ci sono cose che non si possono comprare… Devi costruire rapporti umani, non contrattuali”.
Infine, riporto le parole più toccanti della giovane giornalista: “E alla fine vai in Siria e non solo al-Qaeda, non solo i missili, non solo i proiettili: il pericolo sono gli altri giornalisti”. Infatti una giornalista ha mandato Francesca in una strada piena di cecchini pur di arrivare prima a un corteo di protesta.
Francesca Borri è nata nel 1980, si è laureata a Firenze in Politica Europea e ha fatto un master in Human Rights al Sant’Anna di Pisa (www.sssup.it). Ha preso una seconda laurea a Firenze in Filosofia del Diritto e ha lavorato nei Balcani e in Medio Oriente (soprattutto in Israele e Palestina).
Nel 2008 ha pubblicato un libro sul Kosovo (“Non aprire mai”, www.lameridiana.it, Bari). Nel 2010 ha pubblicato un libro su Israele e Palestina (“Qualcuno con cui parlare. Israeliani e Palestinesi”, www.manifestolibri.it, Roma). I suoi articoli sono stati tradotti in undici lingue. In Italia scrive per “il Fatto Quotidiano”. Potete contattarla tramite Twitter.
Nota personale – La guerra civile siriana dimostra che legge della relatività andrebbe applicata anche alla politica. Sono sempre stato contro ogni sistema totalitario, ma devo riconoscere che in alcuni paesi un cattivo dittatore può rappresentare il male minore.