Minoranze russe protestano in Estonia – Foto: laspecula.com
È la prima volta dal collasso dell’Unione Sovietica che le forze militari Russe si addentrano in un Paese dell’Est Europa occupandone i territori. L’invasione della Crimea è stata giustificata dal Presidente Russo Vladimir Putin come l’unica soluzione “proteggere i cittadini e i compatrioti Russi sul territorio Ucraino”. Ma chi è esattamente un cittadino e compatriota russo?
La nuova legge sulla cittadinanza varata dalla Duma e firmata dal Presidente Putin a metà aprile individua tutti coloro che parlano russo e che vivono nelle regioni dell’ex Urss come potenziali candidati alla cittadinanza russa. Una sostanziale minoranza della popolazione residente non solo in Ucraina, ma anche in Moldova, Lettonia, Estonia e Lituania corrisponde a queste caratteristiche. La nuova legge approvata da Mosca permetterebbe loro di ottenere la cittadinanza Russa in poco più di tre mesi. Quali conseguenze ci si può aspettare, dunque, dagli eventi in Crimea, per quanto riguarda gli altri Paesi dell’Est Europa che fecero un tempo parte dell’Unione Sovietica?
“Siamo nervosi, preoccupati, frustrati”. Parlo al telefono con un mio amico lituano che ha condiviso con me un appartamento e tante esperienze quando vivevo a Bruxelles: era stato lui a spiegarmi la sofferta storia dei Paesi Baltici e il rapporto complicato con la matrigna Russia. Da quando sono entrate nell’Unione europea nel 2004, Lituania, Lettonia ed Estonia hanno sempre premuto per una maggior coesione della politica europea comune come un modo per allontanarsi economicamente, politicamente e culturalmente da Mosca. La mancanza di una politica comune energetica e la dipendenza dal gas russo, ad esempio, è una questione che ha sempre innervosito i Paesi Baltici.
Quello dell’emancipazione dalla Russia è un tema delicato. Un esempio su tutti spiega bene le tensioni esistenti e i legami che non sono facili da rompere. Nel 2007 il governo estone decise di rimuovere una statua di un soldato sovietico “liberatore”, vestige dell’epoca precedente. La minoranza russa, quasi un quarto della popolazione in Estonia, si mobilitò con manifestazioni pacifiche e non. Il governo russo minacciò sanzioni economiche e ritorsioni diplomatiche. Seguirono tre settimane di cyber-attacchi, durante le quali molte agenzie governative, banche e altre organizzazioni in Estonia furono completamente paralizzate. Il governo Estone accusò il Cremlino, che negò risolutamente ogni coinvolgimento nell’operazione. Questo precedente fornisce un’idea del nervosismo che si respira oggi camminando per le strade di Vilnius, Tallinn e tante altre capitali europee.
La Russia ci mette del suo per aumentare la tensione. Il mese scorso, un contingente di 3500 militari russi hanno dato vita a un’enorme esercitazione nelle regioni di Kaliningrad e Leningrad, proprio sul confine con la Lituania. Il Presidente Lituano Dalia Grybauskaite ha detto che “la Russia oggi è molto pericolosa … Stanno provando a riscrivere i confini tracciati dopo le Seconda Guerra Mondiale in Europe”. L’ansia dei Paesi Baltici non si esprime solo a parole. Estonia, Lituana e Lettonia hanno aumentato la parte del bilancio dedicata alle spese della difesa e hanno rafforzato le basi militari, ricevendo un contingente NATO in tutte le basi sul confine. Militarmente, questi Paesi confidano negli Stati Uniti. Sanno che se la situazione degenerasse solo l’esercito americano potrebbe avere la forza e le risorse necessarie per proteggerli da Mosca. Il Pentagono ha già inviato sei F-15 e ampi contingenti militari allo scopo di far capire chiaramente la sua posizione in merito. Militarmente, è chiaro che l’Unione Europea conta poco.
L’UE potrebbe comunque avere un ruolo cruciale nei prossimi mesi. Mentre la situazione militare resta complicata, tra nuove leggi di cittadinanza e rinnovate tensioni con le minoranze, gli eventi delle ultime settimane stanno velocemente ri-disegnando la composizione della popolazione nei Paesi che fecero parte dell’Unione Sovietica. Le minoranze russe in Estonia, Lettonia e Lituania sono in fermento, come pure i Tatari di Crimea. Questa minoranza etnica musulmana che compone circa il 15% della popolazione della Crimea, potrebbe andarsene dalla Crimea. Molti di loro non parlano russo, non hanno votato al referendum e stanno ora fuggendo dal Paese. Le prime stime parlano di un numero di emigranti compreso tra i 1000 e i 1600. Alcuni hanno chiesto asilo politico alla Polonia, altri sono diretti verso i Paesi Baltici. E intanto Mosca fomenta le minoranze russe nei Paesi Baltici, non solo offrendo un percorso veloce di cittadinanza, ma anche criticando il trattamento riservato a queste minoranze dai rispettivi governi davanti al Comitato dei Diritti Umani delle Nazioni Unite. Alcuni commentatori sostengono che questo fa parte di una precisa strategia del Cremlino mirata a fomentare le tensioni, antagonizzare i governamenti e poi trovare un pretesto per intervenire in protezione delle proprie minoranze – i cittadini e compatrioti russi, per l’appunto. È quindi in materia di cittadinanza e integrazione delle minoranze che l’UE potrebbe avere un ruolo chiave da giocare. Storicamente, Commissione e Consiglio europeo hanno saputo gestire meglio queste politiche rispetto alle questioni militari. Vedremo se in questo delicato contesto storico l’UE saprà vivere all’altezza degli standard che si è imposta.
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