La zona di libero scambio, al momento oggetto di negoziato tra l’Unione europea e gli Stati Uniti, rischia di mettere a repentaglio le norme ambientali e sanitarie europee, e di permettere alle multinazionali di portare in giudizio gli stati europei. Il futuro trattato costituisce inoltre una minaccia per l’esercizio del diritto sindacale e per molte protezioni sociali, come il salario minimo. Infatti, gli Stati Uniti non riconoscono la maggior parte delle convenzioni fondamentali dell’Organizzazione internazionale del lavoro. La tutela dei lavoratori verrà dunque presto considerata come un ostacolo agli scambi, suscettibile di azioni giudiziarie?
I diritti dei lavoratori, l’esercizio della libertà sindacale e la tutela della salute sul posto di lavoro sono minacciati dall’accordo commerciale in corso di negoziazione tra l’Europa e gli Stati Uniti? È ciò che temono i sindacati europei. I negoziati per il trattato commerciale transatlantico, conosciuto con la sigla TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership) o a volte Tafta, iniziano a luglio 2013 (vedi nostra inchiesta), circondati da fumosità. Gli elettori non ne sanno granché. I governi ed i deputati europei ne sono tenuti lontani. È la Commissione europea a negoziare il trattato direttamente con l’esecutivo americano.
Il trattato mira ad instaurare una vasta zona di libero scambio: 29 stati, 820 milioni di abitanti, separati dal Nord Atlantico. Eliminazione dei dazi doganali, soppressione degli “ostacoli non tariffari„ al commercio (licenza d’esportazione, controllo qualità delle importazioni…), armonizzazione delle norme e delle regolamentazioni, questi gli argomenti sul tavolo dei negoziati. Le norme europee in materia sociale o ambientale potrebbero a loro volta essere considerate troppo restrittive. Tale trattato potrà ad esempio aprire i porti europei all’arrivo del manzo agli ormoni americano.
Gli Stati Uniti, pessimo esempio nel campo dei diritti dei lavoratori
Altro punto delicato: i meccanismi di “protezione degli investimenti„. Questi meccanismi permettono alle multinazionali statunitensi ed europee che si sentissero “discriminate„ da una legge di richiedere un risarcimento agli stati, tramite tribunali d’arbitrato privati, nel caso stimassero che quella legge mette a rischio i loro investimenti. Tali tribunali d’arbitrato esistono già. E i loro “arbitraggi„ sono generalmente a favore degli interessi privati (vedere il nostro articolo). Così, ad esempio, alcune imprese europee hanno potuto intentare causa contro l’aumento del salario minimo in Egitto o contro l’uscita del nucleare decisa dalla Germania nel 2011. La sola minaccia di un reclamo, per esempio contro l’interdizione di un prodotto giudicato tossico, di una tecnica d’estrazione o del lavoro festivo, può a volte bastare a fare abortire le scelte di qualche governo, a profitto delle imprese.
Ma per la Commissione europea il gioco vale la candela. Secondo la Commissione, l’accordo transatlantico “stimolerà la crescita e creerà posti di lavoro„. Un ottimismo che non basta a convincere i sindacati europei. A parte i dati poco chiari sui reali effetti positivi che potrebbe avere il trattato sulla salute economica europea (un incremento delllo 0,5% di crescita in Europa grazie al trattato, secondo uno studio ordinato dalla stessa Commissione), i sindacati del vecchio continente si preoccupano per le conseguenze potenzialmente devastanti sul diritto al lavoro.
Un’armonizzazione… verso il basso
“Noi non siamo contro gli accordi di libero scambio per principio. In alcuni settori, quale quello automobilistico, l’Unione Europea e gli Stati Uniti hanno ciascuno delle norme di sicurezza rigorose e comparabili, ma procedure di controllo differenti. In questo caso, un’armonizzazione non sarebbe una cosa negativa, come analizza Mathieu Moriamez, segretario confederale della confederazione sindacale CGT incaricato delle questioni internazionali. Ma sappiamo che gli accordi di libero scambio si fanno per aumentare i profitti delle multinazionali ed a sfavore delle popolazioni».
Nello specifico, quello che preoccupa la CGT, come d’altronde il resto dei sindacati europei, è la prospettiva di una armonizzazione verso il basso. Nei settori dell’agricoltura e dell’ambiente, ma anche in materia di protezione sociale e di lavoro. “Anche il principio del salario minimo e la protezione sociale potrebbero essere rimessi in discussione se considerati come un ostacolo alla concorrenza„, avverte la CGT. Un timore tanto più forte in quanto lo zio Sam non è certo un esempio da seguire in materia di protezione dei lavoratori.“Nel settore privato, il personale d’inquadramento o di direzione, gli imprenditori indipendenti ed i lavoratori domestici non hanno il diritto di costituire un sindacato né di aderirvi. La stessa cosa vale per i lavoratori agricoli eccetto in un piccolo numero di stati„, come rileva il bilancio annuale della confederazione sindacale internazionale sui “paesi a rischio„ in materia di violazione dei diritti sindacali. In altre parole, al 15% della mano d’opera nel settore privato è vietato far parte di un sindacato! Divieto di pubblicizzazione sindacale all’interno delle imprese, minaccia di chiusura in caso di costituzione di un sindacato, rifiuto di negoziare con i sindacati rappresentativi: le violazione della libertà sindacale sono numerose.
“Gli Stati Uniti non hanno ratificato tutte le convenzioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro(OIL) „,ricordava fin dall’aprile 2013 la Confederazione europea dei sindacati (CES). L’organizzazione è preoccupata anche per le “violazioni dei diritti fondamentali dei lavoratori negli Stati Uniti, in particolare quello di organizzarsi e negoziare collettivamente”. La federazione sindacale tedesca DGB ha a sua volta lanciato l’allarme, lo scorso anno: i negoziati sono iniziati senza che gli Stati Uniti avessero ratificato sei delle otto convenzioni fondamentali dell’IOIL, tra cui quelle sulla libertà di riunione e sul diritto alla contrattazione collettiva. “Negli Stati Uniti continuano a verificarsi casi in cui le attività sindacali sono impedite, a volte anche in filiali di grandi gruppi tedeschi„, aggiunge il sindacato tedesco.
Libertà sindacale, un ostacolo al commercio ?
Spiega Wolfgang Uellenberg, della confederazione sindacale tedesca dei servizi Verdi: “Questo trattato non metterà direttamente in pericolo i diritti sindacali in Europa. Ma gli Stati Uniti possono produrre a costi inferiori perché le norme fondamentali del diritto del lavoro e della libertà sindacale non vi sono rispettate. Con il partenariato transatlantico, le imprese potranno contestare gli standard dell’OIL come discriminanti. Potranno sostenere che la tutela dei lavoratori e dei diritti sindacali è un ostacolo al commercio ed al libero scambio.„ Il ricorso ai tribunali d’arbitrato privati in nome della protezione dei loro investimenti verrà loro in aiuto. Anche l’unione sindacale svedese, pur abbastanza favorevole al trattato, rigetta tale meccanismo, considerato“in conflitto con il principio di sovranità degli stati”. E anche i sindacati americani contestano la presenza di tale meccanismo all’interno del partenariato [1].
Senza respingere in blocco il principio di un accordo, i sindacati europei vogliono un trattato che protegga il lavoro. “Un tale accordo dovrebbe piuttosto ratificare come obiettivo la piena occupazione, il lavoro dignitoso e migliori condizioni di vita per tutti„, insiste la CGT. Per il potente sindacato tedesco dell’industria IG Metall [2], “l’accordo deve contenere una clausola specifica che proibisca lo smantellamento dei diritti dei lavoratori e delle norme sociali e garantisca di volta in volta lo standard più elevato.»
Il governo tedesco dalla parte dei sindacati ?
In Germania, i sindacati hanno trovato un orecchio attento da parte del governo. “Stiamo lavorando insieme, con il Ministero dell’economia, su punti chiave da imporre nei negoziati, sottolinea Wolfgang Uellenberg. Ma nessuno sa realmente cosa sappia il governo sullo stato dei negoziati e cosa può fare per influenzarli». Fatto sta che in Germania, dove la stampa e persino le televisioni [3], trattano abbondantemente dei pericoli del TTIP, il governo ha pubblicamente respinto il meccanismo dei tribunali arbitrali [4]. La mobilitazione dei cittadini è ampia: la campagna stop-TTIP dell’organizzazione Campact ha raccolto più di 460.000 firme contro l’accordo transatlantico (leggere anche qui).
In tutta l’Europa montano le proteste della società civile contro il trattato e l’opacità dei negoziati. Per cercare di rispondere, la Commissione ha avviato una consultazione pubblica sul capitolo dei diritti degli investitori. Una consultazione online per “sapere se l’approccio proposto dall’UE per la TTIP rappresenta un corretto equilibrio tra la protezione degli investitori e la salvaguardia della capacità e del diritto assoluti dei governi dell’UE di legiferare nell’interesse generale„, sostiene il commissario europeo al commercio, Karel de Gucht. “Una parodia di consultazione democratica„, la giudica Attac: “Quanti respingono questo sistema di regolamentazione delle controversie Investitori-stati perché pericoloso e iniquo non avranno alcuna possibilità per esprimersi visto che il questionario della Commissione, con la sua impostazione di parte, non offre alcuno spazio per farlo. La Commissione dovrebbe al contrario mostrare la sua disponibilità per un vero dibattito, anziché proporci una campagna pubblicitaria dissimulata che strizza l’occhio alle multinazionali. »
Una volta i negoziati terminati, il trattato dovrà in ogni caso essere ratificato dal Parlamento europeo per entrare in vigore. Parlamento che sarà rinnovato dopo le elezioni europee del 25 maggio
Foto : Archivio fotografico del movimento sociale.
Note
[1] Vedere qui la posizione sul Trattato transatlantico dell’unione sindacale americana American Federation of Labor–Congress of Industrial Organizations (AFL-CIO).
[2] Vedere qui.
[4] In particolare per voce della segretaria di Stato del ministero dell’economia, Brigitte Zypries, davanti ai deputati del Bundestag, il 12 marzo scorso : “ combattiamo attualmente perché il sistema dei tribunali d’arbitrato non sia incluso nell’accordo. ».
Fonte: http://www.bastamag.net/Accord-commercial-Europe-USA
Traduzione dal francese di Giuseppina Vecchia per Pressenza
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