Un congresso tenutosi al confine tra Germania e Danimarca sta analizzando il modo in cui molti piccoli gruppi etnici dell’Europa possono salvaguardare i loro diritti. Il destino dei Tatari di Crimea nella crisi ucraina rappresenta un argomento chiave.
L’Europa è la patria di minoranze divergenti tra loro, tra queste la popolazione danese nel nord della Germania, i baschi in Francia e in Spagna, i germanofoni del Sud Tirolo nel nord Italia, i rom che vivono in Europa e i Tatari di Crimea.
Complessivamente, in Europa, vi sono più di 300 gruppi etnici e uno su sette residenti del continente parla una lingua regionale o minoritaria o appartiene ad una di queste popolazioni.
Il destino di questi gruppi in un’Europa sempre più convergente è oggetto del Congresso FUEN (Unione Federale delle Nazionalità europee) 2014, tenutosi questo fine settimana ad Harrislee, cittadina tedesca al confine con la Danimarca.
Sono presenti i rappresentanti di 200 minoranze autoctone provenienti da trenta paesi, con politici ed altri ospiti. In questo caso, “autoctono” si riferisce ai gruppi che si sono storicamente evoluti. Potrebbero essere, ad esempio, popolazioni senza un loro stato (come i sami in Scandinavia) o gruppi etnici che diventano minoranze subito dopo che i confini nazionali vengono ridisegnati (come i belga germanofoni).
Secondo gli organizzatori del Congresso, è di fondamentale importanza differenziare tra i gruppi di origine storica e quelli di immigrati, i quali spesso rappresentano grandi minoranze.
“Senza dubbio, le minoranze di immigrati devono avere la possibilità di coltivare la loro lingua e cultura, ma qui esiste una differenza”, sostiene Jan Diedrichsen, direttore del Segretariato del FUEN e membro della minoranza tedesca in Danimarca. “Ciò non significa che dobbiamo lavorare gli uni contro gli altri, ma bensì che vi sono necessità differenti”.
La FUEN organizza il congresso con l’associazione di germanofoni in Danimarca e con la Sydslesvigsk Forening, Danesi in Germania. La regione al confine tedesco-danese è considerata un modello quando si parla di coesistenza pacifica e rispettosa.
L’Ucraina definisce l’ordine del giorno
La crisi in Ucraina rappresenta un punto focale per il congresso di quest’anno. Con più di 20 minoranze nazionali, il paese dell’Europa Orientale ha il maggior numero di minoranze del continente. I conflitti in Crimea e nell’Ucraina orientale hanno dimostrato come l’odio e la violenza possono emergere velocemente in un contesto tutt’altro che armonioso.
In origine, si era programmato che Mustafa Dzhemilev, leader dei Tatari di Crimea, avrebbe tenuto il discorso introduttivo del congresso, ma a causa dell’intensificarsi della violenza in patria, è stato costretto a recarsi a Vienna e negli Stati Uniti per degli incontri politici.
Fu Ahmet Ozay, consigliere personale di Dzhemilev, a parlare ai presenti. Durante un’intervista a Deutsche Welle, ha evidenziato che la situazione della sua popolazione è peggiorata drammaticamente dalla presa di controllo della Crimea da parte della Russia. Ha continuato che ai rappresentanti delle minoranze etniche, in alcuni casi, è stato impedito il ritorno in patria o al loro rientro sarebbero andati incontro ad abusi.
Il governo tedesco “turbato”
I dirigenti russi hanno, inoltre, impedito il ritorno in Crimea di Dzhemilev (settant’anni). “Senza una legge o una sentenza del tribunale non potrà ritornare nella sua terra natia”, ha rivelato Ozay.
Venerdì 09 maggio il governo federale tedesco ha emesso una dichiarazione sulla situazione di Dzhemilev, affermando, attraverso il portavoce Steffen Seibert a Berlino: “Siamo turbati per aver sentito che a Dzhemilev, leader dei Tatari di Crimea, è stato ripetutamente rifiutato l’ingresso in Crimea”.
Secondo le autorità ucraine, continua Ozay, i vari gruppi etnici della Crimea hanno vissuto insieme pacificamente e goduto della loro autonomia. “Adesso però”, aggiunge, “il clima sta cambiando”.
L’Unione Europea “non adempie i suoi doveri”
I rappresentanti dei gruppi disponibili non hanno semplicemente discusso sull’Ucraina, ma anche condiviso le loro esperienze derivanti dal lavoro politico.
“Siamo fermamente convinti che l’Unione Europea non è assolutamente all’altezza dei suoi doveri per quanto riguarda la diversità linguistica e le minoranze”, spiega Jan Diedrichsen. “È per questo che abbiamo elaborato sedici raccomandazioni concrete in termini di legge in cui l’UE potrebbe attivarsi”.
Dal punto di vista di Diedrichsen, il futuro dell’Europa è strettamente connesso alla protezione delle minoranze, sostenendo che spesso i conflitti emergono quando questo principio è negato.
Infine, cita il Sud Tirolo come un esempio positivo: “L’integrità del territorio italiano è preservata, ma ai residenti germanofoni e ladino parlanti residenti nel Sud Tirolo vengono concessi numerosi diritti autonomi”.
Traduzione dall’inglese di Francesca Vanessa Ranieri