di Francesco Vignarca
Alla vigilia della discussione in assemblea parlamentare su sistemi d’arma ed F-35 piovono forti pressioni affinché il documento elaborato in seno alla Commissione Difesa del PD venga indebolito. Quale posizione vuole avere il partito del premier Matteo Renzi?

 

È in corso un braccio di ferro in queste ore all’interno del Partito Democratico sulla questione degli acquisti militari italiani, in particolare quelli legati al caccia F-35.

E quanto riferiscono ad Altreconomia diverse fonti parlamentari, all’immediata vigilia dell’assemblea del gruppo parlamentare PD della Camera, in programma per la serata del 6 maggio, che dovrebbe dare il via libera alla posizione ufficiale del Partito in merito a un ripensamento sulle spese militari. Il punto di partenza è il documento elaborato dai componenti PD della Commissione Difesa della Camera dei Deputati, che già abbiamo analizzato qualche settimana fa. Un documento frutto dei lavori dell’Indagine conoscitiva su tutti i sistemi d’arma, voluta dal Parlamento con le mozioni sugli F-35 votate a metà 2013. Una posizione politica che, insieme alle altre presentate dalle diverse foze politiche, dovrebbe essere discussa nella giornata di domani 7 maggio in Commissione Difesa concludendo di fatto l’iter dell’Indagine.

 

Al momento i contenuti del documento, condiviso e supportato dalla grande maggioranza del gruppo parlamentare PD, rafforzano quanto scritto qualche settimana fa dal gruppo parlamentari coordinato dal Capogruppo in Commissione, l’onorevole Giampiero Scanu. Il passaggio più delicato, quello relativo agli ormai famigerati F-35, chiederebbe una “moratoria” al fine di rinegoziare l’intero programma per chiarirne criticità e costi.
Un passaggio in un certo senso più forte di quanto prospettato finora, soprattutto perché avrebbe l’obiettivo finale di dimezzare non tanto il numero degli aerei – decisione meramente operativa e modificabile facilmente e a piacimento – ma direttamente  il budget finanziario originariamente previsto per i caccia. Una modifica che sarebbe certamente più decisiva e che si potrebbe poi concretizzare dopo l’esatte con le cifre del prossimo bilancio dello Stato.

 

È su questa posizione, che andrebbe incontro al sentire della maggioranza degli italiani, che si stanno abbattendo le pressioni provenienti da alcuni vertici del partito e delle istituzioni. Secondo quanto  appreso da Ae, tra ieri ed oggi sono stati proposti dal Capogruppo Roberto Speranza all’assemblea dei deputati PD alcuni “emendamenti” al testo base che eliminerebbero la moratoria in attesa della decisione finale: una cancellazione che renderebbe di fatto inefficace qualsiasi presa di posizione “generica” sui caccia, dando invece continuità agli acquisti e alle spese relativi agli F-35. In questo modo, il documento non subordinerebbe l’elaborazione del “Libro Bianco” che dovrebbe rimodulare un nuovo modello di difesa dell’Italia ad un voto parlamentare, contrariamente a quanto espresso in queste settimana dallo stesso ministro della Difesa Roberta Pinotti.
Così facendo, forse, si avocherebbe qualsiasi decisione in merito alle spese militari italiane a un ristretto gruppo decisionale e non alla maggioranza parlamentare che, in una certa misura, sta rispecchiando la posizione diffusa nell’opinione pubblica favorevole a un ridimensionamento dei costi armati del nostro Paese.
Una mossa che, se fosse davvero effettuata dal PD, rilancerebbe una serie molto forte di critiche, sicuramente poco positive per il partito alla vigilia delle elezioni europee. E che, forse non a caso, arriva il giorno dopo le dichiarazioni dell’Ambasciatore USA in Italia John Phillips: “Noi abbiamo accordi con l’esercito italiano e si è detto che si andrà avanti. Forse si dovrà rallentare l’acquisizione, ma non credo ci sia alcun interesse nel ridurne il numero”.

 

Intanto le opposizioni, che da tempo hanno proposto delle mozioni o dei documenti contrari agli F-35 e in generale favorevoli alla diminuzione delle spese militari, si dimostrano attive.

 

Il Movimento Cinque Stelle già la scorsa settimana ha presentato tutte le proprie proposte relative all’indagine conoscitiva sui sistemi d’arma, annunciando di continuare ad opporsi al programma F-35 con  risoluzioni parlamentari esplicitamente dedicate al tema.
Secondo Massimo Artini, vicepresidente della Commissione Difesa della Camera “è comunque paradossale che il principale partito del Governo non riesco a prendere una posizione a riguardo degli F-35 e delle spese militari. Nonostante sia chiaro quale sia l’orientamento non solo dell’opinione pubblica ma anche del suo stesso elettorato. Non ci aspettiamo molto dalla riunione dei parlamentari di stasera ma noi spingeremo sempre nella direzione di un taglio degli acquisti armati italiani. E non tollereremo ulteriori rinvii sulla conclusione dell’Indagine Conoscitiva”.
Della stessa idea anche Giulio Marcon, deputato di SEL, che ribadisce “noi abbiamo già da qualche giorno presentato una mozione firmata tutto il gruppo che, rilanciando le richieste della campagna “Taglia le ali alle armi”, chiede direttamente la cancellazione della partecipazione italiana al programma JSF. Riteniamo che i fondi pubblici del nostro Paese debbano essere utilizzati in una maniera più sensata e ci domandiamo come mai il Pd sia ancora titubante riguardo. Speriamo che, nell’aspro dibattito interno attuale, prevalga una posizione più sensata, che mi pare sia davvero diffusa all’interno del gruppo parlamentare Democratico contrariamente a certe pressioni che arrivano dall’alto”.

 

E negativa è anche la posizione delle realtà che da anni si battono contro i caccia F-35. Grazia Naletto (portavoce di Sbilanciamoci una delle realtà promotrici di “Taglia le ali alle armi”) commenta la situazione sottolineando come “nel documento licenziato dal PD qualche settimana fa erano contenuti forti elementi di critica agli F-35, quelli che noi da anni mettiamo all’attenzione di politica ed opinione pubblica, che ne minavano l’impianto pur non giungendo alla nostra richiesta di cancellazione. Qualsiasi indebolimento di tale documento farebbe solo fare dei passi indietro che, a maggior ragione, le nostre campagne non potrebbero considerare assolutamente positivo“.

Articolo originale: http://www.altreconomia.it/site/fr_contenuto_detail.php?intId=4652