Confine siro-turco a Kilis/Azaz. Foto: Rupert Neudeck.
In seguito all’aggressione della settimana scorsa alla città siriana di Kasab, situata vicino alla frontiera con la Turchia, una miriade di associazioni armene in Europa e nel mondo si è rivolta con un appello urgente al Segretario delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon chiedendo che l’ONU condanni la messa in fuga degli Armeni in Siria e insista con la Turchia per una maggiore attenzione verso i profughi.
Lo scorso 21 marzo la cittadina di Kasab, abitata prevalentemente da Armeni è stata attaccata dalle milizie del Fronte al-Nusra, il ramo siriano di Al-Qaeda, sostenuto anche dal governo turco di Erdogan. Secondo Azat Ordukhanyan, presidente dell’Associazione Accademica Armena 1860, l’attacco alla città di frontiera era in qualche modo coperto o quantomeno ben tollerato dal governo turco. L’asserzione di Ordukhanyan è sostenuta dall’abbattimento vicino alla frontiera di un aereo dell’esercito siriano da parte dell’aviazione turca.
Racconta Azat Ordukhanyan che la popolazioni di Kasab è dovuta fuggire, e i pochi rimasti sono stati catturati e torturati. Oltre alla nutrita comunità armena, a Kasab vivevano anche circa un 20% di Alawiti, considerati vicini all’attuale presidente siriano Assad. Gli attacchi alla città, oltre ai caduti tra i combattenti, hanno causato circa 80 morti tra i civili e 670 famiglie armene sono fuggite nelle vicine città di Basit e Latakia.
Negli scorsi tre anni quasi un terzo dei circa 130.000 Armeni siriani hanno lasciato il paese in fuga dalla guerra civile. In Siria le minoranze etniche non arabe e non-sunnite si trovano sempre più spesso tra i due fronti del conflitto. Almeno il 45% della popolazione siriana appartiene a una delle minoranze etniche e/o religiose del paese come i Kurdi, gli Armeni, gli Assiro-Aramei, i Drusi o gli Yezidi. Inizialmente le proteste contro il regime di Assad avevano risvegliato nuove speranze in molte persone appartenenti a una delle minoranze siriane, ora però temono che in una possibile nuova Siria la loro vita non solo non migliorerà ma rischia addirittura di peggiorare. Se prima il pericolo arrivava da un regime politico totalitario, ora il pericolo per le minoranze del paese arriva da un’ideologia religiosa totalitaria, dalla violenza con cui i jihadisti tentano di imporre questa ideologia.