Abbiamo appena celebrato la festa della Liberazione, ma libertà e democrazia sono beni che non si acquisiscono una volta per tutti. Sconfitto un nemico ne compaiono subito altri, non necessariamente sotto forma di invasori stranieri. Oggi i nemici della democrazia sono una scuola volutamente inadeguata, l’informazione monopolizzata dal potere economico, una classe politica che essendosi fatta casta, dà più ascolto alle imprese che ai cittadini. E ciò non vale solo a livello di singole nazioni, ma soprattutto europeo.
Da tempo Corporate Europe Observatory (CEO), un’associazione che tiene sotto controllo il rapporto fra imprese ed Unione Europea, denuncia che in Europa non comandano né governi né cittadini. In Europa comandano le multinazionali e le banche. Un’ulteriore conferma viene dal suo ultimo rapporto che si concentra sull’attività di lobby delle società finanziarie. Una presenza tanto efficace quanto discreta che si insinua fra le pieghe della complicata macchina decisionale europea. Perché in Europa le cose non funzionano come in una qualsiasi democrazia parlamentare. In Europa l’assetto organizzativo è più simile a un condominio che a uno stato. E come nei condomini le decisioni sono prese dai capifamiglia d’accordo con l’amministratore, allo stesso modo in Europa le decisioni sono prese dai governi assieme alla Commissione Europea.
Negli ultimi tempi sono state introdotte varie novità che danno più potere al Parlamento Europeo, ma nonostante le riforme, l’organo che continua a svolgere una funzione strategica è la Commissione Europea. Formato da 28 membri, un presidente e 27 commissari, i suoi componenti sono designati dal Consiglio dei primi ministri salvo approvazione del Parlamento Europeo. Quanto alla sua funzione, è del tutto paragonabile all’amministratore di condominio.
Apparentemente l’amministratore di palazzo svolge solo una funzione di supporto tecnico. Di fatto è il vero gestore degli affari condominiali, perché suggerisce le decisioni da prendere e le trasforma in ordinanze. Analogamente, la Commissione Europea mette a punto le proposte che il Consiglio dei primi ministri deve discutere e una volta approvate, le trasforma in direttive, ossia in ordinanze da fare rispettare in tutta l’Unione Europea.
Proprio per questa sua funzione, al tempo stesso di proponente e gestore delle decisioni assunte, la Commissione Europea è l’organismo che esercita più potere in Europa. Un potere che senza troppi sotterfugi condivide con le imprese in nome di un principio per certi versi lodevole.
La Commissione ammette di non avere competenza su tutto, perciò ogni volta che deve affrontare un tema istituisce una commissione consultiva denominata “Gruppo di esperti”. Ad esempio nel 2013 ha convocato 38 Gruppi di esperti sulle tematiche più disparate, dagli Ogm alle regole bancarie, dal doping sportivo agli additivi alimentari. Talvolta piccole commissioni formate da non più di 10 persone. Talvolta gruppi affollatissimi, addirittura con 80 membri. Ma la domanda importante non è quanti sono, ma chi sono i componenti dei gruppi. Perché i loro pareri diventeranno proposte che con buona probabilità, saranno trasformate in ordinanze valide per tutta Europa.
Le indagini condotte nei vari anni da CEO, hanno sempre messo in evidenza una predilezione per i rappresentanti d’impresa e il rapporto pubblicato il 9 aprile 2014 sui Gruppi di esperti istituiti per tematiche finanziarie ne è un’ulteriore conferma. Il 70% dei loro componenti sono rappresentanti di banche, fondi di investimento, istituti assicurativi.
Si stima che complessivamente a Bruxelles ci siano 15.000 rappresentanti di imprese e associazioni del mondo degli affari, con l’unico scopo di intrufolarsi negli uffici della Commissione Europea ed ottenere decisioni favorevoli agli interessi della propria categoria. Il settore finanziario da solo tiene a libro paga 1.700 lobbisti. Gente pagata fra i 70.000 e i 100.000 euro all’anno per una spesa complessiva di circa 123 milioni di euro.
Con tanta potenza di fuoco, la finanza si sta infiltrando anche nel Parlamento Europeo. Centinaia di esponenti di istituzioni bancarie e finanziarie, fra cui JP Morgan, Goldman Sachs, Deutsche Bank e Unicredit, hanno libero accesso al Parlamento Europeo e quando sono in discussione provvedimenti di loro interesse, si danno da fare in tutti i modi possibili per convincere i parlamentari ad assumere posizioni a loro gradite. E i risultati si vedono. CEO cita il caso di un provvedimento di regolamentazione finanziaria su cui vennero presentati 1.700 emendamenti, 900 dei quali scritti di sana pianta dai lobbisti della finanza.
Per sconfiggere le lobby servono regole, trasparenza e controllo. Tre aspetti su cui i prossimi parlamentari dovranno assumere impegni precisi se vogliamo ridare alla democrazia un minimo di dignità.