Molti studenti universitari, in questi giorni, mi hanno espresso il loro disagio in vista delle elezioni di Maggio 2014. Il disagio non è legato ad eventuali considerazioni sulle lista o sull’Unione Europea, ma è creato da motivi puramente organizzativi o logistici. Essendo studenti, fuori sede, infatti, per esercitare quello che rappresenta uno dei diritti costituenti di ogni democrazia, il diritto di voto, sono costretti a prenotare un aereo o un treno per tornare al Comune di Residenza, sottraendo tempo allo studio proprio agli inizi della seconda sessione d’esami. Che l’Europa sia una convenzione economica più che un’unione culturale di popoli e persone, è evidente dal modo in cui tratta il suo futuro: i giovani. Come ad ogni appuntamento elettorale, gli studenti fuori sede rischiano di saltare il turno, perché costretti a votare esclusivamente nel Comune di residenza. Le Università europee sono più impegnate a intercettare finanziamenti, evidentemente, che ha coltivare la coscienza politica e soprattutto comunitaria degli studenti che le frequentano. L’esempio più emblematico e paradossale è l’impossibilità di votare per gli studenti fuori sede impegnati proprio nei progetti europei, come gli Erasmus, acronimo di European Region Action Scheme for the Mobility of University Students. Tali progetti sono nati per permettere lo scambio culturale e l’integrazione comunitaria degli universitari dei paesi membri dell’Unione, al fine di favorire una cultura unitaria nelle nuove generazioni che reggeranno le sorti dell’Europa. Tutto questo viene smentito con la pratica che non consente agli studenti impegnati nell’Erasmus di votare là dove stanno proseguendo la carriera universitaria, ma li obbliga – tempo e denaro permettendo – a ritornare al luogo di residenza per esercitare il diritto di voto, come se si trattasse di semplici amministrative. Insomma per votare per l’Europa, uno studente che partecipa ad un progetto europeo al fine di rendere fattiva e non solo retorica la Comunità Europea, non ha altre chance se non quelle di ritornare al comune di residenza. Un problema che riguarda migliaia di studenti, se si considera che, in 22 anni dalla sua fondazione, il progetto “Erasmus” ha coinvolto oltre due milioni di ragazzi. Un campanilismo decisamente anacronistico e poco “unitario”. Per questo, molti studenti si trovano costretti a saltare l’appuntamento con le urne, andando ad ingrossare così le file, già di per sé ben nutrite, dell’astensionismo. Una simile situazione lede in modo reiterato il diritto al voto di migliaia di cittadini. La libertà di esprimere la propria preferenza tramite il voto è la base di ogni democrazia, questo dovrebbe farci riflettere e considerare quanto, soprattutto se continueremo in questa direzione, questa democrazia tanto decantata a parole si svuoterà sempre di più fino a rappresentare un simulacro formale, dominato dalla burocrazia e retto dagli interessi economici di pochi.