Lunedì 10 marzo 2014 ore 21
Teatro della Cooperativa, via Hermada 8, Milano
E’ vero, ai giovani di oggi non dirà molto, ma in tanti a Milano ricordano ancora molto bene la strage di Piazza Fontana in quel lontano pomeriggio del 12 dicembre 1969.
E ricordano anche quello che ne seguì. Le indagini rivolte a forza sugli anarchici accusati con la sinistra di essere i colpevoli di quei 17 morti. L’arresto di Valpreda , il fermo del ferroviere Pino Pinelli, e la sua morte in questura in via Fatebenefratelli, volando dal quarto piano dell’ufficio dove era interrogato da 5 uomini. I depistaggi per sviare le indagini sulla strage e poi la “strategia della tensione”, il tentativo di creare con le bombe (la cui responsabilità era addossata alla sinistra) il clima per instaurare un regime militare di destra come nella Grecia dei Colonnelli.
Preso nel mezzo di questi avvenimenti, Giuseppe Pinelli fu coinvolto in una storia più grande di lui e ne fu stritolato.
In questi 40 anni la moglie Licia non ha mai smesso di chiedere verità e giustizia. Il comportamento suo e quello della famiglia Pinelli è stato esemplare, all’altezza del comportamento delle persone migliori di questo paese. Non le abbiamo mai sentito dire una parola fuori posto, la sua dignità e riservatezza hanno lasciato il segno su molte persone per bene che non hanno mai dimenticato lei e il dramma di questa famiglia. Ricevendole al Quirinale 40 anni dopo i fatti, insieme alla vedova Calabresi, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha dichiarato “Rispetto ed omaggio, quindi, per la figura di un innocente, Giuseppe Pinelli, che fu vittima due volte, di infondati sospetti e di una ingiusta fine….”
Nel documentario (40 minuti ) di Alberto Roveri, fotoreporter di Panorama oggi in pensione, da sempre amico dei Pinelli, Licia vince la sua ritrosia a parlare in pubblico di quei fatti e ci racconta quei giorni con la lucidità e la costernazione di sempre, per permettere ai nipoti di avere la giusta versione di questa storia direttamente dalla sua voce, per non perderne la giusta memoria..
Le figlie Claudia e Silvia invece arricchiscono di aneddoti la vita di una famiglia bella e accogliente come usava a quei tempi, e che fu spazzata via dalla strage fascista e da chi ci stava dietro.
Angelo Longhi
ANPI sezione Martiri Niguardesi