Le autorità egiziane hanno dichiarato il movimento palestinese Hamas, al potere nella Striscia di Gaza “organizzazione terroristica” al pari della fratellanza musulmana, già interdetta nel paese. Fonti giudiziarie dal Cairo hanno confermato alla stampa locale che il movimento non potrà più condurre alcuna attività sul territorio egiziano e i suoi uffici di rappresentanza dovranno essere chiusi. Uno dei principali responsabili del partito, Moussa Abu Marzouq, residente al Cairo, potrebbe addirittura essere oggetto di un mandato di cattura.
La decisione si inserisce nel contesto di repressione crescente messa in atto dalle nuove autorità del paese, al potere dopo il colpo di stato che ha rovesciato il presidente islamista Mohammed Morsi nel luglio 2013, nei confronti dei partiti e movimenti islamisti presenti nel paese.
Già più volte nei mesi scorsi e nelle ultime settimane, il governo egiziano aveva accusato Hamas di essere “implicato” negli attacchi contro la polizia e i reparti dell’esercito che si ripetono con crescente regolarità, soprattutto nella penisola del Sinai.
Immediata la reazione dei dirigenti del movimento palestinese che hanno accusato Il Cairo di “ledere alla causa del popolo palestinese” e “servire l’occupazione israeliana”. Intanto il valico di Rafah, unica via d’accesso per oltre un milione e mezzo di abitanti della Striscia sotto occupazione israeliana, è chiuso da circa un mese e le autorità egiziane non hanno finora comunicato quando sarà riaperto.
Nell’ennesimo tentativo di controllare il dissenso crescente negli ambienti islamici, il ministero delle Autorità religiose (Waqf) ha distribuito una lista di temi a cui predicatori e imam devono strettamente attenersi per i sermoni del venerdì in moschea. Lo scopo è scoraggiare il ricorso ad argomenti che infiammino gli animi e alimentino le proteste di piazza, solitamente più numerose il venerdì dopo la preghiera collettiva.