Ventisette milioni di voti al referendum antinucleare basteranno a chiudere la partita? Si, solo se si tiene viva l’alternativa della riduzione dei consumi e della sostituzione delle fonti fossili con le rinnovabili e se si tiene d’occhio il rapporto inverso tra disarmo atomico e proliferazione del nucleare civile. Una tentazione quest’ultima che torna ad ispirare le politiche industriali delle potenze mondiali. In effetti, come prevedeva Hermann Scheer (http://www.edizioniambiente.it/libri/656/imperativo-energetico/), questo primo quarto di secolo assisterà ad una sfida aperta tra sole e atomo.
Il peso degli interessi militari
A tre anni dalla tragedia, Fukushima non sembra decisiva quanto lo era stata Chernobyl trenta anni fa. E ciò nonostante che, dopo la fuoriuscita di 300 tonnellate di acqua altamente radioattiva dalla centrale, il governo giapponese abbia alzato già a metà del 2013 lo stadio di allerta al Livello 3, corrispondente su scala mondiale a un “incidente radioattivo grave”. Subito dopo il riconoscimento ufficiale della enorme gravità dell’evento, sui mercati si era diffuso il panico e alla Borsa di Tokyo i guadagni accumulati sino a quel momento erano evaporati completamente. (V. http://www.wallstreetitalia.com/thumbnailer.aspx?width=0&image=57404.png)
Il tracollo improvviso di 250 punti dell’indice azionario Nikkei 225 in seguito alle notizie sulle fuoriuscite radioattive da Fukushima rimarcava l’allarme per il riversamento nel Pacifico dell’acqua radioattiva presente nel terreno di Fukushima, e per l’accumulo fino a 40.000 miliardi di becquerel (unità di misura del Sistema internazionale dell’attività di un radionuclide, con 1 Bq che corrisponde ad 1 disintegrazione al secondo) nelle acque del mare.
Ma, se si sono turbati persino i mercati, chi ha messo il silenziatore all’opinione pubblica mondiale? E come mai l’energia nucleare torna saldamente nelle agende politiche di molti paesi, con proiezioni per nuovi impianti simili o superiori a quelli dei primi anni del nucleare? Con 70 reattori in costruzione in tutto il mondo di oggi, altri 160 o più programmati a venire durante i prossimi 10 anni e centinaia di impianti in cantiere, l’industria nucleare globale sta chiaramente avanzando con forza. La maggior parte dell’aumento della capacità (oltre l’80%), verrà concentrata nei paesi che già utilizzano il nucleare e posseggono armamenti nucleari.
Quindi, bisogna ancora una volta non sottovalutare il ruolo dell’apparato militare nel sostegno al nucleare civile. A cominciare dall’Europa, che va alle elezioni senza un dibattito evidente sulla propria politica energetica e la sicurezza e chiusura dei suoi reattori. Anzi, il rilancio annunciato del nucleare inglese – con la collaborazione francese – esprime l’ambizione di Gran Bretagna e Francia di ritornare “grandi potenze”. Il 21 ottobre 2013 il governo inglese conservatore, appellandosi a capitali e tecnologia d’oltre Manica, ha rilanciato l’impegno nucleare, dando via libera a un consorzio franco-cinese che costruirà due reattori nel sito di Hinkley C, il primo di almeno otto siti nucleari che dovrebbero “ridurre i costi energetici e la dipendenza da combustibili fossili e vecchi impianti”.
Se si guarda al retroterra militare del nucleare cosiddetto “civile”, non dovrebbe stupire più di tanto che l’atomo inglese possa parlare anche francese, non fosse altro che per riequilibrare la potenza economica tedesca in Europa. Cameron ha infatti confermato “l’irrinunciabilità dell’arsenale nucleare nazionale ai fini della preservazione degli interessi vitali del paese, almeno fino a quando si assisterà alla proliferazione orizzontale di armi di distruzione di massa e di sistemi missilistici balistici”. Il nucleare militare francese, altresì, punta a mantenere una deterrenza nucleare “limitata ma efficace, essenziale per la sopravvivenza della nazione”. Oggi, sia la Francia che la Gran Bretagna si oppongono alla de-nuclearizzazione dell’Alleanza Atlantica. E vogliono che la NATO rimanga un’alleanza nucleare e, mirando a un ruolo di prime potenze nell’area mediterranea si fanno promotrici dell’intervento contro il regime siriano, l’Iran, la Libia.
Contemporaneamente, la capacità nucleare si sta espandendo in Europa orientale e in Asia. La Cina si sta imbarcando su un enorme aumento della capacità nucleare a 58 GWe entro il 2020, mentre obiettivo dell’India è di aggiungere ai reattori già in funzione da 20 a 30 nuovi reattori entro il 2030.
Intanto, mentre alcune comunità come in Finlandia e Svezia hanno accettato la costruzione locale di siti di smaltimento definitivo dei rifiuti nucleari importati, ci sono già esempi di globalizzazione dell’industria nucleare. A livello commerciale, entro la fine del 2006 tre grandi alleanze tra occidentali e giapponesi si erano formate e sono state dopo il 2010 rafforzate: Areva con Mitsubishi Heavy Industries;
General Electric con Hitachi; Westinghouse con il controllo per il 77% da parte diToshiba. Molti dei reattori della Cina utilizzano tecnologia proveniente dal Canada, da Russia, Francia e Stati Uniti, mentre la Cina assiste paesi come il Pakistan nello sviluppo dei loro programmi nucleari. La Russia è attiva nella costruzione e nel finanziamento di nuove centrali nucleari in diversi paesi. La Corea del Sud sta costruendo un progetto nucleare per 20 miliardi di dollari negli Emirati Arabi Uniti. Infine, anche l’Australia si appresta per la prima volta ad entrare nel mercato dell’atomo.
(Vedi anche: WNA Documento Informativo sui piani per nuovi reattori in tutto il mondoWNA Documento Informativo su Emergenti Paesi energia nucleare .)
Cambiamento climatico, riarmo, disinformazione
Una maggiore consapevolezza dei pericoli e dei possibili effetti dei cambiamenti climatici ha portato i decisori, i media e l’opinione pubblica ad accettare che l’uso dei combustibili fossili debba essere ridotto e sostituito da fonti a basse emissioni di energia. Il sentimento popolare si concentra sulle energie rinnovabili, ma il nucleare è l’unica tecnologia prontamente disponibile su larga scala che sia alternativa ai combustibili fossili per la produzione di una fornitura di energia elettrica che assicuri il carico di base e sia compatibile con l’attuale sistema centralizzato imposto dalle corporation. Per di più molti dei problemi legati al cambiamento climatico, alla sicurezza nucleare, alla non proliferazione, sono a dimensione globale e gli accordi tra stati passano da verifiche affidate ai loro apparati militari, sostenitori dell’atomo.
D’altra parte la traiettoria pericolosa dall’energia nucleare alle armi nucleari è oggi messa in discussione da una richiesta popolare per la pace e la sostenibilità. Lo dimostra la grande manifestazione dell’11 Marzo a Tokyo, silenziata dai media. Con gli slogan “Sayonara Nucleare” e “Fukushima non si ripeta ancora”, migliaia di persone rappresentate da associazioni si sono riunite nel parco di Hibiya, per dare forma ad un corteo che si è concluso sotto la sede del Parlamento, la Kantei.
Le proteste, tuttavia, vengono contrastate da una nuova legge scellerata. ( www.counterpunch.org ). I partiti giapponesi si sono scontrati in Parlamento riguardo ad una legge sui segreti di Stato. Secondo questo provvedimento il governo – e solo quest’ultimo- ha il potere di decretare quali possano essere i segreti di stato. Qualunque impiegato statale che divulghi questi “segreti” rischia di essere detenuto fino a 10 anni ed i giornalisti che rischiano di rimanere incastrati nelle maglie di questa vaga legge potrebbero scontare una pena fino a 5 anni di carcere.
Questa indiscutibile battuta d’arresto della democrazia si è abbattuta sulle dimostrazioni per Fukushima. Alle spalle di queste restrizioni sulla libertà, c’è una rivitalizzazione del militarismo giapponese, che attenta alla sovranità popolare ed è altresì provocato dal disaccordo con la Cina riguardo al Mare del Sud. Le posizioni assunte dalla Cina sono servite come giustificazione da parte del Dipartimento di Sicurezza USA per il coinvolgimento da parte del militarismo industriale americano nel Sud-Est asiatico in appoggio al rilancio del nucleare ad opera del nuovo governo conservatore del Giappone.
Molti dei più famosi scienziati giapponesi, inclusi i Premi Nobel Toshihide Maskawa e Hideki Shirakawa, hanno guidato l’opposizione alla legge in questione, firmando una lettera pubblica di protesta che la definisce una minaccia ai “principi del pacifismo e ai diritti umani fondamentali stabiliti dalla Costituzione”. Non suona un po’ troppo familiare tutto ciò?
Per una più ampia riflessione su questi temi rimandiamo all’imminente pubblicazione del libro di Stephane Hessel e Albert Jacquard “Exigez” a cura di Energiafelice (Agostinelli, Mosca, Navarra), edito da Ediesse. ( v. http://www.china-files.com/page.php?id=36867 )
Mario Agostinelli – Energia Felice