Le associazione ambientaliste Greenpeace, Legambiente e WWF accolgono con grande soddisfazione il parere interlocutorio negativo della Commissione VIA del ministero per l’Ambiente, che – dopo la bocciatura venuta nel 2011 dal Consiglio di Stato – blocca nuovamente il progetto di conversione a carbone della centrale Enel di Porto Tolle. Se l’azienda, a questo punto, vorrà insistere nel portare avanti la conversione di quell’impianto, dovrà presentare un nuovo progetto e un nuovo Studio di Impatto Ambientale, riavviando la procedura autorizzativa dall’inizio.
Le tre associazioni, congiuntamente, dichiarano: “Il parere della Commissione del Ministero dell’Ambiente dovrebbe segnare la fine di questo sciagurato progetto, che si trascina ormai dal 2005, tra mille controversie e colpi di scena, ma la cui sostanza è da tempo evidente a chiunque. La conversione a carbone, la fonte più inquinante e dannosa per il clima e la salute umana, di una centrale nel bel mezzo di un parco naturale, in un ecosistema fragile e prezioso, è una enorme sciocchezza. Lo è doppiamente nell’area Padana, la regione con la peggiore qualità dell’aria in Europa; e lo è ancor più in un Paese come il nostro, che già dispone di un parco di generazione elettrica praticamente doppio rispetto alle necessità di consumo nazionali e non ha bisogno di nuove centrali alimentate con fonti fossili”.
Le carenze e le contraddittorietà del progetto, rilevate dalla Commissione VIA, sono apparse tante e tali da richiedere che la procedura di autorizzazione per il progetto di Porto Tolle venga fatta ripartire dall’inizio. L’articolato parere dell’organismo tecnico del ministero, inoltre, richiama e fa proprie, in alcuni passaggi, le osservazioni mosse dalle associazioni ambientaliste a più riprese.
“Enel ora deve dire con grande chiarezza – dichiarano ancora Greenpeace, Legambiente e WWF – se intende insistere sulla strada del carbone o se vuole trasformarsi in un’azienda moderna, sostenibile, compatibile con lo sviluppo del Paese: dunque abbandonare la conversione di Porto Tolle così come pensata sin qui. Pochi mesi or sono, cancellando un altro suo progetto a carbone in Romania, l’azienda dichiarava di volersi sviluppare con ‘meno carbone e con più soluzioni intelligenti’. Questo deve valere anche in Italia. Enel vuole rappresentare ancora il problema o vuole diventare parte della soluzione?”.
Le tre associazioni ricordano inoltre che in relazione al funzionamento a olio combustibile di quella centrale, negli anni tra il 1998 e il 2009, Enel è attualmente sotto processo e una perizia dell’ISPRA in mano all’avvocatura dello Stato stima in 3,6 miliardi di euro i danni che il colosso energetico dovrebbe rifondere al paese. 2,6 miliardi di quell’importo sono relativi ai danni sanitari e ambientali che Enel ha causato mancando di adeguare la centrale di Porto Tolle agli standard tecnologici previsti dalle normative.
Greenpeace, Legambiente e WWF sottolineano che il segnale negativo su Porto Tolle deve riguardare anche i progetti di espansione del carbone di altre aziende, in altre parti d’Italia, che vanno ugualmente bloccati. “I danni alla salute e all’ambiente, nonché il pericolosissimo livello di emissioni climalteranti impongono con urgenza di abbandonare l’uso del carbone nel nostro Paese –rilevano le associazioni- In questi giorni è in discussione in Parlamento un Decreto legge (Destinazione Italia) che addirittura sussidia un nuovo e insensato progetto nel Sulcis con 60 milioni l’anno, presi direttamente dalle bollette degli italiani, parametrati addirittura al costo della vita, che evidentemente vale ancora per le lobby e non più per i cittadini. E’ ora di impegnarsi a fondo per chiudere con il carbone e investire, invece, nelle energie rinnovabili e nell’efficienza energetica”.