Pubblichiamo e invitiamo a firmare questa petizione contro l’ennesimo taglio alla scuola pubblica:
Al Premier e ai Ministri del Governo
Con una nota del Ministero dell’Economia e delle Finanze si comunica che verranno trattenuti dalle buste paga dei docenti e dei lavoratori del comparto scuola 150 euro al mese a partire dalla busta paga di Gennaio. Si tratta degli scatti di anzianità del 2013, cioè il Governo si riprende gli aumenti giustamente percepiti.
Chiediamo che questa nota venga immediatamente annullata.
La beffa è che tali scatti erano stati promessi come conseguenza del taglio del Fondo di Funzionamento delle Scuole, taglio contro cui molti di noi docenti avevamo protestato perché sospettavamo che quelle somme, tolte alla Scuola, non sarebbero state investite per la Scuola.
Molti di noi avremmo preferito fare sacrifici, rinunciare agli scatti e mantenere intatto il Fondo di Funzionamento, visto che era già esiguo, anche perché, conoscendo le dinamiche, avevamo previsto l’inganno. Puntualmente si è verificato quelle che prevedevamo e adesso assistiamo alla grottesca scena della decurtazione dallo stipendio delle somme già pagate ai docenti nel 2013 provenienti da quei tagli.
L’atto vergognoso di farsi restituire, anzi, peggio, decurtare “con rate mensili di 150 euro”soldi promessi, dovuti, pagati e già spesi da docenti che percepiscono meno di 1.500 euro non può passare sotto silenzio e non può essere accettato dal mondo della Scuola.
Siamo in Italia o a Malta? Da quando si mette mano agli stipendi in questo modo? E questo silenzio colpevole a cosa è dovuto? È un furto? Saremmo, siamo e siamo stati pronti a fare sacrifici per il Paese e per la Scuola, ma non così, visto che sono soldi sottratti alla Scuola, sottratti ai docenti e spariti negli altri mille rivoli delle spese inutili, frantumate e definite con logiche che non condividiamo. Certamente non ci sacrifichiamo per garantire altrui privilegi.
Il nostro salario è ingiusto da decenni, ma vedersi persino rubare parte dello stipendio in questo modo è un’offesa precisa e mirata e non corrisponde ai propositi dichiarati di un Governo che si era insediato con la promessa del “nessun taglio alla scuola”.
È un dovere difendere la dignità del lavoro e il diritto al giusto salario. Sono la dignità, il valore dell’esempio e il senso di responsabilità di lavoratori della Scuola i sentimenti che non ci fan rovesciare i cassonetti, non la stupidità o la passività e mi pare che in quest’equivoco ci cadano in troppi. Vogliamo credere di vivere e di costruire nelle nostre classi un Paese che rispetta e agisce sulle basi della dignità e del senso di responsabilità. Una dignità e un senso di responsabilità che non sempre ritroviamo nelle classi dirigenti, politiche e amministrative di questo Paese, sempre pronte ad avallare privilegi di lobby.
Siamo certi che molti cittadini onesti sono con noi se diciamo di pretendere dal Governo quel rispetto dei diritti e dei doveri costituzionali e di cittadinanza, – e quello dei lavoratori lo è – , che noi docenti testimoniamo e trasmettiamo ai nostri allievi. E siamo stanchi di vedere contraddetti valori, diritti e doveri costituzionali persino dalle Istituzioni che dovrebbero difenderli.
Ci chiediamo se i “diritti acquisiti” di cui tanti si riempiono la bocca oggi non vengano messi in campo solo per salvaguardare privilegi non più sostenibili e non per assicurare il giusto. Ci chiediamo come sia possibile mantenere stipendi fino a quindici volte maggiori del nostro e decurtare in proporzioni inaccettabili stipendi indegni per la professione docente. Per carità, il giusto sia giusto. Ma non facciamo passare per giusto l’ingiusto. Se la domanda è retorica, se qualcuno ci scambia per idealisti conservatori, o peggio per “portatori di lagna e recriminazione” quando vogliamo difendere il giusto e i diritti, allora quel qualcuno fa parte esattamente del Paese che non vogliamo e che non corrisponde ai valori della Scuola e della Costituzione.
La forbice tra i privilegi di alcuni e i diritti offesi dei troppi che devono farsi carico anche di quei privilegi ormai è misura d’inciviltà e, fosse solo per principio, noi faremo battaglia ferma. Con modi civili, ma battaglia ferma.
La scuola è l’unico segno più del 2013 nel comparto pubblico a fronte di una totalità di segni meno negli altri settori del pubblico. Eppure i dirigenti di altri fallimentari settori dello Stato percepiscono premi di produttività ingenti, anche per “leggere le mail”. Ripeto, nessuno è stupido e tutti lo sanno, ma troppi sono in malafede nel voler mantenere tali follie insostenibili e immeritate.
Quello nella scuola è un segno più grazie alla fatica dei docenti e dei lavoratori della scuola, e, permetteteci di affermarlo, nonostante le azioni dei governi degli ultimi anni. Nessuno ci sta dicendo grazie, nessuno ci sta pagando premi di produttività dovuti e meritati, ma che non ci sia almeno la beffa del furto a posteriori di somme già percepite.
Con questa azione anche questo governo si inserisce con perfetta continuità nel solco delle azioni incivili nei riguardi della Scuola e dei suoi lavoratori. E siccome l’inciviltà, lo spregio dei diritti e la “furbizia” dei conti non è esattamente l’obiettivo per cui lavoriamo e fatichiamo nelle nostre classi e coi nostri alunni,
Chiediamo che questa nota venga immediatamente annullata.
Mila Spicola