Nablus, 03/01/2014 – Scioperare è un grido di disperazione per ristabilire propri diritti. Scioperare è mostrare alla società il prezioso lavoro che un popolo sorprendente porta avanti. Da 31 giorni è iniziato uno sciopero in tutti i 19 campi profughi UNRWA in Cisgiordania. Da 31 giorni gli alunni non ricevono alcuna istruzione, i malati e i feriti non sono in grado di ottenere alcuna assistenza sanitaria o medicine e le montagne di rifiuti crescono. Si può pensare che vale la pena mettere in gioco l’educazione dei giovani o vivere tra l’immondizia se questo si traduce in qualcosa di buono per la comunità, ma quanto è efficace lo sciopero se non si ottiene alcuna attenzione? Uno sciopero che non solo sta interessando quelli che già vivono in condizioni terribili e senza diritti, uno sciopero che ottiene davvero poca, se non nessuna, attenzione. Non ci sono informazioni sulla homepage dell’UNRWA e né i media locali né quelli nazionali riportano nulla al riguardo. Il sindacato dei lavoratori arabi per i dipendenti dell’UNRWA non sembra ricevere alcuna attenzione dall’Autorità Palestinese e dall’UNRWA.
Alcuni membri del Sindacato dei Lavoratori Arabi dell’UNRWA hanno iniziato quindi uno sciopero della fame: in questo momento, in una tenda nel centro di Nablus, ci sono, da quattro giorni, sette uomini in sciopero della fame. Nella tenda incontro Mohammed, che con grande impegno ci da informazioni sulla situazione. Per molti anni il sindacato ha richiamato l’attenzione sul fatto che l’UNRWA stesse costantemente violando il diritto dei lavoratori arabi nei campi. Tuttavia la goccia che ha fatto traboccare il vaso, secondo Mohammed, è stata la decisione dell’UNRWA di fermare il “Programma per la Creazione del Lavoro” (Job Creating Program) a causa di tagli di bilancio, lasciando 55 operai, che con il loro lavoro mantenevano le famiglie, senza occupazione. Questo programma è in corso da 13 anni e Mohammed è uno di coloro che ne fa parte fin dall’inizio.
Quando l’UNRWA ha annunciato la decisione di chiudere il programma, il sindacato ha minacciato di andare in sciopero se le sue richieste per mantenerlo non fossero state accolte. Da due mesi sono in atto negoziati tra l’UNRWA e il sindacato, ma non c’è ancora alcuna soluzione in vista. Secondo Mohammed, quando lo sciopero è iniziato l’UNRWA non ha fatto nulla per cercare di fermarlo. Ora ventotto persone in diverse città della Cisgiordania sono in sciopero della fame e quelle che lo mantengono da più tempo sono ora al loro ottavo giorno.
Il programma, a cui stavano lavorando Mohammed e i suoi colleghi era finalizzato a creare opportunità di lavoro per i rifugiati disoccupati. Un esempio del lavoro che è stato svolto dai partecipanti è la creazione di un grande parco nel centro di Nablus ma molte altre città e villaggi in tutta la Cisgiordania hanno beneficiato dei diversi servizi pubblici forniti da esso. Secondo Mohammed, 82.000 posti di lavoro sono stati creati nel corso dei 13 anni in cui questo programma è stato operativo. Il programma si è concentrato su quattro aree principali: agricoltura, emancipazione femminile e mezzi di sussistenza, infrastrutture, protezione e sicurezza. Con la decisione di fermarlo tutti questi servizi saranno sospesi. Rimane attivo circa del 20-30% di quello che era inizialmente il programma, ma il piano è quello di fermare anche questa parte rimanente entro i prossimi 6 mesi. Tuttavia non sono solo questi 55 lavoratori ad essere in sciopero, ma tutti i dipendenti pubblici arabi dell’UNRWA stanno lottando, perché ogni categoria ha esigenze diverse.
Uno dei motivi per i tagli di bilancio dell’UNRWA è la situazione di urgenza nei campi profughi siriani che cadono sotto la responsabilità dell’UNRWA e in cui il freddo inverno sta rendendo ancora più urgente la situazione. L’UNRWA sta trasferendo loro risorse al fine di aiutare le persone in urgente bisogno di assistenza. Mohammed sostiene che non dovrebbero essere i suoi figli a pagare per i profughi palestinesi in Siria. “I miei figli non dovrebbero morire di fame perché abbiamo bisogno di inviare gli aiuti in Siria”, dice Mohammed. Gli aiuti per i rifugiati palestinesi in Siria dovrebbero venire da altri bilanci.
Molti sono stati gli incontri tra le autorità palestinesi e il Sindacato dei Lavoratori Arabi per cercare di mettere pressione sull’UNRWA, ma secondo Mohammed non stanno portando da nessuna parte e l’UNRWA non si apre ai negoziati. Lo sciopero è a tempo indefinito e continuerà fino a quando non sarà raggiunto un accordo. Secondo Mohammed, anche i palestinesi al di fuori dei campi profughi saranno presto interessati dallo sciopero per via dei numerosi servizi bloccati nelle varie città. Tuttavia le speranze che questo interesserà la società palestinese in modo grave e che i palestinesi fuori dai campi alzino la voce per la fine dello sciopero è una prospettiva a lunghissimo termine. Molte persone con cui ho parlato a Ramallah e a Nablus non sanno nemmeno che lo sciopero è in atto. Fino a quando non sarà raggiunto un accordo, lo sciopero della fame continuerà, mentre gli alunni continueranno a non ricevere istruzione, continueranno ad esserci limitazioni per le medicine e nella sanità e le montagne di rifiuti continueranno a crescere.
Articolo di Johanna Bond, studentessa di Scienze Politiche all’Università di Stoccolma che da dicembre 2013 sta conducendo uno studio sullo sviluppo degli aiuti e del capitale sociale tra i rifugiati palestinesi nel campo profughi di New Askar.
Contatto : johanna.k.bond@gmail.com
Traduzione dall’inglese di Irene Tuzi