E’ deceduto nella sua abitazione di Abidjan all’età di 91 anni, Frédéric Bruly Bouabré, da tempo afflitto da diabete. Scrittore, filosofo, poeta e illustratore, Bouabré è passato alla storia come la memoria della cultura del popolo bété, la sua etnia di origine nell’ovest della Costa d’Avorio. Soprannominato “quello che non dimentica”, nacque nel 1923 a Zépréguhé, non lontano da Daloa, nel cuore di quella che era la colonia dell’Africa occidentale francese (Aof).
Dopo aver servito nella marina durante la seconda guerra mondiale Bouabré svolse i lavori più vari in Senegal e in Costa d’Avorio, per poi diventare funzionario responsabile delle pratiche scritte sulla linea ferroviaria Dakar-Niger. L’11 marzo 1948 accadde quello che lui stesso definì una “rivelazione” – raccontata 40 anni dopo nella mostra ‘I Maghi della Terra’, a Parigi – che lo spinse a lasciare l’impiego per inventare una scrittura tutta africana, battezzata “alfabeto bété”, dal nome del suo popolo. Così ebbe inizio il suo lavoro, definito “enciclopedico” da esperti ed intellettuali, con l’invenzione di centinaia di segni, forme geometriche e simboliche con un valore sillabico specifico, ispirate anche ad incisioni antiche scoperte nel villaggio occidentale di Békora.
La sua opera, che si sviluppa attorno a migliaia di racconti mitologici, illustrazioni e vignette organizzate in temi e cicli, viene esposta in musei di tutto il mondo, da Mosca a Londra passando per Parigi e Sao Paolo. A scoprire il suo genio e farlo conoscere fuori dal paese del cacao è stato nel 1958 l’antropologo e scienziato Théodore Monod, che si appassionò al “nuovo alfabeto dell’Africa occidentale” di Bouabré. Missione dichiarata dell’artista scomparso ieri è stata quella di “salvare la cultura bété dall’oblio”, trasmetterla alle nuove generazioni e farla conoscere agli altri popoli “con i quali siamo uniti in una sorta di parentela universale”. A raccogliere la sua preziosa eredità alfabetica e grafica è il nipote, Aboudia, con il quale lavorava da anni.